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Medici senza frontiere saluta il 2017 con 12 foto scattate a Mosul
“La guerra a Mosul sembrava aver separato per sempre i due fratelli nella foto. Ma dopo due anni, si sono riabbracciati in un centro traumatologico, dove la figlia della donna è stata curata per ferite subite a causa del conflitto. Dal 2014 5,3 milioni di iracheni sono stati costretti a lasciare le proprie case per cercare riparo dai combattimenti. Sono ancora moltissime le persone che non hanno un posto dove tornare e che non potrebbero comunque sostenersi senza l’assistenza che ricevono nei campi profughi. E la vita non è facile nemmeno per le 2,2 milioni di persone che sono riuscite a rientrare nelle loro case poiché l’accesso all’acqua potabile, all’elettricità e alle cure mediche resta ancora limitato. Le cicatrici psicologiche della guerra sono immense”.
Sembra quasi una pagina di diario, un resoconto sudato scritto nel pieno della guerra, tra i rombi assordanti dei bombardamenti e il rumore che fa la paura quando pensi di non potercela fare. Si tratta del racconto di Medici senza frontiere che saluta il 2017 con 12 foto, una per ogni mese dell’anno, che immortalano alcune delle emergenze in cui l’organizzazione è stata in prima linea per portare assistenza medica a popolazioni colpite da conflitti, epidemie, catastrofi naturali.
Per l’organizzazione internazionale privata fondata nel 1971 e presente in tutto il mondo, il ‘meglio’ di quest’anno che volge al termine sono i bambini vaccinati, le gravidanze portate a termine, le epidemie contrastate negli angoli più remoti del pianeta. Il ‘peggio’ sono gli effetti dei conflitti armati sulle persone, le vittime del mancato accesso alle cure, le sofferenze e le morti in Libia e alle porte d’Europa.
“I fotografi di Msf – si legge in una nota – hanno accompagnato ogni passo di questa azione per testimoniare le storie accadute nell’anno trascorso, il lavoro delle équipe di Msf per salvare vite, le sofferenze delle persone incontrate in 70 Paesi del mondo. Attraverso i loro scatti, Msf rende omaggio a tutti coloro che hanno lottato per la vita, a chi ce l’ha fatta, a chi purtroppo non c’è più”. Le dodici fotografie scelte raccontano gli effetti della guerra a Mosul in Iraq (Alice Martins), la crisi umanitaria nella regione del lago Ciad (Sara Creta), la condizione dei richiedenti asilo e migranti in Libia (Guillaume Binet), la guerra in Siria (Chris Huby), le conseguenze delle violenze legate alla presenza di Boko Haram in Niger e agli interventi militari per contrastarla (Juan Carlos Tomasi), la “guerra dimenticata” in Yemen (Florian Serex), l’epidemia di colera in Repubblica Democratica del Congo (Marta Soszynska), i rifugiati Rohingya in viaggio verso i campi profughi a Cox’s Bazar in Bangladesh (Moises Samam), i migranti bloccati a Como alla frontiera Italia-Svizzera (Peppe La Rosa), i servizi medici per le donne in Honduras (Christina Simons), le operazioni di ricerca e soccorso dei migranti nel Mediterraneo (Kevin Mcelvaney) e le vittime della “violenta guerra civile” in Sud Sudan (Siegfried Modola).
Nel 2017 Medici Senza Frontiere (MSF) è stata presenta a Mosul per fornire assistenza medica e chirurgica ai feriti, ai malati e ai bambini malnutriti con oltre 1600 operatori internazionali e iracheni, che hanno offerto, e continuano tuttora, assistenza medico-umanitaria in 10 governatorati. “L’offensiva iniziata a febbraio ha provocato oltre 180.000 sfollati e migliaia di feriti. Siamo impegnati allo spasimo per assistere i pazienti. Stiamo cercando di colmare la mancanza di strutture mediche a Mosul e dintorni, e di aiutare la popolazione in fuga da un conflitto estremamente violento. L’elevato numero di feriti e pazienti è una sfida costante”, aveva affermato mesi fa Loris De Filippi, presidente di MSF presente a Mosul come coordinatore dell’emergenza. Il personale di MSF all’interno e nei dintorni di Mosul ha ricevuto più di 1.800 pazienti con necessità urgente di cure salvavita negli ultimi due mesi. 1.500 di loro avevano traumi o ferite dovuti al conflitto.