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Il made in Italy sotto il mirino dell’Onu: “Grassi e sale nuocciono gravemente alla salute”
Prosciutto, parmigiano, pizza, olio extravergine di oliva, vino, sono prodotti alimentari che da sempre contraddistinguono il nostro Paese nelle tavole internazionali e che oggi potrebbero finire nel mirino dell’ONU nella lotta contro i grassi saturi, sale, zuccheri ed essere contrassegnati come prodotti poco sani, paragonati addirittura alle sigarette.
L’obiettivo è quello di ridurre di un terzo entro il 2030 i morti per diabete, malattie cardiovascolari e cancro.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite e l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel portare avanti la battaglia contro i grassi saturi, pur riconoscendo il valore della Dieta Mediterranea come la migliore – ricordiamo che è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità – hanno intenzione di mettere nel mirino gran parte degli alimenti che ne fanno parte, quali appunto il Parmigiano, il prosciutto e l’olio extravergine.
E’ quanto è emerso da un report del giugno scorso del “Time To Deliver”
redatto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che potrebbe introdurre sistemi di etichettatura simili a quelli utilizzati in Francia e Gran Bretagna, sugli alimenti che contengono zuccheri, sale e grassi saturi.
Nel report, l’OMS ha presentato una serie di possibili raccomandazioni ai Paesi per ridurre l’impatto negativo di questi cibi e migliorare la regolamentazione, fra le quali però non veniva menzionata una maggiore tassazione, ad eccezione di quella sull’alcol e tabacchi, come invece era accaduto con una precedente proposta riguardo alle bibite dolci e gassate.
Nel documento, in cui si faceva riferimento alla riduzione del sale anche tramite la fissazione di livelli nei prodotti alimentari e tramite campagne di informazione sui media, non erano esplicitamente menzionati alcuni prodotti del Made in Italy ma, secondo Il Sole 24 ore, potrebbero finire nel mirino dell’Oms anche eccellenze del paniere agroalimentare italiano. La notizia ha scatenato una serie di polemiche. Pronta la risposta della Coldiretti, che ha definito l’atteggiamento dell’ONU “schizofrenico” e ha aggiunto che si tratta di “una posizione priva di solide basi scientifiche che va contro gli stessi principi della dieta mediterranea fondata principalmente su pane, pasta, frutta, verdura, carne, olio extravergine e il tradizionale bicchiere di vino consumati a tavola in pasti regolari, che ha consentito agli italiani di conquistare valori record nella longevità a livello mondiale, con una speranza di vita di 82,8 anni (85 per le donne e 80,6 per gli uomini). In questo modo – ricorda Coldiretti – si mette in pericolo non solo la salute dei cittadini italiani ed europei, ma anche un sistema produttivo di qualità che si è affermato pure grazie ai riconoscimenti dell’Unione Europea. In gioco per l’Italia c’è la leadership in Europa nelle produzioni di qualità, con 293 riconoscimenti di prodotti a denominazione (Dop/Igp)”.
C’è davvero il rischio che alcuni prodotti italiani vengono messi al bando? In che modo è possibile aumentare la consapevolezza alimentare?
Health Online l’ha chiesto a Filippo Biamonte, Dottore di Ricerca Biologo nutrizionista del network Health Point (centri di servizi di telemedicina).
Dott. Biamonte, cosa ne pensa? L’azione dell’Onu è quella di limitare i cibi che contengono grassi saturi, zucchero e sale. Si corre davvero il rischio che alcuni prodotti Made in Italy possano essere classificati dall’OMS come poco sani?
“L’argomento lotta contro i grassi saturi, zuccheri e sale è ad oggi di grande interesse, poiché ormai è noto il loro ruolo determinate nelle diverse patologie a carico dell’organismo umano. Non vedo grandi preoccupazioni o pericoli circa i prodotti con marchio mediterraneo o made in Italy, poiché tali alimenti anche se definiti ‘sotto accusa’ dall’ONU, quando contestualizzati ad un regime alimentare equilibrato non sono affatto pericolosi, anzi tutt’altro. Ricordo in breve che per regime alimentare equilibrato si intende un consumo giornaliero del 50-55 % di Glucidi, 25-30% Protidi e 25-30 % Lipidi. Perciò il concetto di poco sano lo tradurrei in un attenta valutazione delle quantità.
