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Perché la buona salute è la prima ricchezza
“La prima ricchezza è la salute”, così scrisse il filosofo e poeta americano Ralph Waldo Emerson nel suo libro The conduct of life, una raccolta di saggi filosofico-letterari considerata tra le sue migliori e fonte di influenza per numerosi scrittori, tra cui Friedrich Nietzsche.
La citazione di Emerson ricorda che la buona salute è la base solida su cui costruire una vita sociale ed economica molto influente. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha sottolineato più volte infatti che “la salute non è semplice assenza di malattia, ma uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale”.
Essere in piena salute, pertanto, consiste nella capacità di mantenere la propria psiche in equilibrio perché viviamo in contesti familiari, culturali, sociali ed economici dove ci si sente pienamente accolti, rispettati, valorizzati ed incoraggiati.
La parola “salute” non deve essere riconducibile soltanto alla quantità di risorse che si è in grado di destinare ai servizi medici e ospedalieri. La salute è un progetto di società sulla quale si genera il passaggio da un’economia basata sul denaro ad un sistema economico incentrato sulla persona. E tutto questo rappresenta la prima e vera sfida da vincere per riuscire a costruire concretamente una società al servizio degli individui.
Il principio della centralità della persona costituisce, infatti, uno dei cardini dell’ordinamento costituzionale italiano (ma anche di tutto il mondo) ed il diritto alla salute ne realizza un elemento caratterizzante. La centralità della persona nell’ambito del Servizio sanitario nazionale si estrinseca in una serie di diritti fondamentali tra cui la libertà di scelta del medico di medicina generale e del luogo di cura (fonte: Ministero della Salute).
L’umanità ha fatto passi da gigante rispetto agli anni passati, sviluppando vaccini e tecniche mediche che permettono ad una fascia di popolazione maggiormente ampia di vivere vite più lunghe e sane. Altri sviluppi, come un maggiore accesso all’acqua pulita e ai servizi igienico-sanitari, hanno contribuito a respingere i mali di vecchia data e aprire la strada ad una condizione fisica e salute migliore.
Tuttavia, continuano a persistere delle grandi disparità in termini di salute. Ad esempio la speranza di vita, ovvero il numero medio di anni della vita di un essere vivente a partire da una certa età, per il Giappone equivale a 83 anni, mentre per la Sierra Leone a 45 anni. Ciò solleva questioni di equità cruciali e indica la necessità di andare avanti su più fronti, tra cui l’importanza di evidenziare il ruolo svolto dalla buona salute nella capacità di un singolo individuo o di un’intera famiglia di rimanere al di sopra della soglia di povertà.
Difatti, se da un lato vi è una considerazione generale che il diritto alla salute è un valore importante e prioritario, esistono però, allo stesso tempo, idee differenti sulla sua principale definizione e su come debba essere soddisfatto. È giusto parlare di salute globale per dare pieno significato e attuazione ad una visione di salute come stato di benessere bio-psico-sociale e diritto umano fondamentale. Bisogna però tener presente anche i diversi contesti demografici, economici e sociali di ogni singolo Paese su cui permettere sicuramente a tutti l’accesso a servizi sanitari completi ed efficienti adottando comunque delle strategie mirate e peculiari.
Si continua ad affermare, come traguardo notevole, che in Africa è aumentato l’accesso ai farmaci. Vero, ma non viene considerato (di fatto, perché poi viene spiegato e documentato) contemporaneamente la grossa problematica di villaggi lontani dai centri di salute e i pazienti affetti da svariate malattie, o anche le donne in procinto di partorire, devono camminare per diversi chilometri prima di trovare una risposta. Inoltre, un nuovo studio dell’University of North Carolina at Chapel Hill, ha rivelato che nei paesi africani la percentuale di farmaci non conformi e falsificati sale a quasi il 19%, in particolare gli antimalarici ed antibiotici.
Barriere, quindi, economiche, geografiche, sociali e di informazione che impediscono un reale sviluppo sanitario mondiale.
“Non est vivere, sed valere vita est”, disse il poeta romano Marziale, e anche lui aveva ragione. Eppure, come si può ragionare che la vita non significa solo vivere ma stare bene se tutt’ora non si applicano concretamente in tutto il mondo delle specifiche politiche economiche, sociali e sanitarie capaci di rappresentare la salute come un’importante risorsa per una qualsiasi società.
Cattive condizioni di salute incidono sulle potenzialità di tutti ed esauriscono le risorse in molteplici settori. Permettere agli individui di tenere sotto controllo lo stato della propria salute e dei suoi determinanti, risulta essere un elemento fondante delle comunità e uno strumento per il miglioramento delle proprie condizioni di vita. In più, un equo accesso all’istruzione, ad un buon lavoro, ad un alloggio decente e ad un reddito dignitoso, sono tutti fattori a supporto della salute che contribuisce, di conseguenza, all’incremento della produttività, a rendere più efficiente la forza lavoro, ad un invecchiamento maggiormente sano e ad una riduzione delle spese per malattia e indennità.
Se tutto ciò viene rispettato e messo in pratica, le ipotesi di Emerson, Marziale, ma anche di Schopenhauer secondo cui “la salute non è tutto, ma senza salute tutto è niente”, inizieranno a prendere realmente forma in quelle società che ne avranno compreso del tutto il significato.