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La vita al tempo del Coronavirus
Bergamo la città con maggior numero di positivi.
Non più “zona rossa” o “zona 1 e zone 2”, dal 10 marzo tutta Italia è zona protetta con divieto di transito fatta eccezione per “indifferibili esigenze lavorative o situazioni di emergenza”. È questo in sintesi l’ultimo provvedimento governativo volto alla tutela della salute di tutti e in particolare quella dei più fragili. L’unica soluzione per contenere la rapidità di espansione del virus è quella di ridurre a zero la vita sociale restando a casa (#iorestoacasa) proprio per evitare di contagiare gli altri o di essere contagiati. Tutto il Paese è blindato dalle misure restrittive del decreto emergenziale, misure che in Lombardia e in provincia di Bergamo sono già in vigore nelle ultime due settimane.
“La situazione è molto pesante, siamo tutti isolati. Il Centro diagnostico per il quale lavoro ha chiuso gran parte dei servizi. Sono in quarantena a casa, da stasera (11 marzo n.d.r) hanno formalizzato quello che molti privati avevano spontaneamente anticipato, ossia la chiusura di tutti i servizi non essenziali”. Queste le prime parole del racconto a Health Online della dottoressa Paola Salvetti, Responsabile del Polo Oculistico del Centro di Radiologia e Fisioterapia di Gorle, comune in provincia di Bergamo, città italiana che ad oggi risulta essere quella con il maggior numero di positivi da Covid-19.
“I pazienti del Centro, privato e convenzionato con il Sistema Sanitario Nazionale, arrivano prevalentemente da zone ad altissima densità di contagio come Alzano Lombardo e la Val Seriana. Qui sono la responsabile del Polo Oculistico, che ho aperto un anno fa, dove eseguiamo sia visite che esami strumentali”.
Quali sono i rischi maggiori per la sua professione?
Anche se l’oculistica in questa fase di emergenza non è naturalmente una specialità impegnata in prima linea, è comunque estremamente esposta perchè l’esame avviene con la lampada fessura, dove il viso dello specialista e quello del paziente sono molto ravvicinati, a meno di 10 cm.
Quando ha capito che non c’erano più le condizioni per lavorare in sicurezza?
Sin dall’istituzione delle prime zone rosse mi sono resa conto che essere realmente efficaci sulla disinfezione era virtualmente impossibile in un contesto ambulatoriale. Disinfettare gli strumenti come si fa regolarmente, ovvero tra un paziente e l’altro, in questa situazione di rapidità di contagio, non è sufficiente: in teoria si dovrebbero applicare precauzioni simili a quelle della sala operatoria. Con i colleghi anche di altre specialità abbiamo chiesto alla struttura di fornirci più disinfettante e mascherine FFP2 e FFP3, ma purtroppo la risposta è stata che anche presso i fornitori erano ormai introvabili A quel punto, il 4 marzo, mi sono assunta la responsabilità di scrivere una lettera indirizzata al Direttore Sanitario e all’Amministrazione del Centro nella quale ho spiegato che non essendoci più le condizioni per continuare a lavorare in sicurezza, ritenevo necessaria la sospensione dell’attività.
Qual è la situazione?
Nel nostro centro sono passati almeno due casi confermati di Covid-19, ma visto il bacino di provenienza dei pazienti realisticamente ritengo impossibile determinare il numero di pazienti asintomatici o esposti che verosimilmente sono transitati nei nostri ambulatori. Su disposizione dell’AST (Agenzie di Tutela della salute che operano sul territorio regionale n.d.r.) rimangono aperti servizi considerati essenziali quali la radiologia, TC e RMN, ma i servizi non essenziali sono stati chiusi anche per permettere la sanificazione dei locali.
Tra le principali raccomandazioni quella di lavarsi spesso le mani evitando di toccarsi bocca, naso e occhi. Può spiegare qual è la correlazione tra gli occhi e il rischio contagio?
Li Wenliang, il medico cinese che per primo diede l’allarme del virus e che è purtroppo deceduto, era un oftalmologo 34enne. In effetti è stato riscontrato che il Coronavirus è presente sulla congiuntiva e nelle lacrime che quindi possono essere veicolo di contagio. Una piccola percentuale di pazienti Covid-19 presenta anche delle congiuntivi virali abbastanza importanti, generalmente associata a tosse secca e febbre, anche se in questo quadro clinico tanto complesso da gestire non ci sono molti dati relativi all’interessamento oculare della patologia. In generale non è frequente diagnosticare il virus specifico che ha causato una congiuntivite virale.
Come sta vivendo questo momento?
La situazione è surreale, i sentimenti molti e contrastanti. La città è molto più silenziosa, il che amplifica il purtroppo frequente suono delle sirene. La necessità di mantenere una routine e un atteggiamento di responsabilità senza troppo spaventare mio figlio – sono a casa da sola con lui – scandisce la nostra giornata. Le video comunicazioni ci permettono di vedere i miei genitori e mantenere un minimo di interazione sociale. La possibilità di essere precettata ritengo sia concreta: negli ospedali gli oculisti fanno già le notti in medicina, al momento non essere in un organico ospedaliero mi ha permesso di rimanere con mio figlio ma se la situazione dovesse peggiorare mi parrebbe logico attingere alla lista degli iscritti all’Ordine dei Medici, anche un oculista è meglio di niente. A quel punto dovrei verosimilmente chiedere ai miei genitori di occuparsi di mio figlio, esponendoli a un rischio aumentato dal momento che per età e patologie pregresse sono nella fascia di età più a rischio di non riuscire a cavarsela in caso dovessero finire in terapia intensiva.
