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L’impegno di U.N.A.Sa.M. per una salute mentale di comunità
L’intervista a Gisella Trincas, presidente dell’Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale
La salute mentale è parte integrante della salute e del benessere, come lo si deduce dalla definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS): “La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o di infermità”.
Le cause scatenati e le conseguenze della salute mentale e dei disturbi mentali includono non solo caratteristiche individuali come la capacità di gestire i propri pensieri, le emozioni, i comportamenti e le relazioni con gli altri, ma anche fattori sociali, culturali, economici, politici e ambientali, tra cui le politiche adottate a livello nazionale, la protezione sociale, lo standard di vita, le condizioni lavorative e il supporto sociale offerto dalla comunità. L’esposizione alle avversità sin dalla tenera età rappresenta un fattore di rischio per disturbi mentali ormai riconosciuto e che si può prevenire (fonte: Ministero della Salute).
Secondo i dati diffusi dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), in Italia, sono circa 3 milioni le persone che soffrono di depressione e nel corso del 2020 circa il 6,5% degli italiani – più di 3 milioni e 850mila – ha dovuto ricorrere a farmaci antidepressivi. Si è registrato un aumento del 6,6% di farmaci ipnotici e ansiolitici, le benzodiazepine anche a causa della depressione da Covid-19.
La salute mentale, come altri aspetti della salute, può essere influenzata da diversi di fattori socioeconomici sui quali è necessario agire con strategie globali di promozione, prevenzione, trattamento e recovery in un approccio di government globale. In Italia, da quasi 30 anni è presente l’Unione Nazionale Delle Associazioni per la Salute Mentale (U.N.A.Sa.M.), la più importante rete nazionale di Associazioni per la Salute Mentale a cui aderiscono le Associazioni dei familiari e utenti dei servizi di salute mentale. Associazioni impegnate in tutte le regioni del territorio nazionale, che promuove attività, dibattiti e confronti con le Istituzioni per “la difesa efficace della dignità e dei diritti delle persone con sofferenza mentale e dei loro familiari, per la tutela della salute mentale e del benessere sociale di tutta la popolazione”, si legge nello statuto.
Per saperne di più abbiamo intervistato Gisella Trincas, presidente dell’Unione Nazionale Delle Associazioni per la Salute Mentale (U.N.A.Sa.M.).
Come nasce U.N.A.Sa.M. e perché?
Negli anni 80, successivamente all’approvazione della Legge di Riforma Psichiatrica n.180, si sono costituite in Italia le prime Associazioni di familiari. Alcune contro la Legge di Riforma e la chiusura degli Ospedali Psichiatrici, altre decisamente a favore. Le Associazioni che, in alcune regioni, nascevano per rivendicare l’urgente applicazione della Legge 180 e il superamento dell’orrore manicomiale, nel 1986, si sono riunite in un Coordinamento Nazionale per interloquire con le Istituzioni nazionali (principalmente il Governo e le Commissioni Parlamentari) perché alla Legge 180 avesse fatto seguito un Piano applicativo. Da quel momento il primo impegno delle nostre Associazioni è stato fortemente sostenuto dalla Senatrice Franca Ongaro Basaglia e da Maria Grazia Giannichedda della Fondazione Basaglia. Durante i lavori della prima Conferenza Internazionale nel 1991 a Roma, abbiamo deciso di avviare la costruzione di una Organizzazione Nazionale con la raccolta di tutte queste straordinarie esperienze in difesa dei valori e dei principi della Legge 180. Nel 1993 abbiamo fondato l’UNASaM.