Inoltre, aggiungo, secondo il parere dell’autorevole rivista Lancet e come già ha specificato nella domanda, il nostro paese occupa il terzo posto per aspettativa di vita. Tale risultato correla al fatto che, rispetto ad altri paesi, la maggior parte della popolazione ha accesso a prodotti ‘sani e freschi’, indipendentemente dal reddito”.
I grassi saturi da sempre sono sul banco degli imputati perché sono ritenuti i principali responsabili dell’insorgenza di malattie cardiovascolari oltre che causa primaria di sovrappeso e obesità. Quali sono? E qual è la differenza tra grassi saturi e insaturi?
“Gli acidi grassi appartenenti alla famiglia dei lipidi vengono distinti in grassi saturi, presenti prevalentemente nei grassi di origine animale quali ad esempio burro, lardo, strutto, e grassi insaturi o polinsaturi, contenuti soprattutto negli alimenti di origine vegetale, quali olio di oliva, di soia o di girasole.
La differenza tra grassi saturi e grassi insaturi è nella loro struttura chimica, ciò che deve essere chiaro, è che i grassi insaturi per loro intrinseca struttura presentano un grado di fluidità migliore rispetto ai grassi saturi, quest’ultimi sono spesso causa di patologie cardio-vascolari”.
Da qualche anno però c’è stata una rivalutazione dei grassi saturi, se inseriti in una dieta sana perché, secondo gli esperti e come confermato da una rassegna di studi pubblicata sul British Medical Journal, danno energia ed inoltre possono migliorare la funzione cognitiva e il metabolismo.
Anche una dieta a basso contenuto di grassi può quindi far male al nostro organismo, come un’alimentazione ricca di grassi.
Dott. Biamonte, cosa ne pensa? Come dobbiamo comportarci?
“E’ noto il ruolo cardioprotettivo e neuroprotettivo dei grassi polinsaturi (Omega-6; Omega-3) presenti in carni bianche magre, pesce, oli vegetali crudi, olio di pesce (Omega-3); quest’ultimo da recenti studi, oltre ad aumentare il colesterolo ‘buono’ ed abbassare i livelli di trigliceridi nel sangue è ritenuto anche un potente antinfiammatorio.
Studi recenti inoltre hanno osservato che la regolazione del microbiota intestinale è fortemente influenzata dall’apporto di grassi nella dieta, introduzioni errate di tali composti sono la principale causa di alterazione del microbiota intestinale, che se non trattata negli anni porta a patologie anche gravi. Il punto chiave è dunque ‘la ratio’ saturi/insaturi, base solida in una dieta equilibrata, aggiungo di primaria importanza per molte funzioni cellulari, quali ad esempio la formazione di membrane cellulari, e nel processo di mielinizzazione del sistema nervoso centrale, oltre che per la conservazione delle scorte energetiche stesse.
Non bisogna mettere le due categorie di grassi ‘l’un contro l’altro armato’ ma è importante tenere presente, nonché dosare bene, il rapporto grassi saturi/insaturi. In un piano alimentare equilibrato, la percentuale di lipidi ovvero di grassi come già detto, è del 25-30% i quali dovranno essere ripartiti in 50 % monoinsaturi, 25% polinsaturi, 25% saturi.
Al fine di dosare le giuste quantità giornaliere, ricordiamoci che il rapporto saturi/insaturi ad esempio è di circa 2:1 nei formaggi, scende a 0.7:1 nelle carni e intorno a 0.1-0.3:1 nel pesce e negli oli vegetali”.
I grassi non sono tutti uguali. Quali sono quelli da eliminare e quali invece possiamo mantenere sulla nostra tavola? E qual è la quantità consigliata che serve ogni giorno per poter ottenere un effetto benefico senza rischio per la salute?
“Tenendo in considerazione la categoria dei lipidi, ai quali appartengono i temuti grassi saturi, ricordo che da linee guida non dovrebbero superare il 7-10% delle calorie giornaliere; limitando ad esempio il consumo di carni grasse, insaccati, fritture, burro, strutto, margarine, grassi idrogenati, latte intero, panna, formaggi grassi.
Circa la quantità da assumere è sempre da personalizzare e contestualizzare con l’aiuto di un Nutrizionista o Medico Specialista del settore, in funzione innanzitutto dello stato fisio-patologico del paziente, dello stato nutrizionale generale, ovvero della composizione corporea o massa grassa/muscolare, che solo lo specialista può misurare.
