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La Procreazione Medicalmente Assistita in Italia
Intervista al Dott. Pasquale Totaro, responsabile Centro Procreazione Medicalmente Assistita dell’Ospedale Santa Maria di Bari e dott.ssa Yoon Sung Cho, responsabile del Laboratorio PMA
Lo stato italiano ha riconosciuto e stabilito che per risolvere problemi di sterilità o di infertilità è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita. Questo ricorso è possibile nel momento in cui non si presentano altri metodi terapeutici efficaci per risolvere le cause di sterilità o infertilità.
L’Istituto Superiore di Sanità elabora annualmente per il Ministro della Salute la relazione sull’attività delle strutture autorizzate ad eseguire le tecniche di procreazione medicalmente assistita.
Il ministro della Salute definisce, inoltre, le linee guida contenenti l’indicazione delle procedure e tecniche di PMA aggiornate periodicamente in rapporto all’evoluzione tecnico-scientifica.
Le tecniche di PMA sono suddivise in Tecniche di I, II e III livello a seconda della loro complessità e del grado di invasività sia tecnica che psicologica.
Ma cos’è di preciso la Procreazione Medicalmente Assistita? Come viene riconosciuta e diffusa? Ce lo spiegano nel dettaglio il Dott. Pasquale Totaro e la dott.ssa Yoon Sung Cho.
- Totaro Cosa si intende precisamente per PMA?
Con la sigla PMA si intende Procreazione Medicalmente Assistita, ossia un’area della medicina ad alta specialità che ha come obiettivo quello di aiutare le coppie con difficoltà ad avere figli in modo naturale. La PMA raggruppa, quindi, tutti quelle tecniche dove almeno uno dei gameti, cioè le cellule riproduttive sia maschili che femminili, viene trattato in vitro, ovvero fuori dal corpo umano.
- Dott.ssa Cho, quanto è riconosciuta e accettata al giorno d’oggi?
L’infertilità è stata riconosciuta come malattia dall’OMS e anche dal nostro ordinamento, come si evince dal fatto che nella recente revisione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) è stata inserita fra le assistenze garantite dal servizio sanitario nazionale, anche se ciò non è ancora del tutto attuativo per mancanza del tariffario ministeriale.
L’ultimo dato pubblicato nella annuale relazione ministeriale dell’Istituto Superiore di Sanità afferma che il 2,9% del totale dei bambini nati in Italia nel 2016 sono frutto delle tecniche di PMA e che ogni anno circa 80.000 coppie ricorrono a questi trattamenti.
- Totaro, ritiene che in un contesto storico come il nostro l’infertilità rappresenti un problema non solo medico ma anche sociale?
L’Infertilità è sempre esistita in tutte le epoche storiche, ma si è trattato quasi sempre di un fenomeno tenuto nascosto e la cui “responsabilità” è stata sempre attribuita alla donna. Attualmente l’infertilità di coppia è, ormai, diventata un vero e proprio disagio per donne e uomini che ne sono colpiti nella stessa percentuale e la scelta di fare figli in tarda età (sempre più spesso obbligata dalle difficoltà lavorative, dal tempo da dedicare allo studio ed alla realizzazione delle ambizioni professionali, dalle difficoltà di rapporti affettivi duraturi e dalla conseguente scelta del partner giusto) non aiuta di certo la capacità riproduttiva degli individui, con un conseguente crollo delle nascite. Rispetto a 30 anni fa, infatti, l’età media del concepimento si è alzata di dieci/quindici anni nei due sessi.
Riguardo la donna, il periodo di massima fertilità è tra i 20 e i 25 anni; questo indice resta abbastanza buono fino ai 35, subisce un considerevole calo dai 35 ai 40 anni ed è bassissimo oltre i 40. Con l’età infatti gli ovuli invecchiano ed aumenta anche il rischio di quelle malattie che possono portare ad infertilità (le malattie infiammatorie pelviche, le patologie tubariche, i fibromi uterini, l’endometriosi).
Nell’uomo invece, la fertilità è influenzata in maniera minore dall’età; tuttavia, anche per l’uomo l’avanzare dell’età comporta un eiaculato di minor qualità sia in termini qualitativi che quantitativi. Meglio, dunque, non posticipare troppo la ricerca di un figlio per avere più probabilità di successo. Altri nemici della fertilità ai quali bisogna prestare grande attenzione sono il fumo, l’alcool, l’uso di anabolizzanti nello sport, l’obesità e la sedentarietà, il contatto con pesticidi e altre sostanze tossiche e l’esposizione frequente dei testicoli a temperature superiori alla norma.
- Dott.ssa Cho, quale è la normativa di riferimento che disciplina gli aspetti connessi alla Procreazione Medicalmente Assistita?