“Non c’è salute senza salute mentale”. È la frase che compare in apertura del sito di UNASAM…
Nel 2006 abbiamo organizzato il nostro Congresso Nazionale dal titolo “Non c’è salute senza la salute mentale” (che è lo slogan con cui l’OMS apre la giornata mondiale della salute mentale) con la diffusione del documento di Helsinky e il Libro Verde della Commissione Europea. L’UNASaM, già fortemente impegnata con innumerevoli iniziative nazionali, con questo imperativo ha rafforzato ulteriormente la consapevolezza che non può esserci salute senza la tutela piena della salute mentale della e nella comunità in cui viviamo. E non può esserci tutela della salute mentale, né percorsi di ripresa senza il rispetto dei diritti e della dignità della persona umana. Pertanto, l’azione dell’UNASaM è fortemente orientata nel combattere qualunque forma di istituzionalizzazione, coercizione e violazione del diritto alla partecipazione libera e volontaria ai percorsi di cura.
Quali sono le principali attività e quali sono stati i risultati raggiunti fino ad oggi?
Negli anni sono state tante le iniziative che hanno caratterizzato lo straordinario impegno civile di UNASaM e delle Associazioni aderenti anche attraverso la partecipazione ad eventi nazionali e internazionali, alle audizioni parlamentari, al sostegno nelle diverse Regioni delle attività delle Associazioni aderenti e alla intensa attività formativa.
Dal 1996 al 1998 abbiamo partecipato ai lavori dell’Osservatorio Nazionale, istituito presso il Ministero della Salute, per l’emanazione delle linee guida per la chiusura degli Ospedali Psichiatrici in Italia. Nel 1998, con la promozione del Convegno Internazionale “Il carico delle famiglie e il problema della qualità nella salute mentale: il punto di vista di utenti e famigliari”, denunciammo la non applicazione del Progetto Obiettivo Nazionale Salute Mentale. Una delle principali richieste del nostro movimento è quella di destinare alla salute mentale non meno del 5% della spesa sanitaria e l’organizzazione della Conferenza Governativa sulla Salute Mentale che si tenne nel 2001 con la partecipazione significativa dell’UNASaM in tutte le fasi organizzative.
A partire dal 2001 abbiamo curato la formazione delle nostre Associazioni presso il Dipartimento di Salute Mentale di Trieste. Nel 2005 abbiamo partecipato alla Conferenza Ministeriale Europea tenutasi ad Helsinky “Dichiarazione sulla salute mentale per l’Europa. Affrontare le sfide, creare le soluzioni” e ai seminari preparatori ministeriali per la definizione delle Linee Guida Nazionali del 2008.
Nel trentennale della Legge 180, abbiamo promosso il Manifesto “Ogni persona per ciò che è nel rispetto della propria dignità e nella libertà” che si compone di 10 punti (inclusa la richiesta del superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari) sottoscritto da 14 organizzazioni nazionali che insieme a UNASaM portano avanti la lotta per la piena applicazione della Legge di Riforma 180.
Nel 2018 abbiamo realizzato la Conferenza Nazionale “Diritti, Libertà, Servizi” in Campidoglio a Roma, con la collaborazione di altre 15 organizzazioni con le quali, nel 2019 abbiamo promosso e organizzato la Conferenza Nazionale Salute Mentale.
A seguito di questa iniziativa è stato costituito il Coordinamento della Conferenza Nazionale Salute Mentale che, attraverso una serie di eventi seminariali e incontri istituzionali, si è fortemente impegnato per la realizzazione della Conferenza Ministeriale sulla salute mentale che si è tenuta lo scorso giugno. In questi ultimi anni abbiamo costituito il Comitato Scientifico che ha prodotto, in collaborazione con UNASaM, tre importanti documenti inviati per il confronto ai Ministeri competenti (proposte di linee guida) su: Appropriatezza sull’utilizzo dei farmaci; Quale formazione per gli operatori della salute mentale; Corretta applicazione della Legge 6/2004 sull’istituto dell’amministrazione di sostegno.
L’UNASaM inoltre, aderisce all’EUFAMI la Federazione Europea delle Associazioni dei Familiari e fa parte del Tavolo Tecnico Salute Mentale del Ministero della Salute.
