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Nel 2050 i robot sostituiranno gli uomini anche a livello manageriale. Lo studio di McKinsey
Un tempo, secondo uno sguardo del tutto mitico sul reale, si pensava che presto gli eroi avrebbero sostituito gli uomini grazie ai loro poteri e tramite l’aiuto delle divinità, oggi invece avviene che i robot – creati dalla mente umana – suppliscono gli uomini nella loro forza manuale. Dal mito al reale il passo è davvero breve soprattutto se si considera che negli Stati Uniti 2,5 miliardi di dollari di salari, intesi come ore-uomo, sono stati rimpiazzati dalla robotica, e che in Paesi come l’Italia, a seguito della crisi economica del 2008, molte aziende hanno introdotto macchinari in grado di “spazzare” via buona parte dei dipendenti.
I robot non saranno solo scatole metalliche ma saranno dotati di percezione sensoriale, capacità cognitive, elaborazione del linguaggio, capacità di leadership, mobilità. Tutto questo è rivelato e argomentato da uno studio diffuso dal McKinsey Global Institute, una delle grandi società mondiali della consulenza strategica, secondo cui l’automazione industriale sarà talmente invasiva e sperimentata al dettaglio che i robot del 2050 avranno sostituito in modo sostanziale ma non totale gli uomini nel settore industriale tanto a livello di dipendenti quanto dal punto di vista manageriale. Lo studio si concentra su un grado di granularità molto dettagliato, arrivando a prendere in considerazione non i singoli lavori ma i singoli compiti svolti, per esempio “addetto alle macchine agricole”, “addetto alla tornitura”, “sistemista”. E prende in esame 54 nazioni del mondo, per un totale di circa il 78% dei lavoratori del pianeta.
Niente di nuovo se si pensa che il cinema aveva previsto questo cambiamento radicale già nel 1999, quando Chris Columbus ha diretto “L’Uomo bicentenario”, pellicola che ripercorre l’esistenza di Andrew Martin, uno dei primi prototipi di robot positronico (modello NDR-114, da cui il nome “Andrew”), acquistato dalla famiglia Martin nell’aprile del 2005 come robot di servizio. “Uno è lieto di poter servire”, afferma il protagonista interpretato dall’indimenticabile Robin Williams, e oggi, dopo parecchi anni di studi ed esperimenti i robot potranno davvero servire in toto l’uomo anche a livello sensoriale e delle emozioni.
Il lavoro mondiale dunque sarà del tutto basato sulla robotica e circa il 5 % delle professioni scomparirà del tutto dal pianeta e il 30 % delle attività potranno essere gestite direttamente dai sistemi di intelligenza artificiale senza che l’uomo intervenga.
Roberto Lancellotti, senior partner europeo di Digital McKinsey, ha dichiarato che il 60% degli attuali ruoli avrà almeno il 30% di attività che potranno essere automatizzate. Chiaramente il cambiamento non sarà repentino e non avverrà nell’arco di 24 ore ma occorreranno decenni affinché la palla passi nelle mani dei nostri fratelli robot. Tuttavia, ciò che invece appare lampante è che il processo, a seguito dei progressi rapidissimi dell’intelligenza artificiale, ha subito una evidente accelerazione. Gli androidi vengono ormai adoperati tanto nell’industria manifatturiera, quanto in altri settori ad alto capitale umano come la medicina e la ricerca. McKinsey rileva che soltanto nell’ultimo anno negli Stati Uniti 2,5 miliardi di dollari di salari, intesi come ore-uomo, sono stati sostituiti da un utilizzo più intensivo della robotica. Finora l’ipotesi più accreditata è che impattassero sui lavori a basso valore aggiunto. La ricetta condivisa unanimemente è che sarebbe bastato un progressivo innalzamento delle competenze. Per non estromettere dal mercato del lavoro una serie di figure ritenute a rischio obsolescenza: il cassiere, lo sportellista, il benzinaio, il casellante, e così via dicendo.
L’uomo dunque, come ancora una volta insegna il cinema, in questo caso una serie tv di animazione, “Futurama”, creata da Matt Groening e David X. Cohen, prodotta inizialmente tra il 1999 e il 2003 per la Fox, sarà testimone di una nuova era di automazione la cui prima fase è già avvenuta nel XX secolo quando sono state introdotte delle prime macchine nelle industrie delle nazioni più sviluppate del mondo. Tuttavia, chi teme un’estromissione totale dell’uomo dal mondo del lavoro sbaglia poiché, come afferma ancora McKinsey, un vero successo di entrate potrà avvenire solo se gli umani e i robot collaboreranno fianco a fianco. L’automazione – argomenta McKinsey – cambierà quindi le attività lavorative quotidiane di tutti, dai minatori ai bancari, dagli stilisti ai saldatori, agli amministratori delegati. E, da un punto di vista prettamente produttivo, porterà anche dei vantaggi: secondo lo studio, infatti, la crescita della produttività dovuta all’automazione potrà variare, dal 2015 al 2065, dallo 0,8% all’1,4% anno su anno.