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La tutela della non autosufficienza: il ruolo e l’importanza della sanità integrativa
L’intervista al dott. Massimiliano Alfieri, membro dell’Ufficio Studi di ANSI
La tutela delle persone non autosufficienti è un tema che tiene alta l’attenzione dell’opinione pubblica soprattutto in questo periodo di emergenza sanitaria ed economica da Covid-19. Secondo le indicazioni dell’International Classification of Functioning Disability and Health- ICF dell’OMS sono definite non autosufficienti le persone con disabilità fisica, psichica, sensoriale o relazionale accertata attraverso l’adozione di criteri uniformi su tutto il territorio nazionale. Lo stato di non autosufficienza, correlato sia all’età che allo stato di salute dell’individuo, si esprime non soltanto nella incapacità totale o parziale di compiere le normali attività quotidiane, ma anche nel non riuscire a far fronte alle esigenze di natura economica e sociale.
“In Italia la cura e l’assistenza delle persone non autosufficienti sono affidate prevalentemente alla rete familiare con problematiche organizzative spesso non di facile gestione. A questo va aggiunto che, essendo ancora oggi la famiglia la principale risorsa economica che si fa carico di fronteggiare la non autosufficienza, le indennità di accompagnamento sono assai poco efficaci”. Ha affermato il dott. Massimiliano Alfieri, membro dell’Ufficio Studi dell’Associazione Nazionale Sanità Integrativa e Welfare (ANSI), associazione di categoria no-profit, fondata nel 2011 da alcune società generali di mutuo soccorso e casse di assistenza sanitaria come risposta al bisogno di aggregazione e di rappresentatività nel settore della Sanità Integrativa.
L’Italia destina all’assistenza di anziani e disabili risorse insufficienti: il 2,5% del prodotto interno lordo, contro il 3,5% dei paesi Ocse più sviluppati e molto meno di Germania (4,5%), Gran Bretagna (4,3%) e Francia (4,1%). È quanto emerso a Roma alla presentazione del Rapporto “Anziani e disabili: un nuovo modello di assistenza” realizzato dalla Fondazione per la Sussidiarietà (Fps), in collaborazione con Cesc – Università degli studi di Bergamo, Crisp – Università degli studi di Milano, Politecnico di Milano e Università degli studi di Parma e con la partecipazione di Fondazione Don Gnocchi e Fondazione Sacra Famiglia.
Lo studio evidenzia il ruolo chiave del no-profit che copre metà dell’offerta di posti letto per anziani e disabili (49%), rispetto al 42% di 10 anni fa. Cresce anche il privato, ora al 26%, mentre il settore pubblico è sceso dal 30% al 25%. In questo scenario, la non autosufficienza rappresenta una sfida per l’Italia con azioni concrete da parte del Governo. “La conferenza Stato-Regioni – ha detto Andrea Costa, sottosegretario alla Salute – ha appena deliberato un incremento di 20 milioni del ‘Fondo per l’assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare’. Molti però sono i passi ancora da compiere dall’occasione da non perdere del Pnrr, al rafforzamento dei servizi sociali territoriali, a un’integrazione strutturata tra associazioni del terzo settore e il Servizio Sanitario Nazionale”.
Dott. Alfieri, cosa ne pensa? In che modo deve essere tutelata la non autosufficienza?
È stato fatto qualche passo in avanti, ma è solo l’inizio. È necessario promuovere politiche che estendano significativamente la rete dei servizi per fornire risposte ai bisogni quotidiani di ogni singola persona non autosufficiente. Questo è possibile attraverso il potenziamento di un sistema di servizi, qualitativamente diverso dal passato, basato su un forte coordinamento e su un’integrazione delle politiche sociosanitarie in grado di offrire una maggiore possibilità di scelta e di intervenire sulla base di progetti individuali personalizzati.
Un modello di intervento adottato in Europa. È così?
Da tempo in Europa operano schemi di intervento di cui si possono misurare l’efficacia e il livello di gradimento da parte dei cittadini. In alcuni Paesi si è deciso di socializzare il rischio ricorrendo a un sistema di tipo assicurativo pubblico, obbligatorio o contributivo, ovvero a uno di tipo universale, coperto da specifiche entrate fiscali. In altri Paesi si è prevista una compartecipazione alla spesa degli utenti e in altri ancora si è proceduto alla privatizzazione dell’assistenza.
L’Italia ha ancora molta strada da fare…
In Italia siamo ancora indietro. Il tema della redistribuzione delle risorse pubbliche esistenti secondo nuove priorità e della individuazione delle risorse aggiuntive rispetto a quelle oggi disponibili appare urgente e di non facile soluzione per tutte le forze politiche che hanno presentato in Parlamento, nel corso delle diverse legislature, disegni di legge sul tema del sostegno alla non autosufficienza.
A suo giudizio, da dove si deve partire?
Da un’innovazione del sistema di Welfare e alla messa a disposizione di risorse tali da rendere esigibili per i cittadini, in concreto, e per le loro famiglie, su tutto il territorio nazionale, il diritto all’assistenza, già sancito dalla legge 8 novembre 2000, n.328, ma che ora deve prendere corpo attraverso un’adeguata strumentazione organizzativa e finanziaria.
In questo contesto un ruolo fondamentale lo ricopre la Sanità Integrativa. Le società di mutuo soccorso sono la soluzione?
Le società di mutuo soccorso, enti senza scopo di lucro che non praticano selezione del rischio ed accolgono tutti indiscriminatamente, con i loro tanti punti di forza, tra i quali la territorialità, la capacità di diffondere la cultura dei valori dell’associazionismo e soprattutto di fare mutuo soccorso, rappresentano un valore aggiunto in riposta ai bisogni della non autosufficienza.
A tal proposito, la collaborazione tra la politica e le società di mutuo soccorso è auspicabile per un corretto bilanciamento del sistema. Si tratta, ora, di produrre un investimento politico perché il sostegno alle persone non autosufficienti chiami in causa cultura, sensibilità e diritti, nonché aggiornamenti di politiche nella cornice rinnovata di un welfare basato sui cicli di vita. Infine, non dobbiamo dimenticare le aspettative di tante centinaia di migliaia di persone che non possono essere deluse da una politica che rimane priva di futuro se non è in grado di occuparsi del quotidiano, spesso difficile, di ciascun individuo.