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Legalizzazione della cannabis. Mineo (CeIS): “Legge contro la vita e contro la salute dei nostri figli”
“Legalizzare la cannabis non cambierebbe le cose in Italia, né ridurrebbe il traffico di droga della malavita o dei narcotrafficanti. Legalizzare la cannabis sarebbe solo un’operazione di business”. È questo il grido di denuncia del dottor. Roberto Mineo, presidente del CeIs Roma, il Centro Italiano di Solidarietà intitolato a don Mario Picchi che da anni promuove attività e interventi volti a prevenire e contrastare l’esclusione sociale delle persone, con particolare attenzione ai giovani e alle famiglie. A seguito della riapertura del dibattito pubblico sulla legalizzazione della cannabis, avvenuta dopo la tragedia di Lavagna dove un ragazzo dipendente dalla droga si è suicidato a seguito di una perquisizione nel suo appartamento da parte della Guardia di Finanza, Mineo ha desiderato intervenire per ribadire un ‘No’ netto del CeIs a una legislazione che causerebbe gravi danni alla società e soprattutto alle generazioni più giovani. Commentando con Health Online la sua posizione, il presidente del CeIs, fondato nel 1971, dal sacerdote Mario Picchi con il fine di affrontare i problemi derivanti dall’emarginazione e dal disagio giovanile e familiare, dichiara che almeno l’85% dei giovani romani ha avuto contatto con sostanze stupefacenti e che circa la metà di questi continua a farne uso fino a diventarne totalmente dipendente.
Dati certamente allarmanti se si considera il cambiamento che negli anni ha subito la società proprio riguardo l’uso delle droghe: “La preoccupazione da parte di noi operatori – spiega Mineo – è sempre stata altissima perché siamo sul fronte di questo problema ogni giorno dell’anno. Lo affrontiamo praticamente in diretta. La situazione è drammatica, non è in declino, anche se i media non se ne occupano con frequenza. Negli anni ‘80 il problema da affrontare era l’eroina, a questa è subentrata la cocaina, e ora aldilà della cannabis sta tornando l’eroina. Quello che più ci allarma, e che dovrebbe far riflettere le Istituzioni italiane, è che sono i più giovani a farne uso ricadendo nel buio degli anni ‘90-‘80. Non solo – specifica il presidente del Centro di Solidarietà don Mario Picchi visitato dal Papa il 26 febbraio 2016, nell’ambito dei ‘Venerdì della Misericordia’ – ma a questo si aggiunge che si è notevolmente abbassata l’età di coloro che ne entrano a contatto. Se nel ’94, quando abbiamo iniziato a fare prevenzione e informazione negli istituti scolastici, partivamo dalle scuole medie, oggi ci rivolgiamo ai bambini delle elementari”.
Per tale ragione, Mineo dichiara che il CeIS assieme a tutte le altre Associazioni che lavorano per la difesa della vita e contro ogni tipo di dipendenza, non possono che essere totalmente contrari alla legalizzazione della cannabis “perché – argomenta – non è una legge ma è un no alla vita sotto tutti i profili. La cannabis è una sostanza stupefacente, pur essendo più leggera rispetto alle altre droghe. Non è un caso che a livello mondiale siano stati ampiamente dimostrati i danni che produce alla struttura celebrale e sul sistema psicologico della persona”.
Perché, a suo parere, si intende legalizzarla?
Io ritengo che vogliano legalizzarla persone che si servono di una retorica post-sessantottina. Non c’è una vera ragione anche perché viene venduta da molti e loro legalizzandola vorrebbero sconfiggere il mercato nero, la mafia, il narcotraffico. Ma come una volta disse il giudice Borsellino a uno studente che gli domandava se realmente la mafia avrebbe perso qualcosa a seguito della legalizzazione della cannabis, questo non accadrà mai. Si pensi a quanto è aumentato il gioco d’azzardo dopo essere stato legalizzato: i costi aumenterebbero anche in questo caso, e si andrà a generare tutto quel sistema di malattie e patologie che questa sostanza genera. Ne parlo avendo alle spalle 47 anni di esperienza nel campo delle tossicodipendenze, e dopo aver visto migliaia di ragazzi passati nelle nostre strutture, sappiamo che la cannabis è una porta che potrebbe aprire altre porte ad altre sostanze più pericolose. È solo un’iniziazione.
Cosa prospetta per il futuro?
Per il futuro prospetto e spero che le Istituzioni tutte, da quelle statali, il Governo, alla Regione Lazio, fino a ogni singolo Municipio della Capitale, attuino un piano per far contrasto alle sostanze stupefacenti. Oggi c’è solo qualche associazione, tra queste il CeIS, ma non abbiamo supporto da nessuno. Si realizzano e mettono sul campo molti progetti per tutt’altri fini ma non per questa piaga sociale e umana dei nostri giorni. Inoltre, le famiglie sono sole, e non dovrebbero esserlo perché una volta che un ragazzo diventa dipendente lo diventa l’intera società, nessuno escluso.