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L’importanza del microbiota intestinale: le novità in campo scientifico

25 Aprile 2018

L’intervista al dott. Roberto Biassoni del Dipartimento Ricerca Traslazionale, Medicina di Laboratorio, Diagnostica e Servizi U.O.C. Laboratorio Analisi – IRCCS Istituto Giannina Gaslini

Il microbiota intestinale, più comunemente conosciuto con il nome di flora batterica, è l’insieme di microrganismi che risiede nel nostro tratto gastrointestinale – soprattutto colon e intestino tenue –  ed ha un ruolo determinante per la nostra salute.

I progressi nelle tecnologie di sequenziamento del DNA accoppiati con nuovi sviluppi della bioinformatica hanno permesso alla comunità scientifica di cominciare a indagare le popolazioni microbiche che popolano il corpo umano (metagenomica). Questa comunità microbica o microbiota, è stimata essere numericamente più di 10 volte il numero totale delle cellule umane ed il 99% di tale flora microbica è residente nel tratto gastrointestinale. Più in dettaglio, si stima che il numero dei geni codificati da queste specie batteriche raggiunga 3 milioni, contro il numero più esiguo di 23000 geni codificati dall’intero genoma umano. È altresì ovvio pensare che questi geni batterici possano avere notevoli effetto sul metabolismo delle cellule umane.

Infatti, il microbiota umano ed i geni da esso codificati hanno un ruolo fondamentale nella salute umana e qualsiasi alterazione (disbiosi) delle popolazioni batteriche che costituiscono il microbiota può essere associata a differenti forme patologiche.

 

Quali sono le principali funzioni del microbiota? Quali sono le patologie che possono insorgere con un’alterata composizione del microbiota?

 

Health Online ha intervistato il dott. Roberto Biassoni del Dipartimento Ricerca Traslazionale, Medicina di Laboratorio, Diagnostica e Servizi U.O.C. Laboratorio Analisi – IRCCS Istituto Giannina Gaslini.

 

Dott. Biassoni, può spiegare meglio che cos’è il microbiota? Quali sono le sue principali funzioni?

 

“Sono tutte le popolazioni di batteri, ed altri microorganismi che sono presenti sul nostro corpo o all’interno dello stesso e che convivono con noi. Hanno una funzione di barriera contro la proliferazione dei batteri patogeni e sono coinvolte nei meccanismi di regolazione della maturazione del sistema immunitario e la sua modulazione. Inoltre, sono coinvolte nella produzione di vitamine (acido folico, vitamina K e del gruppo B), di alcuni amminoacidi e permettono la digestione di alcuni carboidrati polisaccaridi”.

 

Partiamo dal principio. Il microbiota quindi inizia a formarsi sin dalla nascita? E in quanti anni si sviluppa?  Ogni essere umano ha una propria composizione?

“La maggior parte delle nostre conoscenze è attualmente limitata all’analisi della componente batterica del microbiota. Sebbene studi recenti in modelli animali suggeriscano che il microbiota materno durante la gravidanza possa influenzare il microbiota del neonato, non vi sono ancora sicure evidenze che questo avvenga negli umani.

I neonati, a seguito di parto naturale, hanno una flora batterica intestinale più variegata, rispetto a quelli nati da parto cesareo che invece hanno un microbiota meno complesso.

Differenti evidenze epidemiologiche hanno mostrato una correlazione tra parto cesareo e obesità, asma, celiachia e diabete di tipo 1.

La composizione del microbiota è influenzata da fattori genetici, dalle specie microbiche presenti nell’ambiente, dalla dieta, dalla somministrazione di fermenti lattici, dalla somministrazione di antibiotici, dalla risposta immunitaria e da infezioni occasionali. La dieta ha sicuramente un ruolo importante nella composizione di tale microbiota a livello gastro-intestinale e quindi in età neonatale è fondamentale il tipo di lattazione ed il successivo svezzamento per lo sviluppo di una flora batterica normale. L’allattamento al seno è stato associato a un ridotto rischio di obesità, diabete e malattie diarroiche, queste correlazioni sembrano derivare da differenze nelle comunità microbiche intestinali. Dopo il secondo/terzo anno di vita, la composizione del microbiota intestinale è comparabile a quella di un adulto. La composizione del microbioma di un adulto ha una elevata variabilità individuale. Tuttavia, vi sono una vasta gamma di geni microbici condivisi che costituiscono un “microbioma di base” (i geni codificati da tutte le specie microbiche presenti), stabile nei diversi soggetti.

Studi recenti hanno valutato che la formazione e maturazione della flora intestinale sono fondamentali per la salute umana e dipendono dalla modalità con la quale il neonato è venuto al mondo (naturale o cesareo). Infatti, lo sviluppo del microbiota intestinale durante il primo anno di vita del bambino è più simile a quello materno in caso di parto naturale piuttosto che in caso di parto cesareo. L’ambiente esterno e la nutrizione hanno un ruolo fondamentale sulla composizione precoce del microbiota e sulla sua funzione”.

 

L’alimentazione del neonato nei primi mesi di vita è fondamentale per lo sviluppo del microbiota intestinale. È vero che lo svezzamento e l’ambiente in cui viene allevato il bambino influenzano il microbiota maturo?

“La variabilità del microbiota è influenzata dalla dieta, quindi la qualità dello svezzamento è fondamentale. Sappiamo che i microbi commensali della flora batterica intestinale possono proteggere dallo sviluppo di allergie, modulando la risposta immune”.

 

 

Perché è importante analizzare il microbiota intestinale? 