Ad oggi in Lombardia ci sono 560 malati di coronavirus in terapia intensiva e 724 posti letto con macchinari per la respirazione nei vari ospedali pubblici e privati. A questi si aggiungono 176 posti previsti per pazienti con patologie particolari come aneurismi o tumori. La parola che fa più paura in questo momento è: posti letto. Purtroppo l’aumento del numero dei casi e le risorse limitate come i posti letto nelle terapie intensive, che sono poco più di 5000 in tutto il Paese tra ospedali pubblici e privati (dati dell’Annuario Statistico del Servizio Sanitario Nazionale), ha portato Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (SIIARTI) a redigere un documento sulle raccomandazioni per l’ammissione in terapia intensiva in condizioni di emergenza. “Può rendersi necessario porre un limite di età all’ingresso in terapia intensiva. Non si tratta di compiere scelte meramente di valore, ma di riservare risorse che potrebbero essere scarsissime a chi ha in primis più probabilità di sopravvivenza e secondariamente a chi può avere più anni di vita salvata, in un’ottica di massimizzazione dei benefici per il maggior numero di persone”.(SIIART, Raccomandazione n. 3)
Dottoressa, la conseguenza di avere poche risorse in una situazione di emergenza è…
Drammatica. Pare che al momento non si sia ancora arrivati ad una situazione di questo tipo, ma purtroppo – per quanto assurdo ed ingiusto possa sembrare – capisco che la possibilità di non avere sufficienti risorse sia un’eventualità da prevedere e per la quale essere preparati. In questo momento vedo grandissima professionalità ed abnegazione tra i colleghi che sono in prima linea, moltissimi strumenti di collaborazione sono stati messi in campo per condividere esperienze e best practices, molti colleghi anche in pensione collaborano leggendo articoli e redigendo sintesi nella speranza di essere d’aiuto. In previsione di un ulteriore incremento dei casi ,Milano sta pensando di attrezzare l’ex Fiera Milano City. Si sta davvero facendo il meglio possibile con le risorse che si hanno. Spiace molto vedere come la politica, soprattutto all’inizio, abbia sottovalutato la situazione, un atteggiamento minimizzante che purtroppo vedo largamente condiviso in Europa e che spero venga corretto grazie alla dichiarazione dell’OMS, che ha finalmente dichiarato il Covid una pandemia.
Una situazione drammatica e difficile quella che sta vivendo il nostro Paese ed in particolare le zone del Nord d’Italia come la provincia di Bergamo dove sono stati registrati maggiori casi di contagio da Covid-19. Fino al 3 aprile a Bergamo, secondo l’ordinanza comunale, resteranno chiusi anche parchi, giardini e aree verdi comunali con controlli serrati sugli spostamenti.
Quanto e in che modo è cambiata la sua quotidianità?
Non solo la mia, quella di tutti: certamente il ritmo è completamente stravolto, non avendo obblighi orari precisi. Al tempo stesso è un ritmo che pare surrealmente dilatato, e quasi sospeso, nell’attesa dei numeri che vengono dati dalla Protezione Civile a fine giornata o delle prossime misure a cui attenersi. Ovvio che stare in casa con i bambini non è facile, tanto più se sono da soli in un appartamento, mentre tu cerchi di pulire e disinfettare tutto in uno sforzo titanico di ridurre al massimo il rischio di contagio. In una città delle dimensioni di Bergamo (120000 abitanti) puoi solo sperare che nessuno della tua cerchia familiare o amicale rimanga vittima della situazione, sapendo che statisticamente è impossibile che accada.
Qual è il suo messaggio da medico, figlia, madre..
In questa situazione è necessario un fine equilibrio: senza indurre panico ingiustificato è tuttavia bene che le persone si rendano conto che questa situazione, fino ad ora solo immaginata nei racconti distopici o nei film, si sta verificando ora, non in un paese lontano ma nella nostra Italia. Che per quanto la nostra mente fatichi ad immaginare una situazione estrema negli ospedali lombardi, tuttavia così è. Per questo ritengo sia fondamentale responsabilizzare tutti sul fatto che un’epidemia di questo tipo si ferma solo accantonando le proprie abitudini, accettando delle limitazioni alla nostra libertà personale per noi inconcepibili, prestando particolare attenzione alle raccomandazioni delle autorità e soprattutto agendo responsabilmente nell’interesse delle fasce più deboli, penso ai più anziani ma anche a tutte le persone con patologie autoimmuni che spesso assumono farmaci immunomodulatori o immunosoppressori, ai pazienti oncologici. Da madre di figlio unico sono conscia di quanto possa essere difficile impegnare un bambino di nove anni senza compagni di giochi, ma i playdate e le forme di socialità andrebbero al momento sospesi per il bene di tutti.
Grazie alla dottoressa Paola Salvetti per la sua testimonianza e grazie a tutti i medici e operatori sanitari impegnati in un’emergenza grave e di difficile gestione che resterà nella storia. Grazie per continuare a ricordare a tutti noi di restare a casa per il nostro bene e per quello degli altri, mentre voi rischiate ogni giorno, ogni ora e ogni minuto di contrarre il virus più di chiunque altro. Grazie ai nostri angeli pur sempre esseri umani che… hanno paura, ma nonostante tutto stanno lottando in prima linea. Grazie, dal cuore.