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L’ ipertensione: cos’è e perché non va trascurata?
La pressione arteriosa è la forza esercitata dal sangue contro la parete delle arterie. Ad ogni battito del cuore, il sangue esce dal ventricolo sinistro attraverso la valvola aortica, passa nell’aorta, per diffondersi poi a tutte le arterie. Quando il cuore si contrae e il sangue passa nelle arterie, si registra la pressione arteriosa più alta, ‘sistolica’ o ‘massima’; tra un battito e l’altro, il cuore si riempie di sangue e all’interno delle arterie si registra la pressione arteriosa più bassa, detta ‘diastolica’ o ‘minima’.
La misurazione della pressione si registra a livello periferico, usualmente dal braccio e viene indicata da due numeri che indicano la pressione arteriosa sistolica e la diastolica, misurate in millimetri di mercurio (es. 120/80 mmHg).
Secondo la classificazione del JNC 7 (Joint National Committee on Prevention, Detection, Evaluation and Treatment of High Blood Pressure) si considera ‘normale’ una pressione sistolica inferiore a 120 mmHg e una pressione diastolica inferiore a 80 mmHg. Si parla di ipertensione quando i valori di sistolica e/o di diastolica superano i 140 (per la massima) o i 90 (per la minima).
Le stime dicono che 15 milioni di italiani soffrono di ipertensione, ma solamente la metà ne è consapevole. Tenere sotto controllo la pressione, e mantenerla nei livelli raccomandati, è invece fondamentale, perché l’ipertensione rappresenta il fattore di rischio più importante per l’ictus, per le malattie legate all’invecchiamento (disturbi della memoria, disabilità), ma anche per l’infarto del miocardio, gli aneurismi, le arteriopatie periferiche, l’insufficienza renale cronica, la retinopatia.
Per saperne di più, abbiamo fatto qualche domanda al dott. Roberto Manopulo, Responsabile Servizio di Cardiologia, Ospedale Privato Accreditato Villa Maria di Rimini.
Quali sono le cause di ipertensione?
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, definisce l’ipertensione arteriosa il più frequente disordine cardiovascolare, presente in circa il 20% della popolazione adulta di molti paesi. In Italia, il Progetto RIFLE (Risk Factors and Life Expectancy), in oltre 70.000 individui esaminati, con età compresa tra 20 e 69 anni, distribuiti in 13 regioni, ha evidenziato una percentuale di ipertesi variabile dal 21,3 al 25,7%.
Il fenomeno assume addirittura caratteristiche eclatanti con l’avanzare dell’età. Secondo dati epidemiologici statunitensi del Fourth National Health and Nutrition Examination Survey, più della metà degli ultrasessantacinquenni ed il 75% degli ultrasettantacinquenni americani sono ipertesi. I dati relativi alla popolazione anziana italiana, pur percentualmente leggermente inferiori, sono sostanzialmente sovrapponibili per caratteristiche intrinseche e per l’occorrenza di eventi avversi cardiovascolari che è molto elevata.
Nell’ipertensione arteriosa cosiddetta essenziale o primaria, che rappresenta circa il 95% dei casi, non esiste una causa precisa, identificabile, essendo coinvolti più meccanismi regolatori, coinvolgenti il sistema nervoso autonomo e la funzione renale.
Nel restante 5% dei soggetti invece, l’ipertensione è la conseguenza di anomalie congenite od acquisite, che interessano i reni (stenosi di una arteria renale), i surreni (iperfunzione ghiandolare), i vasi (coartazione aortica). In questi casi, l’individuazione e la rimozione delle cause, può accompagnarsi alla normalizzazione dei valori pressori.
L’aumento della pressione arteriosa può anche dipendere dall’uso ed abuso di alcune sostanze tra cui, per esempio, la liquirizia, gli spray nasali, il cortisone, la pillola anticoncezionale, la cocaina e le amfetamine. Sospendendone l’assunzione, i valori pressori tornano alla normalità.
Esiste una predisposizione?