La salute mentale nell’ordinamento costituzionale. Qual è la normativa e quali sono le linee di indirizzo nazionali per la salute mentale?
La normativa di riferimento è la Legge di Riforma Psichiatrica 180/78 “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori” e la Legge di Riforma Sanitaria n.833/78 in cui sono stati inglobati gli articoli della Legge 180/78. Si tratta di una Legge quadro alla quale doveva seguire un Piano dettagliato sull’organizzazione dei servizi di salute mentale. Questo è avvenuto 20 anni dopo con i due Progetti Obiettivo Nazionali Salute Mentale del 1994/96 e 1998/2000. Progetti Obiettivo mai del tutto applicati nel Paese.
A questi, ha seguito nel 2018, dopo altri dieci anni di inattività governativa, il PANSM (Piano di Azioni Nazionale per la Salute Mentale). Il Piano definisce le aree di bisogno prioritarie, i percorsi di cura e le azioni programmatiche per la tutela della salute mentale dell’età adulta, dell’infanzia e dell’adolescenza. Oltre alle azioni per l’integrazione e il coordinamento con le altre aree di intervento sanitario e sociale.
Anche questo Piano è disatteso in gran parte del territorio nazionale, come dimostrato dal lavoro approfondito di analisi effettuato dal Tavolo Tecnico Salute Mentale.
Va citata anche la Legge 219/17 “Norme in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento” che si applica anche nei confronti delle persone con disturbo mentale. In particolare, il comma 2 dell’art.1 specifica che “È promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico che si basa sul consenso informato nel quale si incontrano l’autonomia decisionale del paziente e la competenza, l’autonomia professionale e la responsabilità del medico…in tale relazione sono coinvolti, se il paziente lo desidera, anche i suoi familiari o la parte dell’unione civile, o il convivente ovvero una persona di fiducia del paziente medesimo…”. Sappiamo quanto questo manchi nella pratica dei servizi di salute mentale. In generale, le persone che utilizzano i servizi sono considerate incapaci di esprimere consenso e di comprendere appieno i loro bisogni e prevale quindi, da parte dei curanti, un atteggiamento paternalistico che produce de-responsabilizzazione e dipendenza.
Quali sono le principali criticità?
Le criticità sono: la disuguaglianza territoriale in termini di risorse di personale, assenza di risorse finanziarie dedicate, orari di apertura e organizzazione dei centri di salute mentale, pratiche di presa in cura non orientate alla ripresa e alla emancipazione. E ancora, l’istituzionalizzazione massiccia in strutture di varia denominazione (comunità terapeutiche, case-famiglia, comunità alloggio, RSA, istituti per persone con disabilità) per lunghissimi periodi. Infine, le pratiche coercitive fisiche e farmacologiche e il non riconoscimento del ruolo delle associazioni dei familiari e degli utenti nella programmazione e verifica degli interventi e degli esiti in salute mentale
E proprio negli ultimi 3 anni l’Unione è impegnata in ambito politico per riportare la salute mentale al centro del dibattito politico
Era per noi prioritario riportare la questione salute mentale all’attenzione del Governo e del Parlamento. Da tre anni, su nostra sollecitazione, è stato istituito il Tavolo Tecnico Salute Mentale presso il Ministero della Salute con compiti specifici che i componenti del tavolo stanno portando avanti con determinazione e impegno. L’interlocuzione con il Ministero è costante e grazie anche alla realizzazione della seconda Conferenza Nazionale Salute Mentale, che si è tenuta nel giugno scorso, sono state indicate con chiarezza le criticità del sistema e le azioni da attuare per il superamento delle stesse (sul sito del Ministero www.salute.gov.it e dell’UNASaM www.unasam.it si può trovare tutto il materiale relativo ai lavori della Conferenza).
