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La White Economy, sviluppo o regresso?

25 Febbraio 2015

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La così chiamata White Economy, non è altro che il quadro complessivo dell’economia della salute e dell’assistenza, ovvero le attività connesse con la salute e il benessere della persona. Chiarito questo quesito interpretativo che spesso genera nei lettori una lieve confusione che distoglie il focus dall’argomento, possiamo analizzare cosa e come questa economia sta crescendo o regredendo nel nostro paese.

L’integrazione di questo importante aspetto, resta ancora nel 2015 uno degli obbiettivi fondamentali da raggiungere, attraversando percorsi diversi, ma che conducono allo stesso comune punto di arrivo, cioè rendere il welfare più accessibile a tutti utilizzando strumenti integrativi, alleggerire il SSN, accrescere l’occupazione e le imprese della white economy con impatti positivi e produttivi sull’intero sistema economico nazionale.

E’ ormai assodato che il sistema sanitario pubblico è sinonimo di grandi e lunghissime attese a fronte di un ticket più basso, ad esempio per una visita oculistica pubblica si spendono 30 euro in ticket per 74 giorni di attesa, cioè due mesi e mezzo, mentre nel privato pagando 98 euro, si aspettano solo 7 giorni. La stessa situazione di ripropone su molti altri settori specifici come le per visite cardiologiche, 40 euro il ticket e 51 giorni di attesa mentre nel privato abbiamo 107 euro con 7 giorni di attesa, lo stesso per visite ortopediche, ginecologiche, accertamenti diagnostici e riabilitazione. In sintesi per accorciare i tempi di attesa bisogna pagare di più.

Questa situazione evidenzia una grande disparità tra prezzi e tempi di attesa, discriminando automaticamente coloro che possono permettersi le cure privatamente e coloro che non potrebbero, costringendo molte famiglie a fare sacrifici per arrivare in tempo su una questione delicata come la propria salute.

Purtroppo l’approccio degli Italiani agli strumenti di sanità integrativa continua ad essere molto freddo e distaccato, a causa delle difficoltà che si incontrano nel comprendere come tali strumenti funzionino e come possano portare dei vantaggi. Questo tipo di considerazione rende sempre più complesso il raggiungimento dell’obbiettivo comune, cioè creare una più forte integrazione tra il welfare pubblico e welfare privato che oggi risulta essere una delle poche soluzioni a disposizione per ampliare i livelli di accesso alle cure e sopperire alla grande domanda rimasta inevasa.

Il fattore più ostativo in assoluto per un approccio più aperto alla sanità integrativa è sicuramente quello economico: il 40% di coloro che non hanno  e che vorrebbero una copertura sanitaria integrativa, ritiene che sarebbe troppo oneroso rispetto al proprio reddito. Inoltre se si escludono coloro che non possono accedervi, ad esempio per limiti di età, la seconda ragione del mancato utilizzo della sanità integrativa è la mancanza di fiducia in tali strumenti. Sfortunatamente la diffidenza, conoscenza limitata, costi elevati quindi alimentano il distacco che c’è tra i strumenti a disposizione e la domanda contenuta degli stessi, è evidente quindi la necessità di migliorare la comunicazione al fine di consentire a tutti di valutare la possibilità o meno di utilizzare questi preziosi strumenti.

Anche la crisi economica del paese contribuisce ad allontanare i cittadini dalle cure, ormai divenute quasi un lusso, e tendenzialmente posticipate fino al campanello di urgenza o alla stretta necessità, in ogni caso ricorrendo al settore privato che garantisce un servizio senza la condizione di un’attesa toppo lunga.

Ecco dunque il quadro completo che prospetta diversi e molteplici obbiettivi per l’imminente futuro. Diffondere una cultura più consapevole del welfare integrativo, rendere più conosciuti e accessibili tali strumenti,  agevolare i prezzi per da modo ad una fascia sempre più grande di richiedenti di usufruire dei servizi integrativi di qualità che il nostro paese può mettere a disposizione.

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