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La moda dell’ICE-BUCKET ed il sostegno alla ricerca sulla SLA

7 Ottobre 2014

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La diagnosi della SLA per una persona è come una doccia gelata fatta con una secchiata in testa.

Se la secchiata ricevuta per partecipare all’Ice-Bucket è certamente gelata, è nulla al confronto rispetto a quello che si prova a toccare con mano la realtà della SLA. Una malattia terribile, blocca i muscoli, i pazienti muoiono con tutte le funzioni cognitive funzionanti ma il corpo non risponde più. La similitudine con l’acqua gelata a mio avviso è la diagnosi. Ma è una secchiata gelata con anche il secchio in testa. Inizia tutto con sintomi banali quali possono essere una penna che cade di mano oppure un braccio che si blocca, e per arrivare ad un responso sicuro ci vogliono circa sei mesi.

In questo tristissimo scenario l’Ice-Bucket non può che avere risvolti positivi. La metodica può piacere o meno, però fa conoscere il problema.

Allo stato attuale non sono molte ma sono destinate ad aumentare, le Associazioni a sostegno della SLA e dei pazienti affetti. Quest’ultime più che un sostegno economico costituiscono un sostegno morale ed un appoggio perché è molto brutto per i pazienti quando capita loro dire cos’hanno e dover oltretutto spiegare che tipo di malattia è.

In questo l’Ice-Bucket può essere di aiuto. Già, ma con tutte gli auto-gavettoni d’acqua gelata che decine di personaggi, più o meno noti hanno “postato” su Facebook, sono piovute fior di donazioni al momento ma per il futuro in realtà potrebbe non essere così.

Negli ultimi tempi con il diffondersi della malattia e conseguentemente della sua conoscenza le donazioni sono aumentate. Negli ultimi mesi soprattutto con la moda dell’Ice-Bucket, se così si può chiamarla, sono si aumentate ma quanto questo fenomeno continuerà ancora? Forse si esaurirà? Unico dato certo è che i pazienti malati rimarranno e forse saranno destinati ad aumentare.

Non esiste una cura a questa patologia, che progredisce molto velocemente, penso a una donna che conoscevo con una famiglia splendida che all’età di 56 anni, mentre programmava di godersi la pensione tanto agognata insieme al marito, le hanno diagnostica la SLA. Nel giro di un anno si è trovata costretta su di una sedia a rotelle non più autosufficiente.

C’è un farmaco che rallenta la SLA, ma non la guarisce. In Italia sono ancora pochi ma destinati ad aumentare i casi di pazienti affetti da SLA, di tutte le fasce d’età. Ovviamente vi sono forme diverse di questa terribile malattia, alcune più aggressive altre meno.

Esibizionismo, moda, vera sensibilità umana e sociale, difficile sapere che cosa c’è dietro ogni video che si vede su Facebook. Dati certi per esempio certificano che attraverso l’Ice-Bucket Challenge si è riusciti a raccogliere solo per l’AISLA 1,5 milioni di euro.

Vale la pena soffermarsi sull’AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica), la quale promuove iniziative in tutta Italia per innovare l’attenzione dell’opinione pubblica, delle autorità politiche, sanitarie e socio –assistenziali sui bisogni di cura e assistenza dei malati per giungere finalmente ad un’appropriata gestione della SLA, ad un’adeguata presa in carico dei pazienti e dei loro familiari e per raccogliere fondi di sostegno della ricerca mirata su questa malattia, al momento inguaribile ma non per questo incurabile.

Come si sa nel 2014 nessuno può esimersi dalle mode che si diffondono sui social network, nessuno si può sentire da meno. Ciò che ci si augura è che almeno il 50% di chi si getta l’acqua addosso si chieda che cosa vuol dire essere malati di SLA e che almeno un passo in più nella ricerca attraverso la diffusione possa avvenire.

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maria.cagnoni
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