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La realtà aumentata al servizio della salute
Avete mai sentito parlare di “Digital twin”? In italiano sono i “gemelli virtuali”, e nel settore medicale sono nostri duplicati perfetti, repliche in 3D degli organi del nostro corpo. Un mercato in fortissima espansione, spinto anche dalla pandemia, grazie al quale è possibile testare velocemente cure e prodotti prima che vengano applicate ai pazienti.
In Italia un esempio di eccellenza in questo campo è rappresentato da Artiness, una innovativa start up del Dipartimento di Elettronica, informazione e bioingegneria del Politecnico di Milano, che ha ideato una nuova tecnologia per creare organi umani in 3D tramite algoritmi e modelli proprietari. L’obiettivo? Aiutare i medici ad esaminare l’anatomia del paziente grazie ad una piattaforma olografica 3D efficace, affidabile e intuitiva, e migliorare così i risultati clinici durante le operazioni chirurgiche.
Per saperne di più, abbiamo intervistato Filippo Piatti, CEO di Artiness.
Come è nata Artiness e di cosa si occupa?
Artiness è nata come spin-off del Dipartimento di Elettronica Informazione e Bioingegneria di Politecnico di Milano nel marzo 2018, co-fondata da Filippo Piatti, Omar Pappalardo, Giovanni Rossini – dottori di ricerca in Bioingegneria – e dai Prof. Alberto Redaelli ed Emiliano Votta.
Artiness si occupa di sviluppare soluzioni software di modellazione 3D a partire da immagini medicali acquisite sul paziente per poter “virtualizzare” il corpo umano e l’organo di interesse in una fase pre-operatoria. La virtualizzazione del paziente viene poi “tradotta” grazie a tecnologie di realtà aumentata in modelli olografici realmente 3D e navigabili a 360°.
Come funziona la tecnologia che avete sviluppato?
La tecnologia sviluppata, e che rappresenta il cuore di Artiness, è costituita da algoritmi e software proprietari che permettono di estrarre informazioni da immagine medicali quali TAC, Risonanza Magnetica, ecografie, per ottenere modelli 3D dell’organo di interesse con elevata accuratezza.
Vengono infatti ricostruiti particolari anatomici con risoluzione millimetrica, ovvero senza perdere dettagli rispetto ai dati medicali di partenza; questo è garantito dalla efficienza degli algoritmi sviluppati, che preservano la qualità del dato di partenza, e dalla possibilità di unire e fondere insieme diverse tipologie di dati per accrescere il contenuto di informazioni a disposizione.
Qual è l’obiettivo del progetto?
L’obiettivo principale del progetto è quello di fornire al chirurgo uno strumento di pianificazione dell’intervento e di esecuzione in sala operatoria, in grado di rendere il chirurgo più consapevole nella gestione della terapia, minimizzare l’insorgenza di complicazioni e migliorare gli outcome sul paziente.
Artiness vuole diventare la nuova tecnologia della sala operatoria, fornendo al paziente del futuro il miglior trattamento possibile grazie al supporto “olografico” 3D fornito al chirurgo.
Quali sono i punti di forza?
I principali punti di forza sono rappresentati dall’unicità degli algoritmi e della piattaforma software sviluppata: la virtualizzazione del paziente risulta essere di altissima qualità, accurata e anatomicamente completa.
Attualmente, in particolare, la tecnologia è matura e applicabile in ambito cardiaco-cardiochirurgico, ma trova un punto di forza ulteriore nella possibilità di essere applicata in altri settori e ambiti clinici, quali la gastro-enterologia, l’oncologia e la neurologia.
Dove viene utilizzata attualmente la vostra tecnologia? Ci sono delle strutture in particolare?
La tecnologia Artiness è attualmente in fase di sperimentazione presso alcune strutture cliniche di riferimento a livello italiano ed Europeo; tra queste, IRCCS Policlinico San Donato, IRCCS Ospedale San Raffaele, l’Istituto Europeo di Oncologia, IRCCS Centro Cardiologico Monzino, e non solo.
Queste sono strutture estremamente attive in ambito di innovazione tecnologica e permettono quindi di sperimentare i strumenti, ottenendo risultati clinici divulgabili su riviste scientifiche di spessore internazionale.
In primavera avete vinto Action per 5G, il bando di Vodafone dedicato a startup, PMI e imprese sociali che vogliono contribuire con le loro idee innovative allo sviluppo del 5G in Italia, recentemente anche l’edizione italiana dell’Open Innovation Contest, organizzato da NTT Data e lei è stato inserito da nella classifica degli startupper più influenti del 2020 da BizPlace. Quali sono i prossimi step? A cosa punta Artiness?
Il 2020 è stato un anno estremamente complesso, principalmente a causa della emergenza da pandemia COVID-19, ma paradossalmente estremamente positivo per il nostro progetto. Abbiamo raggiunto moltissimi traguardi, ma soprattutto, abbiamo visto crescere in modo significativo l’interesse, l’attenzione e la voglia di innovazione nel nostro Paese e nel settore medicale; quindi, vogliamo che il 2021 sia una prova di questa crescita e che possa portarci ancor più vicini alle esigenze dei nostri clienti e utilizzatori finali.
Per questo i nostri prossimi step sono innanzitutto di certificazione della piattaforma che stiamo sviluppando come Dispositivo Medicale, così da poter immettere ufficialmente sul mercato il nostro primo prodotto; questo dovrà essere accompagnato da ulteriore sperimentazione clinica, quindi intensificheremo le attività presso gli ospedali per validare e testare le nostre tecnologie; in ultimo, cresceremo come team, integrando nuove competenze e risorse, per poter affrontare il mercato e portare la nostra tecnologia e i nostri prodotti sempre con un elevato livello di qualità e affidabilità.
In che modo, secondo lei, il 5G potrà influire sul settore sanitario? Cosa ci possiamo aspettare nei prossimi anni?
Sicuramente il 5G abiliterà diversi ambiti di innovazione nel settore sanitario: in primis, l’uso di strumenti di machine learning e big data. Mi immagino quindi una evoluzione verso sistemi di analisi di laboratorio, cartelle cliniche, monitoraggio in corsia e ambulatoriale in real-time con interconnessioni su base regionale e nazionale.
Inoltre, la velocità e soprattutto la sicurezza del 5G permetteranno di innovare le infrastrutture IT ospedaliere, integrando soluzioni di remotizzazione dei servizi quali teleradiologia e telemedicina.
In ultimo, permetterà di integrare soluzioni innovative di accesso remoto in modo capillare sul territorio nazionale, permettendo all’ospedale di diventare un centro di connessione e comunicazione verso l’esterno e abbandonando lo status quo di centri specializzati ma isolati.
Con la pandemia sempre di più si sente parlare di sanità digitale e telemedicina. Ma il nostro Paese è pronto a fare un investimento in tal senso?
A parer mio, bisogna prima definire cosa si intende per essere “pronti”. Nessun paese può definirsi “pronto” per implementare su larga scala una rivoluzione tecnologica di questo tipo; presuppone una infrastruttura di rete ad elevate performance, processi interni agli ospedali ben validati, predisposizione dei professionisti, e più importante la consapevolezza del beneficio clinico di questi strumenti per il paziente.
Non si può avere tutto, né tutto insieme; la cosa importante è l’intenzione di lavorare su queste tematiche e l’interesse degli “stakeholders” nei confronti dell’innovazione digitale e “tele/remota”: questo aspetto più culturale esiste in Italia e sta crescendo notevolmente, promettendo quindi una evoluzione importante per i prossimi anni.