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L’interruzione di gravidanza in un’ottica generazionale: dal 1978 ad oggi. L’e-book pubblicato dall’Istat
Mentre prosegue la campagna europea “My Voice, My Choice” per un aborto libero, sicuro e gratuito per tutte le donne, indipendentemente dal Paese di provenienza o dalle condizioni in cui ci si trova, sul portale dell’Inps, l’Istituto nazionale di previdenza sociale, da giovedì 29 agosto è disponibile la pubblicazione intitolata “L’interruzione di gravidanza in un’ottica generazionale”, tema quanto mai attuale. L’e-book illustra il ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza dalla sua legalizzazione, a seguito dell’introduzione della legge 22 maggio 1978, n. 194, a oggi.
Il contesto. In Italia, da oltre quarant’anni, l’aborto volontario è stato legalizzato mediante la legge 22 maggio 1978, n. 194, che ne ha anche disciplinato le modalità di accesso. L’Indagine sulle Interruzioni Volontarie di Gravidanza (IVG) è stata avviata nel 1979 dopo l’entrata in vigore della stessa legge e viene condotta dall’Istat d’intesa con le Regioni, il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità. Di fatto rappresenta uno strumento imprescindibile per la conoscenza e la prevenzione dell’IVG ed è una delle più dettagliate a livello internazionale: raccoglie informazioni socio-demografiche sulla donna, sulla gravidanza e informazioni tecniche sull’intervento. Tali informazioni vengono pubblicate sia dall’Istat, tramite i propri canali di diffusione, sia dal Ministero della Salute con l’annuale “Relazione del Ministro della Salute sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza”.
La legge 194 del 1978. Fino al 1978 l’interruzione volontaria di gravidanza era a tutti gli effetti un reato. Questa legge consente di intervenire entro i primi novanta giorni nei casi in cui “la donna accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito” (L. 194/1978, art. 4). Dopo i primi novanta giorni può essere praticata: quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna; quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna”.
I dati. I risultati evidenziano che il tasso di abortività volontaria è diminuito nel corso del tempo tra tutte le donne, indipendentemente dall’età e dalle altre caratteristiche socio-demografiche (cittadinanza, livello di istruzione, eccetera). La disponibilità di dati copre un lasso di tempo di oltre quaranta anni e ha consentito un’analisi per generazione, che ha il vantaggio di mostrare le tendenze di fondo del fenomeno oggetto di studio tenendo sotto controllo le distorsioni indotte dagli eventi congiunturali.
Sempre in un’ottica generazionale la pubblicazione dell’Istat lavoro fa riferimento ai cambiamenti sociali, demografici e culturali che hanno attraversato il Paese nei decenni successivi alla legalizzazione dell’aborto e che hanno avuto un inevitabile impatto sulle scelte sessuali e riproduttive delle donne.
Di recente inoltre il Ministero della Salute ha condiviso con il Parlamento la relazione annuale sull’attuazione della legge 194/1998, in materia di tutela sociale della maternità e interruzione volontaria di gravidanza, in riferimento ai dati raccolti nell’anno 2021. Nel corso dello stesso anno il numero complessivo di interruzioni volontarie di gravidanza è di 63.653 (-4,2% rispetto all’anno precedente), a conferma di quanto emerge dall’e-book. Il tasso di abortività è di 5,3 per 1.000 (-2,2% rispetto al 2020), e il rapporto di abortività è pari a 159,0 per 1.000 (-4,1% rispetto al 2020). Rispetto al numero di nati vivi (400.249 nel 2021), le IVG sono state il 15,9% delle nascite.
Il tasso di abortività più elevato si registra tra le donne che hanno un’età compresa tra i 25 e i 34 anni, ma il numero di interruzioni effettuate ha subìto un decremento in tutte le classi di età, ad eccezione della fascia di donne con età inferiore ai 20 anni. Fra le minorenni il tasso di abortività è 2,1 per 1.000 (nel 2020 era 1,9 per 1.000), e il numero totale delle IVG (1.707) è pari al 2,7% del totale, parametri per la prima volta in aumento dal 2011, momento dal quale la tendenza era sempre stata in diminuzione.