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Nati prematuri: la situazione dell’assistenza in Italia
In Italia, ogni anno sono 32.000 i bimbi nati prematuri (dati Cedap 2016), cioè prima della 37 settimana. Questi bambini rappresentano una grande sfida per la neonatologia e per la società: la loro sopravvivenza è un successo che non si deve dare per scontato.
Bisogna tenere presente infatti che nascere prima del tempo, per un bambino, vuol dire adattarsi alla vita extrauterina senza tutte le necessarie competenze di maturazione per sopravvivere autonomamente.
Ci sono differenti gradi di prematurità, che possono avere ripercussioni più o meno forti sulla salute del bimbo. In questi ultimi anni, grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie e alla ricerca, sono, per fortuna, sempre più i piccoli che ce la fanno.
Tra i prematuri, i più a rischio sono quelli – circa l’1% del totale – che pesano meno di un chilo e mezzo. In Italia, il loro tasso di mortalità è tra i più bassi al mondo: 13,8% contro il 15% della media del resto del mondo. Il successo dipende in buona parte dalla struttura dove avviene il parto, perché le cure somministrate nella prima ora di vita, la cosiddetta “golden hour”, sono fondamentali: la rianimazione cardiorespiratoria, la termoregolazione, l’antibioticoterapia precoce, la nutrizione parenterale per la prevenzione o la gestione dell’ipoglicemia. Per questo è importante scegliere ospedali dotati di terapie intensive neonatali (TIN) che, nella maggioranza dei casi, possiedono anche un reparto di medicina materno-fetale. In Italia ci sono 418 punti nascita, 124 sono dotati di terapia intensiva neonatale. Gli altri ospedali contano su una rete assistenza alla nascita attrezzata per il trasporto neonatale che copre quasi completamente il territorio nazionale con 53 centri di trasporto.
Grandissima importanza ha poi il “follow up”: il piccolo prematuro ha diritto alla continuità delle cure post-ricovero, con un piano di assistenza personale esplicitato e condiviso con i genitori, che coinvolga le competenze sul territorio e che, in particolare, preveda, dopo la dimissione, l’attuazione nel tempo di un appropriato follow-up multidisciplinare, coordinato dall’équipe che lo ha accolto e curato alla nascita e/o che lo sta seguendo. Questo percorso è attualmente attivo in oltre 9 su 10 delle terapie intensive neonatali, ma ancora pochissime seguono il bimbo fino ai 3 anni: è quanto è emerso in una indagine realizzata dalla Società Italiana di Neonatologia (Sin), in occasione della Giornata Mondiale dei nati prematuri, che si è svolta, come ogni anno, lo scorso 17 novembre.
Dall’indagine compilata online da 106 Tin su un campione di 124, è emerso che in oltre 93% dei reparti Tin italiani si esegue la valutazione del rischio nei bimbi nati prima della 37/ma settimana di gravidanza, fino ai 2-3 anni di vita, in particolare per quanto riguarda i problemi neuromotori, respiratori, di nutrizione, di vista e udito. Tuttavia, come ha spiegato il presidente della Sin, Fabio Mosca, “solo il 22% delle Tin riesce a prolungarlo fino all’ingresso del bambino a scuola, mentre risulta fondamentale assicurare ai bambini nati prematuri continuità assistenziale ed accertamenti ripetuti nel tempo fino all’età scolare”. Meno capillare è la valutazione delle aree emergenti, ad esempio i disturbi dello spettro autistico, i disturbi di linguaggio e di comportamento, rispetto alle quali i servizi si stanno attivamente attrezzando e che è tra gli obiettivi che l’ISS sta perseguendo con l’Osservatorio Nazionale Autismo (www.osservatorionazionaleautismo.it), in forte sinergia con il Ministero della Salute e in collaborazione con le Società Italiane di Neonatologia, di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza e le principali Società Scientifiche dell’area pediatrica. I risultati dell’indagine hanno comunque evidenziato un quadro complessivo positivo e consolidato, nonostante la carenza di indicazioni specifiche regionali e nazionali.
Non mancano le belle iniziative, come quella portata avanti dalle pediatrie di Desenzano e Gavardo, in Lombardia, che sono state recentemente dotate di due dispositivi “Mami Voice” che permettono ai bambini nati prematuri di ascoltare dalla termoculla la voce della mamma anche se non è accanto a loro. Questi piccoli più di altri subiscono il trauma del distacco dalla madre e sentire la sua voce può aiutarli a ridurre lo stress e la percezione del dolore. La voce viene registrata da uno smartphone o un tablet attraverso una app dedicata, la mamma può farlo comodamente a casa. Il file viene poi scaricato su una chiavetta usb e, tramite il dispositivo “Mami Voice” vengono diffusi il suono e le vibrazioni della voce all’interno dell’incubatrice: una terapia bellissima per il piccolo che così, si sente meno solo e più sicuro.
