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Le mascherine un vero limite per le persone sordomute
Le mascherine un vero limite per le persone sordomute. La denuncia di Danilo Finocchiaro
Abbattere le barriere e includere è un imperativo, ma non sempre i bisogni ottengono un’effettiva e concreta risposta. In vista della conclusione dello stato di emergenza a livello nazionale, il 31 marzo 2022, è tempo di resoconti rispetto all’andamento della pandemia e in riferimento a tutte le misure intraprese a tutela della salute pubblica. Tra queste spicca certamente l’utilizzo della mascherina come misura di prevenzione per il Coronavirus ormai obbligatoria in tutta Italia dall’insorgere della pandemia, con maggiore attenzione nei luoghi chiusi e in occasione di iniziative ed eventi particolarmente popolati.
Questi dispositivi di protezione individuale sin da subito hanno rappresentato un limite della comunicazione, tanto sul fronte pediatrico, e dunque della formazione e della didattica, quanto in riferimento a particolare forme di disabilità e alle persone più vulnerabili. Indossare una mascherina facciale infatti può compromettere la capacità di comunicazione di alcune persone, principalmente non udenti e ipoacusici, dato che impedisce la lettura delle labbra riducendo in modo sostanziale il livello di comprensione del linguaggio trasmesso dalla bocca. Nonostante questo grave pericolo, e pur apprezzando lo sforzo di immettere nel mercato dispositivi trasparenti che consentono la lettura labiale, l’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità nel corso di questi due anni ha ricevuto numerose segnalazioni sulle difficoltà di comunicare che l’uso obbligatorio e generalizzato delle mascherine comporta per le persone sorde o con ipoacusia, per coloro che usano impianti cocleari o apparecchi acustici, e in generale per chi utilizza la lettura delle labbra per comprendere. È questo il caso di Danilo Finocchiaro, lavoratore trentacinquenne di Catania, a cui da bambino è stata diagnosticata una forma di sordomutismo.
Danilo Finocchiaro, comunicare è essenziale, avere gli strumenti per farlo dovrebbe essere alla base. E invece?
A distanza di due anni dall’avvio dell’emergenza sanitaria e dal susseguirsi di misure restrittive e lockdown, le mascherine oltre ad essere un valido dispositivo di protezione individuale sono diventate parte integrante della nostra vita. Non possiamo uscire di casa senza averne una con noi. È doveroso indossarle per noi stessi e per le persone che incontriamo, nel mio caso anche i clienti dello store per cui lavoro. Ma se da un lato c’è il dovere, dall’altro resta il dispiacere di una misura che non è stata immediata nell’agevolare la comunicazione delle persone disabili. Per noi persone sorde le mascherine chirurgiche e FFP2 sono vere barriere per la comunicazione e ne acuiscono le difficoltà.
Una barriera che ha ostacolato la reciprocità comunicativa. Quanto è importante per le persone sorde poter seguire i movimenti delle labbra mentre l’interlocutore parla?
È alla base. La mia esperienza a riguardo è molto traumatica ed è costellata di difficoltà anche in riferimento alle piccole attività giornaliere, dal lavoro alla vita privata per approdare alla famiglia stessa. La rimozione di segnali di supporto visivi può rendere la comunicazione molto faticosa a causa dello sforzo mentale richiesto per ascoltare, soprattutto in presenza di rumori esterni, dove è necessaria maggiore concentrazione per la comprensione. Di conseguenza, non c’è solo un limite di apprendimento e di ricezione del messaggio trasmesso ma anche di elaborazione mentale dello stesso. Alle mascherine inoltre si sommano i lunghi periodi di restrizioni e di distanziamento sociale che non hanno certo rese le cose migliori. Ci siamo sentiti esclusi.
Lei parla di nuove barriere. In che senso?
Tutto questo più che un esclusione sociale nei confronti delle persone la vedo come una nuova barriera nei confronti di persone meno abili come me. I vulnerabili sono stati resi ulteriormente deboli.
C’è da dire però che ben presto a livello nazionale e soprattutto in relazione ai centri socio-occupazionali e al fronte scolastico, le mascherine trasparenti hanno fatto il loro ingresso.
La difficoltà è dovuta a un dato certamente non trascurabile in tutta questa vicenda: non eravamo pronti. Nessuno di noi avrebbe mai potuto immaginare che la circolazione di un virus a livello locale, in Cina, avrebbe potuto interessare tutto il mondo causando non poche conseguenze, anche per quanto riguarda le relazioni. Una volta piombati in un contesto certamente complesso siamo stati colti alla sprovvista ed è come se tutto fosse stato elaborato a partire da zero. Basti pensare, ad esempio, che il Ministero dell’Istruzione, in vista del nuovo anno scolastico, ha diramato a tutte le scuole il Protocollo di Sicurezza del 14 agosto 2021 nel quale si fa riferimento alle misure di prevenzione già in uso -mascherine, distanziamento igienizzazione, areazione dei locali ed altro -, e si prevede la fornitura a personale e studenti di mascherine monouso trasparenti per favorire l’inclusione degli studenti sordi. Ricordo che la pandemia è esplosa nel febbraio del 2020 e che nel corso del primo anno particolari accortezze sono mancate o, se vogliamo, non erano regolamentate a livello nazionale.
C’è da dire però che fino al DPCM 3 novembre 2020, il Governo ha mantenuto fermo il principio che la mascherina non era obbligatoria per quelle persone la cui disabilità è incompatibile con il suo utilizzo, e non è obbligatoria neanche per gli accompagnatori di queste persone nel momento in cui devono comunicare con loro.
Lo riconosco ma nonostante questo “lasciapassare” tutti noi abbiamo indossato sempre la mascherina quale strumento di difesa personale. Un gesto quotidiano destinato a scomparire in poche settimane, pensavamo questo all’inizio, perdura invece da due anni e ha dato vita a un nuovo modo di concepire le relazioni e la comunicazione stessa. Il coronavirus tende infatti ad assumere una forma più grave nei soggetti che già presentano delle difficoltà: lo stato di tensione infatti rende la comunicazione particolarmente difficile. Questa criticità è stata raccolta da molte realtà che operano sul mio territorio ed è per questo che sono stati avviati e promossi progetti sociali a favore delle persone sorde o che abbiano limitate capacità uditive.
Con la mascherina trasparente dunque non siete più “inascoltati”. È così?
Occorre lavorare ancora tantissimo per creare nel nostro paese una cultura dell’inclusione e dell’ascolto non caratterizzata da barriere di qualsiasi tipo, architettoniche incluse. C’è sempre una difficoltà. Sono stati compiuti significativi progressi, lo riconosco, ma è un processo di accoglienza lento.