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Parto in casa: per la Società Italiana di Neonatologia è una scelta rischiosa

14 Dicembre 2016

Il parto in casa può essere rischioso, sia per la mamma che per il bambino, ma nonostante questo, è scelta nel nostro Paese da molte donne. Se ne è parlato nell’ultimo congresso Nazionale della Società Italiana di Neonatologia. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, “il posto più sicuro per parto è quello che sceglie la donna, quello in cui si sente più a suo agio”, anche a casa, se lo desidera.

La percentuale è ancora molto bassa rispetto al totale dei neonati (0,1%), ma è una tendenza in crescita: secondo le ultime stime, l’anno scorso sono nati in casa circa 500 bambini. Il numero però non può essere preciso, perché bisogna considerare anche le nascite “clandestine”, le donne di etnia Rom ad esempio partoriscono spesso presso le proprie dimore, ma anche donne straniere, magari non in regola con il permesso di soggiorno. Addirittura, secondo l’Associazione Nazionale Culturale Ostetriche Parto a Domicilio e Casa Maternità nel nostro Paese sono 1500 all’anno i bimbi nati in casa.

In molti casi, le donne sane (definite “a basso rischio”) portano a termine la gravidanza e hanno un parto senza particolari problemi, quindi nella maggior parte delle nascite non è necessario un intervento medico. In questi casi, il parto naturale in casa ha gli stessi (bassi) rischi del parto in ospedale, e ha inoltre una minore incidenza di interventi ostetrici non giustificati (dall’episiotomia a manovre ostetriche rischiose).

C’è però il fattore rischio: infatti, anche nelle migliori condizioni non si possono escludere a priori delle complicazioni, che possono mettere a rischio la salute della mamma e del neonato. In caso di parto tra le mura domestiche, queste implicherebbero un immediato trasferimento in ospedale.

Il trasferimento è un evento particolarmente frequente nelle donne al primo figlio, con un’incidenza di circa il 40%, meno frequente nelle donne che hanno già affrontato un parto (10%).

Nel parto in casa, tra l’altro, per quanto il rischio assoluto possa essere basso, è prevista una variabile associata ad un aumentato rischio di patologie neonatali, se confrontato con parto programmato in ospedale.

Le donne che scelgono di partorire in casa, lo fanno prevalentemente perché sentono l’ambiente domestico come più confortevole, intimo e tranquillo. Ed è certamente così, rispetto ad un ospedale.

Per questo l’obiettivo è arrivare a garantire questa intimità anche negli ospedali, per cercare di stabilire da subito un contatto tra neonato e genitori. Negli ultimi anni sono molti i centri nascita, pubblici e privati, che si sono adoperati per far svolgere i parti in un ambiente il più possibile familiare, prevedendo la presenza del padre, riducendo i giorni di permanenza in ospedale e mettendo in atto il rooming in.

Come si legge in una nota della Sin: “Il parto è un evento naturale e come tale deve essere vissuto. Condividiamo le ragioni di chi vorrebbe partorire presso la propria casa, ma la situazione del nostro sistema sanitario ci obbliga a sconsigliare vivamente questa scelta. Tra le mura domestiche, infatti, non sono garantite le misure di sicurezza necessarie in caso di problemi che possono subentrare. Ad esempio non c’è una rete capillare di ambulanze e, quando questa è garantita, bisogna fare i conti con la vicinanza e raggiungibilità di Terapie Intensive Neonatali”.

Nel resto del mondo, partorire tra le mura domestiche è comunque una pratica diffusa, anche in Europa: in Olanda, anche con un trend decrescente negli ultimi 10‐15 anni, avviene con una percentuale del 25%. In Australia, Canada, Nuova Zelanda e Regno Unito sono tante le associazioni ostetriche e ginecologiche che – per le donne sane, che abbiano avuto una gravidanza senza complicazioni e prevedendo una adeguata assistenza – supportano la pratica del parto in casa.

Tutte le donne che vogliono fare questa scelta, devono essere adeguatamente informate sui rischi e su tutti gli aspetti organizzativi e medici previsti sul loro territorio.

Per la Società Italiana di Neonatologia (SIN) – ma la stessa posizione è sostenuta dall’American Academy of Pediatrics e dall’American College of Obstetricians and Gynecologists – l’ospedale è il posto più sicuro dove partorire. Tuttavia, se la scelta dovesse ricadere sul parto “a domicilio”, la Sin stessa fornisce indicazioni ben precise, per affrontare quel momento così importante nelle condizioni di maggiore sicurezza possibile, sulla base anche dell’organizzazione sanitaria di riferimento.

  1. La donna deve essere correttamente informata sui rischi del parto a domicilio e sulla organizzazione dello stesso nella città dove intende partorire.
  2. Deve esservi un presidio ospedaliero attrezzato facilmente raggiungibile.
  3. Deve essere garantito un trasporto rapido in ospedale per mamma e neonato ad opera di personale esperto ed addestrato nelle manovre di rianimazione.
  4. Occorre pre‐Allertare l’Ospedale con Terapia Intensiva Neonatale più vicino.
  5. La futura mamma deve rivolgersi a un’ostetrica con training appropriato nell’assistenza sia in ospedale sia a domicilio e che abbia documentata capacità nelle manovre rianimatorie neonatali.
  6. È necessario garantire al neonato ed alla mamma, nelle ore immediatamente dopo il parto, tutti i controlli necessari e di routine.

In alternativa, ci sono anche le “case del parto”, centri nascita realizzati all’interno di alcuni ospedali e gestiti da personale ostetrico. Sono ancora poco diffuse nel nostro Paese. Si trovano vicinissime all’Unità Operativa di Ginecologia e Ostetricia, offrono ambienti intimi e la possibilità di partorire con l’assistenza delle ostetriche, assecondando i ritmi fisiologici del travaglio, senza forzature e interventi medici non necessari. In caso di complicanze, la donna può essere immediatamente trasferita nel vicino reparto maternità.

 

Tags: donne, maternità, ostetriche, parto, parto in casa
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manopulo
manopulo
Bolognese di nascita e quasi romana d’adozione, mi sono laureata in Scienze della comunicazione pubblica, sociale e politica, e specializzata prima con un Master in diritto parlamentare e valutazione delle politiche pubbliche e poi con un Master in Digital PR e Media Relations. Ho avuto diverse esperienze nel settore della comunicazione; dopo più di tre anni passati nell'ufficio stampa di un gruppo parlamentare alla Camera dei deputati, ora lavoro nell'ufficio Comunicazione e Marketing di Health Italia.

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