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La salute dei richiedenti protezione internazionale
I richiedenti e titolari di protezione internazionale e umanitaria non rappresentano un gruppo omogeneo di migranti, essendo portatori di differenti esperienze, bisogni di salute e aspettative di assistenza. I loro problemi salutari, infatti, dipendono da eventi traumatici, dalla caratterizzazione epidemiologica di malattie presenti nel paese di provenienza e dalla esposizione a svariati fattori di rischio durante e post il percorso migratorio.
Da un punto di vista medico, come sottolinea la Regione Lazio, si vengono a formare essenzialmente due effetti:
- Migratorio sano, un’autoselezione in partenza per cui emigrano persone in buone condizioni di salute.
- Migrante esausto, al momento delle prime visite si osservano ferite, ustioni, ipotermia e lesioni muscolo-scheletriche dovute da un percorso di migrazione forzata. In questa fase risulta essere fondamentale le valutazioni di condizioni cliniche che necessitano di assistenza sanitaria in emergenza o urgenza.
Con il concetto di “migrazione forzata”, si indica l’assenza di un progetto migratorio.
Tuttavia, una volta accolta tutti i tipi di migranti, le condizioni di salute sono condizionate da una parte da un eventuale sovraffollamento nei centri di accoglienza, dalle possibili carenze igienico-sanitarie, dal perdurare di condizioni sociali altamente disagiate, ma anche da una costante incertezza dello status giuridico e dalla discriminazione.
Ciò favorisce l’insorgere di malattie del disagio sociale, anche infettive, o l’evidenziarsi di deficit metabolici. Molti problemi di salute, tra cui le patologie parassitarie, nutrizionali e sessualmente trasmissibili, sono provocate frequentemente dalle condizioni di viaggio, dai luoghi di accoglienza anche temporanea, e possono variare tra gli innumerevoli gruppi.
In una fase di questo tipo, l’offerta di alcune visite medica con la rilevazione di sintomi evidenti legati a particolari malattie, appare cruciale.
Infatti, la scarsa accessibilità ai servizi sanitari è un tema caldo e risentito non solo dagli americani, francesi e italiani, ma da tutti i paesi del mondo, e sta creando problemi importanti.
In particolare, una mancato accesso agli sportelli psicologici può provocare il peggioramento dei sintomi, specialmente di quelli non trattati tempestivamente, con conseguenti scompensi psicopatologici e il frequente ricorso ai servizi psichiatrici d’urgenza.
Per tale ragione, i Centri di Salute Mentale (CSM) territoriali devono facilitare l’accesso per interventi precoci e adatti.
Una prevenzione di qualsiasi tipo, al fine di risultare completamente adeguata e idonea, dovrebbe prevedere un miglioramento generale dei percorsi di accoglienza e integrazione, a partire dal riconoscimento in tempi appropriati dello status di protezione internazionale, che a livello psicologico consentirebbe al paziente di sentirsi riconosciuto nella propria identità e posizione sociale e di iniziare a programmare un percorso vitale nel paese di arrivo.
Nelle fasi successive dell’accoglienza le condizioni di salute sono fortemente influenzate dalle capacità del servizio sanitario di prendersi del tutto cura dei migranti.
Per questo motivo nell’accoglienza presso tutte le strutture organizzate deve esserci la previsione di una vera e propria presa in carico per la salute con il ruolo cruciale del medico di medicina generale, sia per la ricerca attiva di malattie.
Secondo le analisi del Ministero dell’Interno, fino alla fine del 2018 la Regione Lazio ha accolto 17.464 migranti, il 93% rispetto al totale nazionale. In tutti questi anni, fino ad oggi, il Ministero della Salute rileva invece che nella nostra regione non si sono formate situazioni epidemiologiche gravi, anche in periodi di forte pressione migratoria.
Inoltre, è opportuno sottolineare che ogni Asl identifica un referente aziendale per le problematiche relative all’assistenza sanitaria dei migranti presenti nei centri di accoglienza.
Ad ogni modo, gli interventi maggiormente efficaci nel prevenire il rischio di contrarre e diffondere svariate patologie croniche e non riguardano il rispetto delle norme igieniche e l’allestimento di strutture sanitarie dotate dei requisiti minimi essenziali, come il letto pulito, i servizi igienici, il cambio abiti e diversi spazi adeguati e riscaldati.