Storicamente, quando parliamo delle normative, dobbiamo iniziare dalla legge 40 del 2004, la prima a disciplinare il mondo della PMA nel nostro paese. Ad oggi, diversi punti di questa legge che riguardavano non solo gli aspetti di competenza strettamente medico-biologica ma anche quelli sociali sono stati modificati da varie sentenze della Corte Costituzionale. Ad esempio, non c’è più un limite del numero degli ovociti da inseminare né l’obbligo di trasferire tutti gli embrioni in un unico tentativo. Ciò ha reso possibile ridurre l’incidenza delle gravidanze multiple per la tutela della salute sia della donna che del futuro nascituro. Ancora, oggi è possibile accedere al trattamento anche da parte di quelle coppie fertili ma che hanno bisogno delle tecniche di PMA per evitare malattie geneticamente trasmissibili, oppure da quelle cosiddette sierodiscordanti che non possono avere rapporti liberi per gravi infezioni virali. Ancora, oggi è possibile anche in Italia fare i trattamenti di tipo eterologo evitando “il turismo” riproduttivo.
Un’altra normativa importante è quella europea che ha di fatto equiparato tutti i Centri di PMA agli “istituti dei tessuti” considerando il trattamento di PMA come una donazione all’interno di una coppia. A seguito di questa normativa, che l’Italia ha recepito con uno specifico DL nel 2007 e 2010, tutti i materiali biologici e quelli consumabili sono tracciabili.
- Totaro, quali sono le tecniche della PMA?
In base alle cause di infertilità della coppia possono essere utilizzate differenti tecniche che per legge devono essere applicate solo dopo che si è constatata l’impossibilità a rimuovere le cause e con gradualità, cioè cominciando sempre dalle meno invasive.
Attualmente le tecniche più diffuse sono:
- L’inseminazione intrauterina (IUI) – I livello;
- la fecondazione in vitro e il trasferimento embrionale (FIVET/ICSI) – II livello.
Nella IUI si tratta di inserire gli spermatozoi selezionati direttamente all’interno dell’utero. Il momento più adatto per fare ciò viene individuato attraverso i monitoraggi ecografici dell’ovulazione. Tale tecnica è indicata per le coppie in cui non viene evidenziato alcun problema apparente (cosiddetti “fattore idiopatico”) e per quei casi in cui l’uomo ha lievi problematiche come oligozoospermia (numeri di spermatozoi bassi) e/o astenozoospermia (motilità bassa). Un requisito fondamentale invece per poter eseguire la IUI è che la donna debba avere almeno una tuba libera al passaggio di fluidi (verificabile mediante isterosalpingografia).
La FIVET/ICSI è la tecnica in cui le cellule della donna (ovociti) vengono aspirate fuori dall’involucro che le contiene (follicolo) e vengono fatte fecondare in vitro cioè “fuori dal corpo” con gli spermatozoi dell’uomo, ossia in laboratorio. La scelta fra la FIVET e la ICSI dipende non solo dalle caratteristiche del liquido seminale ma da diversi fattori come, ad esempio, l’età della donna, il numero di ovociti recuperati, la richiesta della donna/coppia di criopreservare gli ovociti/embrioni. In seguito, 1 o 2 embrioni viene/vengono inserito/i nell’utero (embryotransfer).
- Dott.ssa Cho, nelle coppie sierodiscordanti come agisce questa tecnica?
Si stima che il virus dell’HIV (Human Immunodeficiency Virus) sia diffuso in tutto il mondo con milioni di persone affette, di cui l’80% in età riproduttiva. Le coppie siero-discordanti che desiderano una gravidanza, nelle quali il partner maschile è affetto da HIV e la partner femminile è sieronegativa, si ritrovano a scontrarsi con problematiche come, ad esempio, l’utilizzo di contraccettivi di barriera, indispensabili per la protezione dall’infezione, che impediscono il successo riproduttivo. Di conseguenza tali coppie, al fine di evitare la trasmissione dell’HIV, hanno necessità di accedere a sistemi riproduttivi più sicuri. Qui entrano in gioco le tecniche di PMA dove il lavaggio del seme è ormai considerato la miglior strategia per queste coppie.
Il lavaggio del seme consiste nella separazione degli spermatozoi, che non sono vettori del virus, dal plasma seminale circostante. Negli ultimi anni numerosi studi hanno confermato la sicurezza della tecnica, dimostrando come, a seguito di lavaggio spermatico, nel ciclo di PMA non sia avvenuta sieroconversione della partner femminile. Gli stessi studi hanno dimostrato che anche per il nascituro la tecnica è ottimale, dato che non sono stati riportati casi di trasmissione di HIV al neonato. Quindi nelle coppie siero-discordanti dove il partner maschile è sieropositivo ad HIV il lavaggio del seme è la tecnica d’eccellenza da associare alle pratiche di PMA per il raggiungimento di una gravidanza, tenendo presente la sicurezza e la salute della partner femminile e del nascituro.
È stato suggerito che anche le coppie siero-discordanti in cui il partner maschile è positivo al virus dell’epatite B o dell’epatite C accedano ai servizi di PMA con la stessa tecnica di lavaggio del seme precedentemente descritto.