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McDonald’s: quali i rischi della cucina dei fritti
Tra porpore e sacri palazzi spunta a Borgo Pio, il quartiere che sorge a ridosso delle mura vaticane, un nuovo grande e curiosissimo McDonald’s che se da un lato attira la curiosità di molti – turisti e non – dall’altro ha provocato l’indignazione degli abitanti del borgo e dei commercianti che si vedono schiacciati dai ritmi incalzanti del fast food più noto al mondo. Aperto negli ultimi giorni del 2016, i lavori erano iniziati in pieno Giubileo, il McDonald’s “papalino” è il 45esimo che si aggiudica la Capitale che conta già diversi punti vendita in pieno centro storico essendo un ottimo punto di ritrovo e rifornimento per gruppi di pellegrini e masse di turisti che preferiscono un pranzo take away al classico ristorantino trasteverino.
Tuttavia, la nuova sede che sorge tra via del Mascherino e Borgo Pio conta la bellezza di 600 metri quadrati su due livelli, di proprietà dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. Il costo dell’affitto è pari a 30mila euro al mese e il personale è composto da 45 dipendenti assunti tutti con un contratto a tempo indeterminato. I’m lovin’it! Ma come fa il colosso dei fast food di tutto il mondo a sostenere costi così alti e a mettere in ginocchio persino il Vaticano che ha ceduto i locali di sua proprietà senza battere ciglio?
Beh, innanzitutto c’è da dire che Mc Donald’s oggi non solo è un marchio che rassicura ma è anche un faro che illumina e che “ritrova casa”. Giunti in una città estranea i turisti si dirigono senza esitazione tra i banchi del Mc, tanto per la colazione quanto per un pranzo veloce e conveniente, proprio perché sono certi di ritrovare lì gli stessi sapori che troverebbero nei propri Paesi. Inizialmente sembrerebbe quasi una contraddizione ma è così da quando dal semplice chioschetto di hamburger aperto nel 1940 i fratelli Richard e Maurice McDonald diedero vita alla McDonald’s Systems, Inc., poi ribattezzata McDonald’s Corporation. Dall’intuito dei fratelli irlandesi fortemente sostenuto e commercializzato dal lungimirante Ray Kroc nel 1957 è nata la filosofia del Mc Donald’s divenuta poi nei decenni l’emblema della globalizzazione, alcune volte definita come la “McDonaldizzazione” della società (sono presenti addirittura negli ospedali). La rivista The Economist usa l’indice Big Mac: la comparazione tra i prezzi del Big Mac in vari paesi può essere presa a riferimento per calcolare in maniera informale il potere d’acquisto. Dato che McDonald’s è strettamente associata con la cultura e lo stile di vita degli Stati Uniti, la sua espansione internazionale è stata definita parte dell’americanizzazione e dell’imperialismo culturale statunitense.
All’aspetto culturale e sociale si somma quello tipicamente antropologico di cui fa parte la salute e la buona alimentazione. Precisiamo sin da subito che se si desidera seguire una certa dieta sana l’ultima cosa da considerare sono proprio le ghiottonerie dei fratelli McDonald: hamburger, patatine fritte, salse di ogni tipo, fritti misti, gelati, yogurt, pizzette, e così via dicendo. Ogni giorno sono 46 milioni le persone che entrano nel Mc per pranzare o per cenare, fin qui non c’è nulla di male, l’essenziale è che il consumatore non abusi di questo certo tipo di alimentazione che stuzzica – è vero – tutti i palati, ma a lungo andare potrebbe nuocere gravemente alla salute. Prendendo in considerazione alcuni dei prodotti più consumati in questo fast food si è accertato che quasi tutti contengono sostanze che se associate creano una vera e propria dipendenza: tutti contengono zucchero dalla semplice e innocua foglia di insalata al formaggio che troviamo nel panino multistrati. Anni fa, infatti, nel corso di un processo aperto ai danni del grande colosso americano si è scoperto che nella preparazione dei cibi tutti gli alimenti – carni comprese – sono alterati con elementi non presenti in natura e neppure in una comune cucina. Per esempio: lo sapevate che le carni che compongono i gustosissimi hamburgers sono ricavati da una lavorazione con l’ammoniaca? Fin qui, direte, nulla di nuovo, è vero, ma la cosa diventa ancora più allarmante se sommata a un dato preciso: le carni del Mc sono formate solo al 15% da manzo e per la restante parte, invece, sono composte da ammoniaca e scarti di macello potenzialmente contaminate dalle feci delle bestie macinate. Inoltre, nei 3/4 della carne macinata statunitense ci sono percentuali variabili di tendini, cartilagini e altre parti del corpo dell’animale possibilmente contaminate, considerando che solo il grasso viene totalmente rimosso con apposite operazioni di centrifuga.
Uno dei casi che ha destato non poco scalpore a livello internazionale è nato a seguito dell’esperimento fotografico realizzato dalla fotografa Sally Davies che ha comprato a Manhattan un “Happy Meal” (menù per bambini che contiene un hamburger, un cartoccio di patatine, una bevanda e un gadget), lo ha tenuto fuori dal frigorifero e lo ha immortalato ogni 24 ore per registrare la decomposizione dei prodotti. Nonostante lo scorrere del tempo, Sally non ha notato cambiamenti degni di nota né nell’odore e neppure nell’aspetto. “Le patatine – ha commentato – sono diventate leggermente striminzite ma l’aspetto complessivo del prodotto non è cambiato. A sei mesi dall’inizio dell’esperimento, il cibo appariva di plastica al tatto con una lucentezza come se fosse acrilico”. Esperimento che richiama alle menti il noto caso di David Whipple che acquistò un panino nel 1999 da Logan Mc Donalds per 79 centesimi, e che scartandolo dopo molti anni lo ha ritrovato praticamente intatto, senza alterazioni, muffe, funghi o cattivi odori. Al contrario, però, lo scontrino che era nel sacchetto dell’hamburger appariva ormai sbiadito.
Dopo tutto questo clamore, il gigante dei fast food non ha potuto continuare a tacere e a tutti coloro che googlavano “perché il cibo del McDonald’s non si decompone?”, ha risposto: “In realtà può decomporsi. Il cibo ha bisogno di umidità perché si formi la muffa. Senza, semplicemente si secca, un po’ come succede quando si lascia il pane a seccare durante la notte per usarlo come farcitura. Forse avete visto degli esperimenti che sembrano mostrare nessuna decomposizione nel nostro cibo. Molto probabilmente, questo è dovuto al fatto che il cibo si è disidratato prima che ogni visibile segno di deterioramento potesse manifestarsi”. Realtà o finzione? Ai nostri corpi l’ardua sentenza, di certo c’è solo che di “Happy” nelle cucine del colosso degli hamburger c’è davvero ben poco e che spesso i nostri amici a quattro zampe mangiano molto meglio di noi essendo il loro cibo composto da meno grassi, sali, e zuccheri di quello servito in un comune fast food sorto dietro l’angolo.