Pandemia da Covid-19 e gli effetti sulla salute mentale
La pandemia da Covid-19 ha avuto delle forti ripercussioni sulla salute mentale. Diverse sono state le indagini che hanno accesso i riflettori sull’aumento degli stati di ansia e di depressione nel corso dell’emergenza sanitaria. Tra queste, un recente studio pubblicato su The Lancet in occasione della Giornata mondiale per la salute mentale. Secondo lo studio dal titolo “Prevalenza globale e carico dei disturbi depressivi e d’ansia in 204 paesi e territori nel 2020 a causa della pandemia di COVID-19“, si è registrato un aumento degli stati di ansia e di depressione nei Paesi che hanno attuato rigide restrizioni e con il maggior numero di contagi.
In Italia l’impatto dell’emergenza sanitaria sulla salute mentale ha portato ad un aumento dei livelli di disagio psicologico di 7 italiani su 10, soprattutto tra le donne e le persone di età compresa tra i 35 ed i 54 anni. A rilevarlo è stata un’indagine nazionale condotta dal Consiglio Nazionale dell’Ordine Psicologi (CNOP). Nello specifico, il 42% degli italiani ha riscontrato problemi legati all’ansia, il 24% disturbi del sonno; il 22% irritabilità; il 18% umore depresso; il 14% problemi e conflitti relazionali; il 10% problemi alimentari e solo il 28% ha dichiarato di non aver sperimentato delle forme di disagio. Con il lockdown causato dalla pandemia da Covid-19 è emerso “Un grande cambiamento nelle abitudini di vita – ha affermato la dottoressa Sandra Ronconi Psicologa – Psicoterapeuta cognitivo comportamentale del network Health Point, in un’intervista per HealthOnline – L’isolamento e il confinamento hanno avuto un grande impatto sui singoli individui, riducendo la qualità della vita delle persone e mettendo a rischio la salute psico-fisica di molti. I dati delle prime indagini sono infatti allarmanti, in quanto è stato possibile riscontrare un considerevole peggioramento della qualità del sonno e, in particolare, si è evidenziato come la ridotta attività fisica, la scarsa esposizione alla luce solare, l’assenza di attività sociali, le paure per il contagio e per la situazione economica nonché il cambiamento all’interno degli stili di vita familiari, abbiano condotto a un’alterazione dei ritmi sonno veglia e provocato un incremento dei disturbi del sonno. L’incertezza per il futuro e le svariate interpretazioni di tipo catastrofico, inoltre, hanno favorito l’aumento dei sintomi ansiosi e depressivi”.
L’impegno dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS)
Il Centro di Riferimento per le Scienze Comportamentali e la Salute mentale dell’ISS è stato attivo sin dalle prime fasi della pandemia sia attraverso la partecipazione e la conduzione di studi, sia con indagini valutative dello stato dei servizi disponibili per la popolazione. Per quanto riguarda i servizi, nell’ambito del Gruppo di Lavoro “Salute mentale ed emergenza COVID-19”, istituito con decreto del Presidente dell’ISS ad aprile 2020, è stato promosso un programma di intervento per gestire l’impatto dell’epidemia di COVID-19 sulla salute mentale e un Programma di intervento per la gestione dell’ansia e della depressione perinatale nell’emergenza e post-emergenza COVID-19.
Signora Trincas cosa ne pensa? E per quanto riguarda la gestione del paziente che ha un disturbo mentale prima della pandemia?
Per tutti l’impatto è stato pesante e per chi era già in situazione di svantaggio (povertà, disabilità, problemi di salute in generale) doloroso. Penso inoltre che l’emergenza covid-19 ha evidenziato in tutta la sua drammaticità la fragilità e inadeguatezza dei servizi territoriali di salute mentale nel nostro territorio. I buoni servizi (pochi) hanno avuto un impatto meno traumatico perché sono riusciti a mantenere un sufficiente livello di intervento senza abbandonare nessuno, gli altri (la maggioranza) hanno faticato moltissimo a mantenere un livello minimo di intervento garantendo prevalentemente le urgenze e le emergenze. Chi già utilizzava i servizi ha sofferto molto durante la pandemia a causa dell’isolamento forzato, la non frequentazione dei centri diurni, l’interruzione dei tirocini di lavoro, il mancato sostegno al proprio domicilio, il mancato sostegno alla famiglia, l’attività di socializzazione sospesa, l’ingresso o le dimissioni dalle comunità. Ma anche i ricoveri ospedalieri o l’essere in “struttura” senza il conforto e la vicinanza dei propri cari.