Si, la presenza in famiglia di soggetti ipertesi rappresenta certamente una predisposizione importante. Vi sono poi condizioni che possono favorire l’ipertensione, come l’avanzare dell’età (invecchiamento vascolare, cioè l’arteriosclerosi), il sovrappeso e l’obesità, il fumo, l’abuso alcoolico, lo stress, una dieta ricca di sodio e povera di potassio, la sedentarietà.
È possibile prevenirla?
Una dieta povera di sale, l’attività fisica moderata e costante (30 minuti al giorno di camminata veloce o di cyclette), il controllo del peso corporeo (la perdita di peso, in caso di sovrappeso/obesità), l’astensione dal fumo di sigaretta, un consumo controllato di alcoolici, sono tutti atteggiamenti raccomandabili per mantenere un buon controllo pressorio. Tali misure, nelle forme lievi di ipertensione, possono rappresentare da sole un trattamento non farmacologico efficace, a meno che non vi siano altri fattori di rischio importanti associati, come il diabete mellito e l’ipercolesterolemia.
Come si può riconoscere? Quali sono i sintomi dell’ipertensione?
I valori pressori normali per la popolazione adulta sono compresi entro i 140/85 mmHg, pertanto, si parla di ipertensione quando uno od entrambi siano costantemente superiori.
Non esistono sintomi specifici, essendo questi attribuibili anche a molte altre condizioni, ma i più frequenti sono cefalea, sensazione di stordimento, vertigini, ronzii nelle orecchie, alterazioni della vista (annebbiamento o presenza di puntini luminosi davanti agli occhi), perdite di sangue dal naso (epistassi).
La scarsità dei sintomi e la loro aspecificità sono il motivo principale per cui spesso il paziente non si accorge di avere la pressione alta. Per questo il solo modo per fare diagnosi di ipertensione arteriosa è quello di sottoporsi periodicamente a misurazioni pressorie. Una individuazione precoce consente di prevenire malattie cardiovascolari invalidanti e spesso mortali. Nei soggetti anziani l’aumento dei valori pressori riguarda specificatamente quelli sistolici, in quanto secondario ad un incremento della rigidità vasale conseguente al processo di invecchiamento delle arterie.
Quali possono essere le conseguenze di una ipertensione trascurata?
In primo luogo l’ictus cerebrale, poi l’infarto miocardico, l’insufficienza renale progressiva e la retinopatia che può anche provocare una perdita del visus. In generale l’ipertensione costituisce un fattore fondamentale nella determinazione del processo arterio ed aterosclerotico.
Quali esami sono importanti per tenere sotto controllo l’ipertensione?
È necessario monitorare l’assetto glicolipidico e la funzione renale, oltre che sottoporsi periodicamente a controlli strumentali come ECG a riposo e da sforzo, ecocardiogramma, ecodoppler dei vasi del collo, per individuare precocemente possibili evoluzioni del danno vascolare. La strategia potrà essere diversa a seconda della presenza o meno di altri fattori di rischio associati.
Oltre a modificare lo stile di vita, per abbassare la pressione bisogna ricorrere comunque ai farmaci?
Nelle forme lievi, la modifica di stili di vita errati ed il rispetto di una dieta iposodica, può essere sufficiente, ma in molti casi è indispensabile un trattamento farmacologico. Per fortuna al riguardo l’armamentario terapeutico è molto ricco e variegato e la scelta del farmaco verrà fatta dal medico sulla scorta della storia clinica del paziente e della presenza di altre patologie associate. Stabilire l’efficacia di un farmaco può richiedere un po’ di tempo ed alle volte è necessario associarne più di uno, anche 4 o 5, tutti con meccanismi di azione diversi, in grado di realizzare un potenziamento reciproco. Può anche succedere che dopo anni di terapia, un paziente richieda l’aggiunta od il cambio di un farmaco; non è colpa dell’antiipertensivo che perde efficacia, ma è l’effetto della pressione arteriosa, che con gli anni cambia.