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La ricerca e quel popolo di precari “fratellastri” dei medici
La denuncia arriva direttamente dai sindacati Flc Cgil, Fir Cisl e Uil Rua, che dopo aver letto e analizzato il testo della manovra finanziaria 2018 hanno spiegato che alla ricerca sarebbero destinate risorse per coprire solo 300 posti nei diversi enti. Niente, in sostanza, per tutti coloro – i precari – che aspettano da dieci anni. “Sono almeno 15 anni che il nostro Paese non investe adeguatamente in ricerca pubblica”, dicono dalle sigle sindacali. “Ci si ostina a non credere negli investimenti in ricerca come volano della crescita per il Paese”.
Le favole insegnano tutto e da qualche tempo, ormai decenni, la ricerca medica si presenta con indosso i tipici stracci della sorellastra poco curata e su cui in famiglia si investe davvero poco per garantirle un futuro fiorente e pertanto promettente. E’ questa la condizione cui versa in Italia, non meno in Europa, la ricerca, ambito composto da lavoratori precari, pari a circa il 40% degli addetti, che lottano contro la legge di bilancio 2018, che destina pochissime risorse al settore. RadioArticolo, in tal senso, ha sentito due ricercatori precari, Federico Landini, dell’Istituto nazionale di astrofisica di Firenze, e Annalisa Pinsino, del Coordinamento precari uniti presso il Consiglio nazionale delle ricerche di Roma.
“Abbiamo organizzato una specie di congresso telematico – ha informato Landini – per valutare quali azioni intraprendere per dare seguito alla mobilitazione che abbiamo iniziato nelle scorse settimane. All’Inaf, fiore all’occhiello della ricerca scientifica italiana, siamo 380 ricercatori precari e 580 strutturati e protestiamo contro l’emendamento del governo che stanzia per il lavoro precario 60 milioni in due anni, così suddivisi: 10 sicuri nel 2018, i restanti 50 nel 2019. Questi fondi sono destinati all’assunzione di 2.170 precari in tutta Italia, purchè la metà delle assunzioni venga finanziata dagli enti stessi. Ed è per tale motivo che stiamo manifestando via internet, perché il provvedimento è decisamente insufficiente. Abbiamo creato una rete on line in modo da poter comunicare da un istituto all’altro”. Landini, come molti altri suoi coetanei si considera un precario storico dal momento che la sua condizione permane da circa 11 anni e cioè dal momento della laurea. Da quel momento è entrato nell’iter dei contratti precari e della durata massima di 12 mesi e minima di 3. Inoltre, circa il 99% dei precari Inaf è vincolato a progetti esterni, vale a dire che se quei progetti improvvisamente non vengono più finanziati, restano senza occupazione, perché parlare di lavoro sarebbe già troppo.
“Quello che sta avvenendo in Parlamento la consideriamo una specie di beffa nei nostri riguardi – ha invece aggiunto Pinsino – e verso un settore che è ormai del tutto emarginato. Perciò, dopo aver occupato le nostre varie sedi di Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Potenza, Cosenza, Palermo e Sassari, stiamo andando dritti a manifestare davanti alla Camera, perché è assolutamente impensabile che 3 mila unità di personale precario al Cnr – che è il più grosso ente di ricerca con 102 istituti in tutta Italia – possano accontentarsi dopo un decennio di blocco del turn over e di tagli di fondi allucinanti di un emendamento del genere, che peraltro è passato solo dopo il grido di dolore della ministra Madia ai senatori”. “In questo momento c’è anche un problema di sensibilizzazione, perché nessuno, a cominciare dai media, ha la percezione di quanto sia importante la ricerca nel nostro Paese. Cercheremo di fare in modo che aumenti la quantità economica destinata alle assunzioni di noi precari, togliendo nel contempo la ghigliottina del cofinanziamento imposto al 50% ai vari enti di ricerca. Allo stato attuale, il governo considera sicuri dell’assunzione nel 2018 appena 482 precari, su un totale nazionale di 8.800 unità, che è praticamente niente ed è obiettivamente una presa in giro. Ragion per cui, la nostra protesta è destinata a intensificarsi davanti al Parlamento, in occasione della votazione degli emendamenti”, ha concluso la ricercatrice del Cnr.