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Le conseguenze del cambiamento climatico sulla salute africana
I governi di Giappone e Austria hanno approvato, recentemente, un fondo di un milione di dollari per rafforzare la partecipazione del settore privato nella lotta al cambiamento climatico. Il finanziamento sarà incanalato attraverso l’Africa Private Sector Assistance (Fapa) che mira a espandere, principalmente, il ruolo del settore privato nei Paesi che detengono i contributi nazionali (Ndc) dei Paesi africani.
Con la ratifica dell’Accordo di Parigi, i singoli impegni climatici presentati all’Onu sono passati dall’essere Intended Nationally Determined Contribution (Indc) ossia “Contributi promessi stabiliti a livello nazionale”, ai cosiddetti Nationally Determined Contributions (NDC) o “Contributi Nazionali Determinati”. Si tratta degli obiettivi climatici che le Nazioni si sono date, in maniera autonoma e volontaria, al fine di mantenere la crescita della temperatura globale entro i 2 gradi Celsius. I Paesi membri regionali selezionati per l’attuazione del progetto nippo-austriaco sono Egitto, Angola, Mozambico, Marocco, Nigeria e Sudafrica. La risoluzione del cambiamento climatico risulta essere un passo cruciale per il benessere e la salute della popolazione africana (e non solo). In particolare, in alcuni Paesi dell’Africa meridionale, le conseguenze del riscaldamento globale saranno maggiori che altrove.
All’indomani della pubblicazione del nuovo rapporto del Comitato intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc), che ha riportato l’attenzione sul tema, un articolo di Mark New, direttore dell’iniziativa africana su Clima e sviluppo dell’Università di Cape Town, fa il punto della situazione in Botswana e Namibia sottolineando che l’agricoltura appare ormai particolarmente vulnerabile, con un calo potenziale nelle rese dei raccolti e un aumento delle perdite di bestiame. Inoltre, in Botswana con un riscaldamento di 1,5 gradi i raccolti di mais potrebbero diminuire del 20% o 35% con un incremento delle temperature di 2 gradi. In Namibia, invece, la produttività di cereali potrebbe calare del 5% con un aumento di 1,5 gradi, del 10% con un aumento di 2 (fonte: SuperAbile). Si prevede, così, che lo stress termico diventi una minaccia sempre maggiore con conseguenze catastrofiche per l’ambiente e la salute di tutti gli individui.
Il cambiamento climatico, pertanto, risulta essere “la più grande minaccia per la salute globale del 21 secolo”, si legge in un articolo di The Lancet, una delle più importanti riviste scientifiche in ambito medico. Se da una parte l’aumento delle temperature e i sempre più frequenti eventi estremi hanno un impatto diretto sulla salute umana, dall’altra agiscono indirettamente sui determinanti della salute. Questi ultimi, come afferma l’ONU, sono l’insieme di condizioni finemente regolate da sistemi economici, politici e sociali che influenzano non solo la mera presenza/assenza di malattia, ma anche lo stato di benessere fisico, psichico e sociale dell’individuo.
Il punto fondamentale è che la mancanza di progressi minaccia sia la vita umana sia la vitalità dei sistemi sanitari nazionali da cui dipendono, con il potenziale di sopraffare i servizi sanitari.
In particolare, gli scarsi progressi portati a termine nella riduzione delle emissioni di gas serra minacciano anche la sopravvivenze dei singoli sistemi sanitari nel continente. Il rischio è che le infrastrutture della sanità pubblica non siano in grado di affrontare le sfide imposte dai cambiamenti climatici. E questo settore dovrebbe essere in prima linea negli sforzi di adattamento.
Sono necessarie, di conseguenza, delle forti strategie o dei piani di adattamento concreti e specifici sui problemi sanitari legati al clima.
La vulnerabilità agli eventi estremi di caldo è aumentata costantemente dal 1990 in Africa. La parte centrale è particolarmente a rischio, perché più del 40% della sua popolazione ha un’età superiore ai 65 anni, la fascia di età più colpita dalle conseguenze del caldo.
Tuttavia, non sono solamente le alte temperature a rappresentare un rischio, ma anche gli abbassamenti improvvisi. Gli sbalzi di temperatura rendono più vulnerabili anche le persone che hanno malattie cardiovascolari o quelle affette da diabete e da malattie respiratorie croniche (tra le più diffuse in Occidente).