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La terapia antiacida per la cura dei tumori: le neoplasie sono malattie, non sentenze di morte
L’intervista al dott. Stefano Fais, Dirigente di Ricerca del Dipartimento di Oncologia e Medicina Molecolare dell’Istituto Superiore di Sanità
“I tumori sono delle malattie e come tali possono essere curate, ma non necessariamente guarite. Non si tratta di malattie localizzate, ma è l’intero organismo ad essere colpito”. Con questa frase inizia la nostra intervista al dott. Stefano Fais, medico specializzato in malattie dell’apparato digerente, già Direttore del Reparto Farmaci Anti-Tumorali e attualmente Dirigente di Ricerca del Dipartimento di Oncologia e Medicina Molecolare dell’Istituto Superiore di Sanità.
Mentre il mondo scientifico è concentrato sempre di più nella ricerca di terapie innovative e personalizzate per l’identificazione di un bersaglio molecolare, il dott. Stefano Fais, dopo anni di studi e ricerche e come riporta nel suo ultimo libro “La terapia antiacida per la cura dei tumori”, sostiene che è il microambiente tumorale e non la combinazione di geni ad agire direttamente contro la malattia. “È il microambiente che seleziona il tumore maligno. Un ambiente ostile, acido, con poco ossigeno e scarsezza di sostanze nutrienti”.
Il suo è un approccio anticonvenzionale che rompe gli schemi della ricerca medica…
“Mi hanno fatto diventare non-convenzionale, perché quello che vedo intorno a me è mainstream, ed io non ho mai accettato il mainstream tout court per paura di perdere quello che ho o di essere criticato solo per il fatto che propongo soluzioni diverse. Sì, lo dico forte, ci vuole coraggio, ma la paura è il problema dell’umanità. Il mio desiderio è quello di far star meglio la gente, di non farla vivere con la paura di morire da un momento all’altro. Il medico deve guardare negli occhi il paziente e aiutarlo al meglio per curarsi da solo”.
Nel libro ci sono delle testimonianze di pazienti. Il paziente deve essere considerato per la propria personale vita vissuta e non solo per il suo stadio di malattia…
“Sì assolutamente, perfino il nostro genoma viene modificato da qualsiasi interazione con l’ambiente che ci circonda. Sono convinto che vi siano degli aspetti in comune, non solo fra i tumori, ma fra tutte le malattie acute e croniche, che vanno comunque trattati. Fra questi c’è l’acidità, ma anche l’accumulo di molecole ossidanti”.
Il libro è frutto di una lunga storia di attività clinica e di ricerca. “Quando sono arrivato all’Istituto Superiore di Sanità volevo capire a che punto eravamo con le terapie farmacologiche. Sono rimasto deluso. La sorpresa è stata trovarmi di fronte a un approccio di cura aggressivo e sbagliato. Dal 2009, secondo uno studio condotto da ricercatori inglesi, per la cura dei tumori non c’è un farmaco di nuova generazione che funzioni meglio delle terapie standard come la chemio e la radio terapia”.
L’acidità presente nell’ambiente tumorale non è solo l’argomento chiave del libro, ma uno dei principali campi dell’attività di ricerca del dott. Stefano Fais. “I nuovi farmaci non funzionano perché i tumori sono acidi. Hanno un pH medio di 6.5 rispetto a quello del sangue arterioso, che è considerato un rifermento per nostro organismo, che è di 7.4, e quindi alcalino”. Le sue ricerche, insieme a quelle di pochi altri nel mondo, hanno portato a definire un paradigma cruciale per la nostra salute: “i tumori sono acidi e noi siamo alcalini”. “Nel libro scrivo che tale acidità seleziona cellule che sanno vivere in un ambiente così ostile e che per viverci contribuiscono ulteriormente ad acidificare l’ambiente tumorale”. Un libro che lo stesso autore, nonostante il titolo, definisce “tranquillizzante”. “Non è un manuale di istruzioni, anche se il titolo farebbe pensare a questo. È altresì un libro che vuole portare un po’ di tranquillità e magari anche un po’ di magia nelle case di chi lo legge.