In un piano alimentare di tipo mediterraneo ed equilibrato di circa 1800 kcal, in un soggetto sano, e con normale attività fisica, a solo titolo di esempio, 60 gr/die di grassi potrebbero essere una quantità giusta. Ma ripeto, il tutto va valutato da professionisti del settore evitando di affidarsi a chi purtroppo abusa di questo non facile settore bio-medico”.
Niente demonizzazione. E’ importante la qualità oltre che la quantità dei diversi grassi. Per mangiare sano quindi non bisogna eliminarli tutti, è così?
“Esaltare o demonizzare nel campo scientifico non hanno la stessa valenza che assumono in altri contesti, ad esempio è proprio di questi giorni un lavoro scientifico svolto presso la University School of Medicine di Atlanta, dove gli autori hanno rivalutato il ruolo del così detto colesterolo buono ‘HDL’. Dallo studio si è evidenziato che alti livelli di HDL, esaltati per anni, non sono protettivi ma aumentano il rischio di stroke cardiaco o decesso per cause cardiovascolari. Addirittura, quando vengono superati i 60 mg/dl di sangue il pericolo di eventi ischemici o decessi raddoppia.
Ovviamente come già specificato, la categoria dei grassi non va affatto demonizzata, si tratta semplicemente, a mio avviso , di equilibrare il sistema, di assumere i giusti rapporti o non allontanarsi da questo equilibrio tra ‘l’esaltare e il demonizzare’. A tal proposito, quando si parla di grassi vale a dire di grassi buoni o polinsaturi, un ruolo pilota lo svolge l’olio extra vergine di oliva, che non a caso è il prodotto più contraffatto.
L’olio Italiano, in particolare olio del bacino mediterraneo, quando estratto a freddo è fonte di moltissime sostanze nutritive nobili: ricordo che 100 gr di olio extravergine apportano intorno alle 800 cal. e contengono circa 14 gr di acidi grassi saturi, 12 grammi di acidi grassi polinsaturi e 74 grammi di acidi grassi monoinsaturi, oltre a piccole quantità di Sodio, Potassio, Calcio, Ferro e Vitamina E.
E’ chiaro che fa bene ma a dosi ridotte dato l’alto apporto calorico, ad esempio 4-6 cucchiaini al giorno!”.
Nel mirino dell’Onu c’è anche l’olio, ma l’olio extravergine d’oliva, tra tutti gli oli vegetali non è quello più equilibrato e che ha una serie di funzioni favorevoli per il benessere dell’organismo?
“Uno dei ricordi della mia infanzia, forse perché i profumi rimangono ben stampati’ nella circuiteria neuronale del sistema limbico, è il profumo del frantoio del mio piccolo paese (Torano Castello, Cosenza), piccolo centro del sud Italia, nonché dell’area mediterranea. Tra l’altro, ricordo bene che la produzione dell’olio extravergine di oliva all’epoca era un bene più pregiato della lira stessa, poichè il lavoro della spremitura veniva ben pagato con una sorta di baratto tra il contadino che portava le olive, ed il gestore dei locali del frantoio, ivi quest’ultimo non veniva pagato in lire ma ‘a litri d’ olio’.
Episodi ormai scomparsi di piccole realtà del bacino mediterraneo; realtà che di sicuro non sono una fonte autorevole come l’ONU, tuttavia rappresentano insieme ad altre popolazioni del bacino meridionale Europeo, il luogo di nascita della Dieta Mediterranea.
Sono proprio queste popolazioni, queste piccole realtà rurali, che hanno dato le basi al modello alimentare ad oggi notoriamente più equilibrato e sano. Non dimentichiamo, nel 2010, tale stile alimentare o dieta Mediterranea, nato nei contesti su descritti, è stato identificato dall’ UNESCO come bene protetto ed inserito nei patrimoni immateriali dell’umanità.
La fonte principale di lipidi, o se vogliamo uno dei pilastri sui cui nasce il regime alimentare Mediterraneo è proprio il corretto utilizzo dell’ olio extravergine di oliva, composto principalmente da grassi monoinsaturi, da una piccola percentuale di grassi saturi, da omega-3 e omega-6.
Tale rapporto nell’olio di palma o nell’olio di cocco è totalmente stravolto a favore dei grassi saturi, che come precedentemente spiegato vanno assunti con moderazione.
Inoltre l’olio extravergine di oliva è fonte di vitamine liposolubili A ed E, di Ferro, e di oligoelementi quali Selenio, Rame e Zinco.
