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Medici in fuga dall’Italia e carenza di specializzandi
I medici in Italia sono sempre meno. Secondo i dati della Commissione europea e del Rapporto Eurispes-Enpam, in dieci anni, dal 2005 al 2015, oltre diecimila medici (10.104) hanno lasciato l’Italia per lavorare all’estero. Tra soli sei anni, nel 2025, curarsi in ospedale sarà ancora più difficile, mancheranno infatti all’appello 16.500 specialisti. La regione da cui emigrano di più è il Veneto e il governatore Luca Zaia ha lanciato l’allarme: “Mancano 1.300 medici. Il motivo di questa situazione è una programmazione nazionale sbagliata, a partire dal numero chiuso nelle università, passando per la carenza di borse di specializzazione, il mancato utilizzo negli ospedali dei giovani specializzandi, l’assurdità di non poter trovare forme per trattenere chi va in pensione a 65 anni”.
La meta principale è la Gran Bretagna, con il 33% di scelte, seguita dalla Svizzera con il 26%. I professionisti che espatriano sono per la maggior parte ortopedici, pediatri, ginecologi, anestesisti. Massimo Tortorella, presidente di Consulcesi che, in partnership con l’Italian medical society of Great Britain (Imsogb), si occupa anche della formazione dei camici bianchi italiani nel Regno Unito ha spiegato i motivi che inducono tanti professionisti a lasciare l’Italia. “Qui l’accesso alla professione è più meritocratico, le prospettive di carriera sono migliori e le retribuzioni sono molto più alte”. E ancora: “L’Italia si impegna nella formazione di eccellenti professionisti sanitari, spendendo ingenti somme di denaro e poi regala questo patrimonio agli altri”. Decine le testimonianze che ha raccolto in questi anni tra gli expat che ora vivono in Gran Bretagna. “Mi ha colpito la storia di due italiani che oggi lavorano in un famoso ospedale londinese”, racconta Tortorella, “sono di Roma e Milano, nelle loro città erano costretti ad arrangiarsi tra lavori sottopagati e periodi di inattività. A Londra si sono conosciuti, innamorati, hanno trovato lavoro e fatto carriera”. “Dicono che non tornerebbero in Italia neppure a parità di stipendio – conclude – e davvero non mi sento di biasimarli”.
Sul tema della fuga dei medici italiani all’estero è intervenuto il ministro della Salute, Orazio Schillaci, nel corso dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Cattolica di Roma. “In 10 anni, dal 2005 al 2015, oltre 10mila medici hanno lasciato l’Italia per lavorare all’estero, un esodo di capitale umano che non possiamo più permetterci. In quest’ottica appare urgente porre i giovani al centro delle politiche di sviluppo, offrendo loro la possibilità di realizzare le proprie aspirazioni, sfatando l’idea che la nostra non è una nazione per giovani. Dobbiamo riconoscere e sostenere con adeguati finanziamenti il ruolo fondamentale che il mondo dell’università ricopre nella crescita e nello sviluppo dell’Italia”.
A preoccupare è anche la fuga dei giovani medici, quasi 6mila negli ultimi due anni, dalle scuole di specializzazione dove le specialità di Medicina d’urgenza, anestesia, patologia e biochimica clinica sono in caduta libera. Molte borse di studio bandite dal governo negli ultimi due concorsi non sono state assegnate e un’elevata percentuale di specializzandi ha abbandonato la scuola di specializzazione per scegliere un’altra specialità dove, come ha detto Segretario Nazionale Anaao Assomed Pierino Di Silverio, “l’attività privata e ambulatoriale rientra tra gli sbocchi lavorativi”. Numeri alla mano: la percentuale di mancate assegnazioni e abbandoni è stata del 18%, pari a circa 5.700 borse su 30 mila bandite in due anni. Lo rende noto un rapporto del sindacato dei medici ospedalieri Anaao-Assomed. Lombardia, Veneto e Lazio registrano le percentuali più elevate di contratti totali non assegnati e abbandonati.
Per “contratti non assegnati” – si legge nella nota – si intende un contratto che in sede concorsuale non è stato assegnato a nessun medico perché nessuno l’ha scelto. Per “contratti abbandonati” si intende un contratto che è stato assegnato ma il medico assegnatario ha riprovato il concorso l’anno successivo e ha cambiato specializzazione tramite una nuova assegnazione.
I dati dell’entità dei contratti non assegnati e/o abbandonati suddivisa per specializzazione sono significativi oltre che allarmanti. È interessante constatare che tutte le branche che sono state le più sollecitate durante la pandemia da SARS-CoV-2 presentano la maggiore entità di contratti non assegnati e abbandonati: la medicina d’emergenza-urgenza avrà 1144 specialisti in meno rispetto ai 1884 contratti stanziati (60,7%), Microbiologia 191 in meno rispetto a 244 (78,3%), Patologia Clinica e Biochimica Clinica 389 in meno rispetto a 554 (70,2%). Di contro, vi è la totale fruizione di contratti di specializzazione afferenti alla Chirurgia Plastica e Ricostruttiva, Oftalmologia, Malattie dell’Apparato Cardiovascolare.
“Il segnale giunge chiaro e forte, corroborato dai numeri: la medicina sta diventando un affare selettivo, in cui le specialità più colpite e sotto pressione durante la pandemia da Covid-19, le specialità gravate da maggiori oneri e minori onori sono in caduta libera, non hanno più appeal”, ha commentato il Segretario Nazionale Anaao Assomed Pierino Di Silverio. “Non è un problema di medici – ha specificato – ma di medici specialisti ed è un problema che avrà ripercussioni inevitabili sul futuro di un sistema di cure sempre più in crisi”.
Questa situazione rappresenta un danno alla sanità pubblica con gravi ripercussioni sul sistema. Alla luce di ciò occorre quindi un rapido ed effettivo cambiamento.