“A livello di ricerca, sappiamo che un microbiota ‘normale’ ci protegge da tutta una serie di patologie fra cui l’obesità, il diabete di tipo 2, la sindrome metabolica, le malattie infiammatorie intestinali, malattie a base autoimmune come l’artrite reumatoide e le allergie. La perdita di equilibrio fra le specie batteriche che costituiscono la flora intestinale può favorire l’insorgenza di una vasta gamma di patologie. Per altre patologie, l’influenza della composizione della flora batterica intestinale è ancora allo studio. È possibile che in futuro si potrà agire sul microbiota intestinale usando appropriati batteri (simili ai fermenti lattici), allo scopo di favorire il suo riequilibrio con effetti positivi sul decorso di molte patologie”.

 

Quando sottoporsi all’esame del microbiota?

“Al momento attuale l’esame del microbiota intestinale può essere di aiuto nell’inquadrare alcune patologie, ma deve essere eseguito su suggerimento del clinico”.

 

Quali sono le nuove tecnologie che oggi permettono l’analisi del microbiota?

“I progressi nelle tecnologie di sequenziamento del DNA, accoppiati con nuovi sviluppi della bioinformatica hanno permesso alla comunità scientifica di cominciare ad indagare i microbi che popolano il corpo umano (metagenomica). Tutto questo perché più del 90% di queste popolazioni batteriche che costituiscono il microbiota intestinale non sono altrimenti caratterizzabili”.

 

Quali sono le patologie alle quali si può andare incontro se si verifica un’alterazione?

“Sappiamo che alcune sindrome infiammatorie intestinali, la diarrea, il tumore del colon-retto, le malattie a base autoimmunitaria e anche alcune patologie allergiche, nonché malattie collegate all’alimentazione come l’obesità, il diabete di tipo 2 o la celiachia sono associate ad un alterato equilibrio del microbiota intestinale. Inoltre, il microbiota intestinale può interagire con il sistema immune, neuroendocrino e con il sistema nervoso centrale. Quindi, non è sorprendente che persino disturbi mentali legati allo sviluppo neurologico come la depressione, l’ansia, l’autismo ed anche patologie come il Parkinson possano essere associati ad una disbiosi del microbiota intestinale”.

 

È vero che il microbiota intestinale è responsabile dell’aumento o diminuzione di peso di una persona?

“E’ noto che un microbiota intestinale alterato sia il fattore scatenante primario per l’obesità. Una spiegazione di questo è che il microbiota intestinale di soggetti obesi contiene specie batteriche che sono in grado di digerire fibre alimentari, così che il soggetto possa recuperare più calorie dalla dieta rispetto ad una persona di peso normale”.

 

Il microbiota dei pazienti diabetici è diverso da quello delle persone sane? Modularlo consente di controllare l’assetto glicemico?

“Circa il 10% dei casi di diabete sono i casi di diabete mellito di tipo 1 o insulino-dipendente o diabete giovanile. È una patologia che si sviluppa a partire dall’infanzia o dall’adolescenza e che necessita della somministrazione giornaliera e per tutta la vita di dosi di insulina. L’utilità della possibile modulazione del microbiota nel diabete di tipo 1 attualmente necessita di approfondimenti che solo la ricerca scientifica ci potrà dare.

Il diabete mellito di tipo 2 rappresenta il 90% dei casi, si sviluppa dai 40 anni di età prevalentemente in soggetti sovrappeso o obesi. Nel caso del diabete mellito di tipo 2, che è quello più frequente, uno dei farmaci più utilizzati per controllare la glicemia è la metformina. Studi recenti hanno dimostrato che questa terapia è in grado di alterare la composizione del microbiota intestinale a vantaggio del paziente. Si sta valutando che l’uso di particolari ceppi batterici possa essere di supporto alla terapia farmacologica ipoglicemizzante”.

 

La ricerca in questo periodo sta portando avanti degli studi e tra questi si sta analizzando il microbiota intestinale negli esordi di diabete di tipo 1. Può spiegare di cosa si tratta?

“Uno dei progetti di ricerca prevede di valutare la composizione del microbiota in soggetti di diabete di tipo 1, dall’esordio della patologia e seguirli nel tempo. Questo ci permetterà di correlare la gravità dell’esordio stesso con la presenza di particolari ceppi batterici presenti a livello intestinale. Ci permetterà anche di valutare se alcune variazioni del microbiota possano alterare lo stato clinico del paziente. Dati recenti indicano che soggetti con diabete mellito di tipo 1 sono caratterizzati da uno stato infiammatorio a livello intestinale e che la flora batterica ivi residente è differente da quella di un’altra patologia a base autoimmune quale la celiachia. È quindi possibile che alcuni ceppi batterici, caratteristici del microbioma di soggetti con diabete mellito di tipo 1, possano essere importanti per modulare l’infiammazione a livello intestinale specificamente per quella patologia e quindi avere un’influenza sullo sviluppo del diabete. Analisi del microbiota intestinale associate ad analisi della risposta immune potrebbero suggerire nuovi interventi di tipo terapeutico, atti a modulare il microbiota intestinale e la risposta autoimmune, allo scopo di rallentare la progressione del diabete di tipo 1 o a moderarne gli effetti metabolici. Volevo ringraziare i colleghi che collaborano a queste ricerche ed in particolare: Dott. Giuseppe D’Annunzio, Dott.ssa Elisabetta Ugolotti, Dott.ssa Eddi Di Marco e Cinzia Gatti”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tags: Diabete, dott. roberto biassoni, intestino, microbiota, ricerca
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