I preziosi elementi contenuti nell’olio extravergine di oliva e che madre natura ci offre, una dieta sana ed equilibrata ed un corretto stile di vita sono pronti in maniera sinergica ad agire con un effetto protettivo nei diversi pathways molecolari coinvolti ad esempio in patologie cardiovascolari, nello stress ossidativo e nella prevenzione di neoplasie”.
Il sale invece spesso si nasconde in alcuni alimenti, qual è la dose giornaliera che dovremmo consumare?
“Domanda che spesso in sede di pianificazione di un piano alimentare fanno i pazienti, ed alla quale rispondo in maniera secca invitando ad evitare il consumo del NaCl (cloruro di sodio o sale da cucina) poiché lo stesso è già contenuto in quasi tutti gli alimenti di origine animale e vegetale. Facendo così trasparire, ad esempio, che ulteriori aggiunte in realtà sono un surplus spesso pericoloso in soggetti ipertesi, o in soggetti ad esempio con mutazioni genetiche (gene ACE) che aumentano la sensibilità al sale. Tra l’altro lo studio di tale mutazione fa parte dei test di nutrigenetica messi a disposizione negli Health Point”.
Per quanto riguarda gli zuccheri?
“Circa i glucidi ai quali appartengono gli zuccheri il discorso è completamente diverso, sono composti ricordiamo altamente energetici, e in una società ormai di tipo non rurale o sedentaria come la nostra vanno sicuramente ridotti. A tal proposito si intuisce quando sia importante associare una corretta attività fisica ad un piano alimentare equilibrato al fine di garantire un corretto consumo soprattutto di glucidi, ricordando che con l’assunzione di zuccheri a livelli inferiori al 10% del consumo totale di energia è possibile ridurre il rischio di sovrappeso, obesità, i quali sono spesso anche l’anticamera del Diabete non insulino-dipendente”.
Le Nazioni Unite hanno rassicurato che non ci sarà nessun bollino nero, ma l’obiettivo è quello di promuovere la consapevolezza alimentare. Quanto è importante che un prodotto abbia un’etichetta chiara che consenta al consumatore di capire la sua composizione?
Aumentare la consapevolezza alimentare è possibile solo grazie ad una migliore educazione alimentare?
“L’importanza che un alimento abbia un’etichetta chiara che consenta al consumatore di capire la sua composizione e la sua provenienza è fondamentale. La presenza di eventuali allergeni presenti nel prodotto, il paese e luogo di provenienza, le date di produzione e scadenza, l’indicazione del lotto, il codice di eventuali conservanti, e la tabella con i valori nutrizionali non devono mai sfuggire al consumatore.
Tutte queste informazioni ormai sono o stanno per essere riportate su ogni prodotto alimentare, ma in quanti sono in grado di leggerle?
Ad esempio se qui indicassi la sigla di tracciabilità che compare sul guscio delle uova: 3IT001VR036, a quanti è chiara?
Sono sicuro che la percentuale di consumatori alla quale non è nota la sigla è molto alta.
Proviamo qui a chiarire: il primo numero. cioè il 3, indica il tipo di allevamento delle galline, in questo caso allevate in gabbia, IT il paese, in questo caso l’ Italia, 001 è il codice Istat del Comune di allevamento, VR la provincia di appartenenza, 036 è il codice allevamento di deposizione. Esiste un ulteriore classificazione in A B C, la scritta “Categoria A” indica semplicemente che si tratta di uova da vendere al pubblico e non per uso industriale. Queste informazioni insieme alle nozioni di una dieta varia ed equilibrata dovrebbero essere introdotte a partire già dalle scuole primarie o nel ciclo della scuola dell’obbligo. E’ ora che il nostro ministero dell’Istruzione pensi ad introdurre Educazione Alimentare/Scienze dell’alimentazione già nelle primissime fasi della scolarizzazione, altrimenti c’è chi da un lato si sforza ed investe al fine di rendere sempre più sicuri e tracciabili i nostri prodotti, e chi dall’altro lato non recepisce il messaggio”.
Nicoletta Mele
Laureata in scienze politiche. Dal 2001 iscritta all’ Ordine Nazionale dei Giornalisti. Ha collaborato con testate giornalistiche e uffici stampa. Dopo aver conseguito il master in “ Gestione e marketing di imprese in Tv digitale”, ha lavorato per 12 anni in Rai, occupandosi di programmi di servizio e intrattenimento. Dal 2017 è Direttore Responsabile di Health Online, periodico di informazione sulla sanità integrativa.