Sono tante poi le associazioni attive sul territorio che si occupano di supportare le famiglie di bambini nati prematuri e sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema. La più importante è sicuramente Vivere Onlus (https://www.vivereonlus.com/), un’organizzazione attiva nel settore socio-sanitario, senza scopo di lucro, che si pone l’obiettivo di incentivare la qualità della degenza dei neonati pretermine e favorire le condizioni per una crescita ottimale.
Abbiamo intervistato la dott.ssa Elisabetta Ruzzon, responsabile comunicazione di Vivere Onlus.
Quali sono le cause note della prematurità? Ci sono fattori o condizioni particolari di gravidanza che ne aumentano la probabilità?
Nonostante i grandi passi fatti e i successi ottenuti nell’area materno-infantile, la prevalenza delle nascite pretermine non mostra alcuna tendenza alla riduzione nel tempo, anche per l’insorgenza di condizioni materne e gravidiche nuove, come la fecondità delle donne in età più avanzata, l’offerta dei percorsi della procreazione medicalmente assistita e i moderni trattamenti di malattie materne. Per quanto riguarda altre cause possibili, si annoverano precedenti gravidanze pretermine o con esito in decesso fetale o neonatale, condizioni di rischio sociale o individuale, gravidanze gemellari e plurigemellari, gravi malattie della madre persistenti in gravidanza o patologie della gravidanza – gestosi, placenta previa, distacco di placenta – o gravidanze in età adolescenziale. Inoltre, anche malformazioni fetali, rallentata crescita intrauterina o patologie funicolari possono determinare un parto pretermine.
Quali sono le figure di riferimento per i primi anni di vita di un bambino nato pretermine?
Nei giorni successivi la dimissione, ma, meglio ancora se in fase di pre-dimissione, è sicuramente di fondamentale importanza coinvolgere i genitori in colloqui di gruppo con il personale sanitario, elaborare con i curanti un programma di assistenza da condividere con il pediatra di famiglia, attivando eventualmente i servizi territoriali. Altre figure importanti nel corso dei primi anni del bambino sono la neuro psicomotricista, la neuropsichiatra infantile e la logopedista, chiamate a correggere, sostenere e aiutare i bambini che presentano delle difficoltà più o meno gravi.
Di prematurità si parla poco nei corsi pre-parto e quando si verifica una nascita pretermine, è un trauma anche per i genitori: come si può aiutarli ad affrontare questa situazione? Quanto sono assistite le famiglie dal punto di vista psicologico, anche negli anni del follow up?
Innanzitutto, ci teniamo a sottolineare che le mamme di bambini nati pretermine non arrivano quasi mai a poter partecipare al corso pre-parto, in quanto quest’ultimo, solitamente, accoglie mamme dall’ottavo mese di gravidanza in poi, circa. Per questo, sosteniamo caldamente la necessità di implementare dei percorsi di accompagnamento alla genitorialità che prendano avvio già dal terzo/quarto mese di gravidanza, in cui si trattino tutte le tematiche legate alla genitorialità, dal desiderio di un figlio alla crescita del bambino. Tra i temi trattati durante questi percorsi, dovrebbe esserci anche la prematurità, come possibile esito di una gravidanza con o senza problematiche. È sicuramente un tema da trattare con la dovuta preparazione per non infondere terrore nei genitori, ma il fatto di parlarne come dato di realtà, potrebbe aiutarli ad elaborarlo o, perlomeno, ad avere una traccia mnestica di questa possibilità.
Inoltre, crediamo sia necessario parlare di parto pretermine, come possibile esito di una gravidanza, anche nelle visite di routine con il personale sanitario per accertare le condizioni di mamma e bambino, così come avviene per tutte le altre patologie riscontrabili in età fetale.
Per quanto riguarda il sostegno psicologico nel follow up, purtroppo, manca un protocollo unico da seguire anche da questo punto di vista, ma le varie iniziative e attività sono lasciate alla singola Tin o associazione locale di riferimento. Questo comporta inevitabilmente l’esistenza di centri di eccellenza e di altri in cui manca totalmente l’attenzione a questi aspetti.
Come tutti i neonati, anche i piccoli nati prematuri hanno il diritto di avere accanto la mamma e il papà. La kangaroo care, il contatto pelle a pelle con la mamma, è importantissima per loro. Nel nostro Paese è garantito ovunque questo diritto? I genitori possono accedere alle Tin 24 ore su 24?
