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Neuroarchitettura: la neuroscienza applicata all’architettura

5 Settembre 2018

L’ambiente costruito influenza le nostre percezioni, emozioni, capacità di interazioni e personalità. Tutti questi processi, di cui gli architetti intuiscono i meccanismi, trovano il loto substrato ultimo nel nostro sistema nervoso. Le neuroscienze legano la nostra esperienza quotidiana alle percezioni multisensoriali e al modo con il quale esse si trasformano in empatie e comportamenti complessi.

L’architettura è da sempre stata considerata una disciplina volta a rendere la vita degli individui più confortevole, rispondendo specificamente alle loro esigenze. La neuroscienza viene incontro all’architettura cercando di spiegare i motivi alla base di ogni tipo di impulso che la mente riceve e poi metabolizza.

La nuroarchitettura quindi, risulta essere la fusione delle due discipline precedentemente citate e cerca di esplorare a fondo il rapporto tra le neuroscienze e tutte le altre strutture artificiali che compongono un ambiente creato dall’uomo. In particolare, la neuroarchitettura studia il livello di risposta psicologica umana ai componenti che costituiscono questo tipo di ambienti. L’obiettivo principale è quello di valutare l’impatto che le varie strutture hanno sul sistema nervoso umano e sul cervello. La neuroscienza studia l’interazione tra i vari fattori intrinsechi ed estrinsechi che interagiscono con il nostro sistema nervoso centrale. Nell’approccio con questa scienza, i ricercatori prendono in considerazione una serie di elementi differenti, quali la genetica, lo sviluppo fisico ed emotivo, la farmacologia, l’evoluzione e le patologie del sistema nervoso.

La neuroarchitettura si basa sulla premessa che gli elementi artificiali aggiunti dall’umanità hanno un impatto indicativo sulla funzionalità del cervello e del sistema nervoso. In alcuni casi, l’effetto può risultare utile in senso positivo; mentre in altre situazioni la forma e struttura dell’edificio possono creare una reazione negativa. Inoltre, l’impatto non è visibile in modo immediato, e potrebbe effettuare modifiche alle funzioni del sistema nervoso nell’arco di un periodo prolungato di tempo.

Una delle principali organizzazioni coinvolte nello studio della neuroarchitettura è l’Accademia di Neuroscienze per l’Architettura. L’ANFA mira a promuovere lo studio del rapporto tra gli edifici e il corpo umano e incoraggia attivamente la ricerca degli studiosi che utilizzano la neuroscienza per analizzare l’impatto che gli elementi costruiti dagli uomini hanno sulle funzioni del sistema nervoso e che tipo di attività cerebrale si verifica come risultato della stimolazione dei sensi.

I risultati delle ricerche neuroscientifiche degli ultimi anni hanno permesso di entrare nei processi cognitivi e di conoscere i meccanismi neuronali che legano i nostri sensi ai vari stati emotivi, creativi, cognitivi e operativi del nostro cervello. Semir Zeki e Vilayanur Ramachandran, entrambi neuroscienziati e dediti maggiormente agli aspetti visivi della percezione, sono stati i primi a fornire basi a un processo, ancora in atto, di teorizzazione concernente le discipline coinvolte nel mondo del costruito: l’architettura, l’urbanistica e la paesaggistica.

Alcuni studi mostrano come una finestra che apra su un paesaggio naturale in un camera di ospedale può determinare un acceleramento del processo di guarigione rispetto ad un’altra che ne è priva.

Forti sono le aspettative legate alla collaborazione tra architettura e neuroscienze, e duplice è la chiave di lettura di tale campo di ricerca. Da un lato si possono utilizzare misurazioni di reazioni psicofisiologiche ad ambienti costruiti attraverso sensori che possono dare un’indicazione più precisa dell’esperienza e della fruizione dello spazio. Dall’altra, i presupposti neuroscientifici possono aiutare la realizzazione e progettazione di ambienti più funzionali perché più appaganti e diretti alla soddisfazione di esigenze psicofisiche.

L’architettura modella artificialmente il nostro mondo, ma esprime anche il nostro io interiore, rappresentando il tramite tra la nostra coscienza e tutto ciò che succede esternamente . Avere certezze su come avvengono questi processi di relazione può aiutarci a costruire ambienti dedicati più funzionali: si pensi a scuole in cui venga curato l’aspetto relazionale e di concentrazione, a carceri in cui si possano gestire aspetti emotivi, ad uffici in cui elementi stressanti vengano marginati e si assecondino le potenzialità creative e produttive degli occupanti.

Tags: architettura, cervello, neuroarchitettura, neuroscienza
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Beatrice Casella
Beatrice Casella
Laureata in economia internazionale e dello sviluppo, si è sempre appassionata del settore sanitario. Il tema della tesi di laurea triennale ha riguardato il tasso di mortalità infantile in Tanzania (paese dove ha vissuto alcuni anni). Per il suo master's degree si è concentrata sull'incidenza della politica e dell'economia nel garantire una salute globale. Praticante giornalista, ha lavorato a Milano con il Gruppo editoriale L'Espresso e attualmente lavora come Research Analyst per una società che si occupa di costruzioni sostenibili.

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