Qual è stato il vostro lavoro e il supporto nel periodo di emergenza sanitaria?
Abbiamo mantenuto l’impegno nelle nostre sedi e quando non era possibile l’accesso diretto abbiamo incontrato le persone come meglio si poteva. Le abbiamo raggiunte attraverso il telefono, le video chiamate o ci siamo recati nelle abitazioni nel pieno rispetto delle regole anti covid, ma anche incontrandoci per la strada. Abbiamo tenuto molti incontri online con le Associazioni e i familiari e, in particolare, abbiamo presentato al Ministero della Salute e al Governo le difficoltà che le Associazioni e le famiglie si trovavano a vivere, formulando anche proposte chiare.
Abbiamo dovuto pensare ad altre forme di comunicazione ma anche rivedere le priorità di un sistema che mostrava tutta la sua inadeguatezza.
Giornata Mondiale per la salute mentale: “Salute mentale in un mondo ineguale”
Il 10 ottobre si è celebrata la Giornata Mondiale per la salute mentale (World Mental Health Day) istituita nel 1992 dalla Federazione Mondiale per la salute mentale (WFMH) e riconosciuta dall’OMS, che ha l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema e promuovere la consapevolezza e la difesa della salute mentale contro stigma e pregiudizio che condizionano la qualità della vita delle persone che soffrono di disturbi mentali e dei loro cari. Il claim dell’edizione 2021 è stato “Salute mentale in un mondo ineguale” proprio per sottolineare una disparità di trattamento e di assistenza tra chi soffre di malattie mentali e chi è affetto da altre patologie.
Signora Trincas, l’Unione da sempre organizza iniziative in occasione della Giornata Mondiale, è così? Un suo commento generale sul tema dell’edizione 2021.
“Eppure, nonostante tutto…” è il titolo dell’incontro che abbiamo promosso sulla piattaforma zoom con alcune organizzazioni impegnate in Sardegna. Il messaggio che si è voluto dare è che, nonostante tutto, sul territorio esiste una ricchezza straordinaria di impegno e iniziative di elevata qualità che vedono protagoniste associazioni di familiari, cooperative sociali, amministrazioni comunali, associazioni culturali, istituzioni scolastiche. L’OMS evidenzia come la salute mentale, in un mondo sempre più ineguale, ha vita difficile e che quindi vanno superate tutte le cause di natura culturale, politica, economica, sociale che influiscono negativamente sulla salute e sulla salute mentale. È nostro compito, in quanto cittadini e cittadine, agire collettivamente per il superamento delle disuguaglianze e disparità di trattamento in una società che vorremo giusta e solidale.
In conclusione, qual è il suo messaggio?
Agire insieme per il bene comune. La salute mentale è bene comune da salvaguardare e ancora tanto c’è da fare nel nostro Paese (pur con le importanti conquiste civili raggiunte con la chiusura dei Manicomi e degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari) per il raggiungimento di servizi territoriali di salute mentale di comunità, accessibili 24 ore sette giorni su sette e percorsi di cura e di ripresa rispettosi dei bisogni reali delle persone (l’abitare, il lavoro, il reddito, la socialità, le relazioni affettive) nel pieno rispetto della dignità umana. Servizi di salute mentale in sinergia con i servizi sociali, la scuola, l’Università, e la comunità locale per il benessere collettivo.