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L’Irlanda sempre più green annuncia: mai più investimenti nei combustibili fossili
L’Irlanda chiude i rubinetti al petrolio, o quasi. Epocale e storica è stata definita la scelta del Paese che in queste settimane ha votato con 90 voti a favore e 53 contro una legge che porterebbe alla riduzione dei fondi pubblici diretti a petrolio, carbone e gas naturale. Se passerà il test della commissione finanziaria, il provvedimento potrebbe entrare in vigore già in estate o nel prossimo autunno. Il Fossil Fuel Divestment Bill, proposto dal ministro Thomas Pringle, agirà sul fondo strategico del Paese, denominato Ireland Strategic Investment Fund (ISIF), che ammonta a circa 8 miliardi di euro, e potrebbe non essere più messo a disposizione per tutte quelle compagnie che si occupano di combustibili fossili.
“Lobby e politici che continuano a negare l’esistenza del cambiamento climatico e che continuano a manipolare i dati scientifici non sono più tollerabili. Non possiamo accettare le loro azioni nei confronti di milioni di povere persone che vivono in zone sottosviluppate del pianeta e che devono fronteggiare gli effetti negativi del cambiamento climatico, attraverso carestie, migrazioni di massa e disordini sociali”, ha spiegato Pringle specificando che se il provvedimento diventerà esecutivo gli investimenti dell’Ireland Strategic Investment Fund saranno dirottati con ogni probabilità verso compagnie che operano nel settore green.
La scelta dell’Irlanda richiama alle menti l’esperienza della Norvegia che nel 2015 aveva annunciato che presto avrebbe abbandonato tutti gli investimenti nel carbone del suo fondo sovrano che – si specifica – al momento è il più grande del mondo e vale complessivamente 900 miliardi di dollari. Di fatto, il governo di Oslo si è limitato a spostare gli investimenti dalle compagnie minerarie ai produttori di energia elettrica.
Tuttavia, con questa decisione, l’Irlanda intende dimostrare la propria determinazione a tener fede agli impegni presi con l’Accordo di Parigi. A tal riguardo, l’organizzazione Fossil Free Europe ha parlato di “un momento importante nella storia del movimento per disinvestire dai combustibili fossili”. A quattro mesi dall’entrata in vigore di quanto stabilito a Parigi il 12 dicembre 2015 da 197 Stati nel corso della XXI Conferenza sul clima o Cop21, l’Irlanda sarebbe dunque il primo Paese a mantenere la promessa comune riducendo così le emissioni di gas serra e adottando una strategia di adattamento ai cambiamenti climatici.
Nel maggio 2012 il governo irlandese ha reso pubblica la propria strategia 2012-2020 per le energie rinnovabili, che delinea gli obiettivi strategici e le 36 azioni specifiche finalizzate a massimizzare il potenziale economico delle energie rinnovabili. Le linee guida irlandesi sono sintetizzabili in alcuni propositi strategici che rappresentano la chiave della sfida energetica fino al 2020: innanzitutto, il Paese intende aumentare gradualmente l’elettricità rinnovabile proveniente dall’energia eolica per il mercato interno e per l’esportazione. Inoltre, per il governo è necessaria l’organizzazione di un settore della bioenergia sostenibile che sia di supporto al riscaldamento rinnovabile, al trasporto e alla generazione di energia elettrica. Tra gli obiettivi vi è anche la promozione della ricerca e lo sviluppo di tecnologie rinnovabili, e l’accrescere dell’uso dell’energia sostenibile nel settore dei trasporti attraverso i biocarburanti e l’elettrificazione. Infine, tutto questo sarebbe possibile solo se si sviluppare un sistema energetico intelligente, robusto ed economico.
Secondo le previsioni del piano, l’Irlanda – che produce oggi 7 GW di energia elettrica all’anno – potrebbe produrre entro il 2020 metà della sua elettricità grazie a vento, mare ed energia solare, e tutti quei cittadini che non parteciperanno al piano green del Paese saranno tassati con severità. Ad esempio, se un cittadino irlandese acquisterà un veicolo verrà tassato rispetto al grado di inquinamento prodotto dallo stesso, inoltre chi non parteciperà alla raccolta differenziata verrà maggiormente tassato. L’Irlanda, secondo quanto ritengono gli esperti, con queste precauzioni e cercando di mantenere le promesse fatte in occasione dell’Accordo di Parigi potrebbe essere “l’Arabia Saudita delle energie rinnovabili” ponendosi così alla guida di un’Europa che non solo lavora per la cura della propria terra ma la custodisce in termini di “casa comune”.