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Le paure dei nostri figli. Da cosa dipendono?
Un uomo nero che sbuca dalla porticina dell’armadio o che si nasconde sotto il letto. Passi lenti in piena notte. La luce spenta e le ombre che dall’altra parte della finestra disegnano strani disegni sul soffitto della stanza. Partono da queste fantasie, o presunte tali, le paure infantili le quali spesso non consentono ai più piccoli di trascorrere la notte con serenità e da soli. Generalmente le insicurezze suscitate nel corso della tenera età si ripresentano in età adulta. Inquadra bene la questione il film di animazione Monster & Co. in cui i geni della Pixar si concentrano sulle paure infantili attraverso i due spaventa tori seriali: Mike e Sulley. Il loro lavoro? Terrorizzare i bambini.
Al di là della fantasia più o meno letteraria che di per sé descrive nello specifico il mondo delle angosce dei piccoli umani, molteplici sono le ragioni che procurano ansie e incertezze nel corso dell’età infantile e ancora non esiste un modo concreto per poterle affrontare ed eliminare del tutto. Fino ad oggi sono stati individuati tre stili educativi che potrebbero essere alla base delle paure nei bambini i quali manifestano comportamenti disturbati solo nel contesto di situazioni disturbate.
Si tratta di momenti che, oltre ad offrire contingenze di rinforzo inadeguate, favoriscono l’apprendimento nel bambino di convinzioni, inferenze e valutazioni emotive disturbate. Si tratta dei cosiddetti tre stili: l’ipercritico, caratterizzato da un’elevata frequenza di critiche rivolte al bambino sotto forma di rimproveri oppure manifestando biasimo nei suoi confronti, svalutandolo e mettendolo in ridicolo; il perfezionistico, sostenuto dalla convinzione che il bambino deve riuscire bene in tutto ciò che fa e che il suo valore è determinato dal successo che ottiene in varie attività; iperansioso-iperprotettivo, contraddistinto da un’eccessiva preoccupazione dell’incolumità fisica del bambino e tendono a proteggere in continuazione il figlio da ogni minima frustrazione.
Nella sostanza, se il bambino è pauroso la colpa va addebitata necessariamente al mondo degli adulti rei di caricare i più piccoli di troppe responsabilità e aspettative che non spettano loro. Il mondo delle paure è costituito da quelle presenti sin dalla nascita, le altre legate alla crescita e che mutano di età in età e infine le ultime dovute ad eventi traumatici o indotte dall’ambiente di vita. La paura più grande per un bambino è di perdere il proprio punto di riferimento, la mamma. Se nei primi mesi di vita ci si fida poco dell’estraneo, ossia della persona che non fa parte del nucleo familiare, intorno al 2°, 3° anno di vita si registra un ulteriore attaccamento alla figura materna. Inoltre, con lo sviluppo aumentano le paure: si dice che si teme ciò che non si conosce. Qui subentrano il temporale, il buio, i mostri (l’uomo nero), le streghe, la Befana. Tutti elementi e personaggi spesso presi in prestito dal “mondo dei grandi” per spaventare bonariamente i piccoli. A queste, con l’aumentare della consapevolezza, si sommano altri personaggi i ladri e i rapitori che potrebbero procurare danni fisici irrompendo in un ambiente amico – la propria casa – all’improvviso. E così via con tante altra paure poi legate anche all’età matura: si temono infatti le malattie, la morte, l’abbandono. Si ha paura dell’ignoto.
Alla base delle paure, come è stato sopra definito, c’è sempre l’atteggiamento dei genitori che può influire positivamente o negativamente sulle paure dei propri figli: vanno insegnate al bambino alcune conseguenze dannose dei suoi atti, senza però intimorirlo poiché alle sue paure naturali non vanno aggiunte anche le preoccupazioni e angosce; le punizioni vanno somministrate con coerenza, affinché egli non tema le conseguenze di ogni suo atto; la fiducia in sé va valorizzata, cosicché il bambino si senta in grado; non si devono pretendere prestazioni inadeguate alle sue reali capacità.