E citando Murakami, voglio evitare che un’ombra oscura faccia ingresso nella vostra vita. Entrando più nel merito una prima operazione, anche se ormai molto difficile, dovrebbe essere un intervento al livello sociale: togliersi dalla testa che i tumori sono delle condanne a morte con un passaggio attraverso ogni tipo di sofferenza fisica e mentale. I tumori sono in realtà delle malattie, che come tutte le malattie conosciute possono essere efficacemente curate, non necessariamente guarite; anche se alla guarigione ci si può arrivare, con un percorso completamente diverso da quello attualmente utilizzato. Con questo però bisogna lasciare agli esseri umani la libertà di scegliere il percorso che li fa stare più tranquilli, anche attraverso l’utilizzo dei protocolli standard”.
Quali sono le evidenze scientifiche del trattamento antiacido?
“Il primo a parlarne è stato Otto H. Warburg, premio Nobel nel 1931. Lui ha dimostrato la differenza fondamentale fra una cellula normale e una tumorale: la prima ha bisogno di ossigeno per svolgere i suoi processi metabolici, quella tumorale, che ci sia o no ossigeno, fermenta gli zuccheri rilasciando acido lattico. Oggi il mio gruppo, come pochi altri nel mondo, è riuscito a dimostrare che questo processo porta alla progressiva acidificazione del microambiente tumorale, in quanto l’acido lattico rilascia Ioni Idrogeno (H+). L’acidità viene poi mantenuta dall’attività delle pompe protoniche che liberano nell’ambiente extracellulare gli H+. Quello che noi abbiamo fatto, per primi al mondo, è stato trattare con Inibitori di Pompa Protonica (PPI) sia le cellule tumorali che i tumori, inducendo due fenomeni: migliorare l’efficacia di tutti gli altri trattamenti e uccidere direttamente le cellule tumorali, perché le pompe protoniche evitano l’acidificazione interna delle cellule.
Non è d’accordo con la frase “guerra contro il tumore”, perché?
“Nel libro ne parlo molto. Il diritto alla vita e il diritto alla salute sono grandi conquiste, forse le più importanti, dell’umanità. Ma si sa anche che entrambi i diritti non sono ugualmente rispettati nel mondo: dove c’è una guerra non c’è il rispetto del diritto alla vita e neanche il diritto alla salute. Quindi, se si parla di guerra ai tumori, automaticamente si fanno scomparire nella mente della gente questi due diritti fondamentali, predisponendo ogni singolo individuo ad ogni tipo di sofferenza perché, poi in fondo, lo scopo finale è salvarsi da una morte quasi certa”.
Non solo cura dei tumori, ma anche screening di prevenzione per la diagnosi precoce. Il ricorso agli esami di screening ha subito un crollo durante il periodo di lockdown a causa della pandemia da Covid-19.
Secondo gli ultimi dati resi noti dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) sugli effetti della pandemia sulla cura dei tumori, nei primi 5 mesi del 2020, in Italia, sono stati eseguiti circa un milione e quattrocentomila esami di screening per la prevenzione dei tumori in meno rispetto allo stesso periodo del 2019. Ritardi che si traducono in una netta riduzione non solo delle nuove diagnosi di tumore della mammella (2.099 in meno) e del colon-retto (611 in meno), ma anche delle lesioni che possono essere una spia di quest’ultima neoplasia (quasi 4.000 adenomi del colon-retto non diagnosticati) o del cancro della cervice uterina (circa 1.670 lesioni CIN 2 o più gravi non diagnosticate). Queste neoplasie non sono scomparse, ma saranno individuate in fase più avanzata, con conseguenti minori probabilità di guarigione e necessità di maggiori risorse per le cure.
Dott. Fais, cosa ne pensa?
In generale, e questa è opinione condivisa da tutti, i malati non-Covid sono stati trascurati. I numeri che questa discriminazione porterà saranno conosciuti appena sarà possibile. Io credo che comunque il terrore diffuso intorno all’epidemia ha sicuramente influito sull’andamento di tutte le malattie, perché la paura, di per sé, è già una malattia, dalla quale gli esseri umani in genere non si sanno liberare facilmente. Se la paura si sovrappone ad una malattia pre–esistente come i tumori, che è essa stessa fonte di paura, le cose si complicano molto. Ma vedremo, per ora si possono fare solo supposizioni.