Purtroppo no, la kangaroo care è una pratica non adottata in maniera uniforme in tutte le Tin, nonostante studi scientifici abbiano ampiamente dimostrato la sua efficacia sia in termini di sviluppo dell’attaccamento genitore-bambino, sia per lo sviluppo stesso del piccolo. L’accesso 24h/24 da parte dei genitori non è possibile in tutte le Tin, tuttavia questo resta un obiettivo importante per Vivere Onlus, affinché i genitori possano stare in qualsiasi momento con il proprio piccolo.
Al seguente link https://www.vivereonlus.com/copia-di-le-iniziative potete trovare l’elenco delle TIN virtuose, ovvero aperte 24h/24, inserito per sollecitare uniformità su base nazionale, perché i genitori si sentano protagonisti e coinvolti per l’intera durata del percorso di cura del bambino.
Il follow up dei bambini prematuri non è una pratica riconosciuta ufficialmente né tantomeno codificata dal Sistema Sanitario, ma è lasciata all’iniziativa del singolo centro, con ovvie differenze da una regione all’altra. Si tratta di un diritto, che dovrebbe essere parte integrante delle cure, in modo da garantire anche le complesse esigenze post-dimissione del neonato a rischio evolutivo. Cosa si può fare ancora affinché la situazione cambi?
Un grande passo in avanti potrebbe essere fatto se la Carta dei Diritti del Bambino Nato Prematuro, progettata, redatta e promossa dal Coordinamento Vivere, venisse considerata come un vero e proprio protocollo da seguire, punto per punto. Questo documento, riconosciuto dalla Camera e dal Senato, rappresenta la risposta italiana alla call to action del Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, presentata il 22 settembre 2010 all’Assemblea Generale dell’ONU all’interno della Strategia Globale per la Salute delle Donne e dei Bambini. Se tutti applicassero questi punti, potremmo gettare le basi per un protocollo univoco, su base nazionale, riguardo le cure dei nati pretermine, permettendo anche ai genitori di sentirsi sostenuti in questa difficile avventura.
Cosa ha rappresentato l’adozione di un documento del genere?
Come Coordinamento speravamo desse una scossa al sistema legislativo e sanitario italiano, ma non è stato così. Questo decalogo è stato pensato come base per un disegno di legge sulla prematurità, purtroppo, però, per diverse motivazioni, le istituzioni politiche, amministrative, sanitarie e territoriali che avrebbero dovuto prendersi carico di questo impegno, finora non hanno dato seguito ai nostri suggerimenti. Confidiamo che in futuro, speriamo il più prossimo possibile, questa Carta dei Diritti del Bambino Nato Prematuro diventi davvero una pratica comune e di routine.
Quali sono le azioni principali portate avanti da Vivere Onlus?
Vivere Onlus è il Coordinamento Nazionale Vivere Onlus, che raccoglie le associazioni dei genitori di bambini nati prematuri, che al momento annovera ben 47 associate. Il Coordinamento Nazionale Vivere Onlus si pone come obiettivo favorire l’interscambio culturale e la solidarietà tra le associazioni che operano nel settore dell’assistenza neonatale, incentivando e agevolando la costituzione di nuove associazioni; promuovere iniziative specifiche a tutela e a sostegno delle famiglie dei neonati a rischio e delle gravidanze; sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica ai fini di creare i presupposti per un’adeguata assistenza ai bambini e ai loro genitori.
Nel concreto, tra i nostri ultimi obiettivi raggiunti, oltre alla Carta dei Diritti del Bambino Nato Prematuro, abbiamo la lettera di raccomandazioni sull’allattamento all’interno delle TIN redatta dal Ministero della Salute, con la conseguente presenza del genitore all’interno del reparto. Inoltre, continuiamo a batterci per il riconoscimento del congedo parentale e della degenza ospedaliera, affinché non venga riconosciuto solo nei casi di gravi prematuri, ma anche in tutti quei casi di bambini ricoverati in terapia intensiva neonatale dopo la nascita, a prescindere dal parto pretermine e dall’età gestazionale alla nascita.
Vivere Onlus ha contribuito anche alla fondazione dell’EFCNI – European foundation for the care of newborn infants – ovvero la fondazione che raccoglie tutte le associazioni per la neonatologia delle nazioni europee e oltre, che ha l’obiettivo di attirare l’attenzione sulla nascita pretermine e sul suo impatto sui bambini, sulle famiglie e sulla nostra società.
La fondazione intende migliorare la situazione delle famiglie e dei neonati in Europa, lungo tutto il percorso di cura, promuovendo e proteggendo il diritto a un inizio di vita che sia il migliore possibile, attraverso la cura dei genitori in fase di pre-concepimento e durante la gravidanza; migliorando il trattamento e le cure erogate durante la fase di ricovero e permettendo un percorso di follow-up stabile e duraturo.
Al seguente link potete approfondire le iniziative e le attività promosse dall’EFCNI: https://www.efcni.org/.