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Pet therapy: un grande beneficio per la salute
La PET-THERAPY è una terapia che si avvale dell’aiuto degli animali, sviluppata attraverso l’interazione tra l’uomo e l’animale domestico. Alla sua base c’è il rispetto di tutti gli esseri viventi che intervengono.
La terapia è sbarcata in Italia negli anni ’90 con alcune pubblicazioni, come quella del 1992 di Marzia Giacon che ha scritto Pet therapy: psicoterapia con l’aiuto di Amici del mondo animale e nel 1995 Giovanni Ballarini, docente di Veterinaria a Parma, scrive “Curarsi con la pet-therapy”. Il primo corso di pet-therapy si è svolto a Roma nel giugno 1995, promosso dal Centro di Collaborazione OMS/FAO per la Sanità Pubblica veterinaria, dall’Istituto Superiore di Sanità di Roma, dal Servizio veterinario Roma D e dall’associazione Scuola Viva di Roma. Il main lecturer è stato il prof. Dennis Turner.
Oggi la pet therapy è un fenomeno in crescita tanto che è oggetto di ricerca presso l’Istituto Superiore di Sanità, NECO Neuroscienze Comportamentali, ed è ormai diffusa in tutto il territorio nazionale con molta richiesta di interventi. Per saperne di più, abbiamo intervistato la dottoressa Clotilde Trinchero, Direttore scientifico e docente presso IUSTO Scuola Superiore di Formazione Rebaudengo di Torino specializzata in neuroanatomia funzionale, pet therapy ed etologia. La dottoressa Trinchero è anche socia fondatrice e presidente di A.S.SE.A. ONLUS, un’associazione che si avvale dei principi della pet-therapy per svolgere la sua attività in ambito sanitario e socio-assistenziale. Lo scopo è quello di ottenere e valorizzare i benefici fisici e psichici derivanti dalla vicinanza di animali da compagnia in soggetti che vivono forme di disagio.
Dottoressa, che cos’è la pet therapy? Quali sono i principali benefici per la salute?
“La pet-therapy (“pet” è letteralmente l’animale domestico da “accarezzare”) si riferisce all’impiego degli animali come coadiuvante alla terapia di malattie degli esseri umani. E’ dall’era preistorica che l’uomo ha sperimentato il beneficio del rapporto affettivo instaurato con gli animali, ma è dal ‘900 che la psicologia ha dimostrato come gli animali possano essere considerati “guaritori dell’anima”, attraverso la loro capacità di modulare positivamente lo stato psico-affettivo, socio-comportamentale ed emotivo-sensoriale dell’individuo. Teorizzata in particolare negli anni ‘60 da Boris Levinson, psicologo dell’infanzia, la terapia con gli animali è stata w
Il termine pet-therapy in Italia e in Francia ha procurato equivoci e disaccordi. Negli ultimi tre anni, perciò, nei due Stati, è stato riformulato in maniera tale che siano soddisfatte le varie esigenze delle diverse figure professionali interessate a tale disciplina scientifica. In Francia è stata adottata la locuzione – Mediation Animal, in Italia, invece, Interazione Assistita da Animali (IAA).
Il termine anglosassone pet-therapy, per ora, è adottato per specificare la terapia vera e propria con la mediazione di animali domestici cioè la TAA.
Gli Interventi Assistiti da Animali sono l’insieme di: programmi di Attività Assistita da Animali – AAA a scopo ludico e ricreativo, finalizzati al miglioramento della qualità della vita e costituite da incontri e visite di animali da compagnia, a persone in strutture di vario genere; programmi educativi – EAA – Educazione Assistita da Animali, progetti pedagogico-ricreativi, rivolti principalmente ai bambini in età prescolare e scolare, nel periodo in cui essi aumentano la partecipazione e la socializzazione in tutte le attività di relazione e maturano i processi cognitivi. Gli animali agiscono come elemento catalizzatore dei comportamenti, favoriscono una stabilità affettivo-emozionale, contribuiscono a sviluppare il senso di responsabilità e una corretta organizzazione comportamentale. Infine, vi sono le Terapie effettuate con l’ausilio di animali – TAA – attività terapeutiche vere e proprie, finalizzate a migliorare le condizioni di salute di un paziente mediante specifici esercizi. Integrano, rafforzano e coadiuvano le terapie normalmente effettuate per ogni tipo di patologia. Possono essere impiegate con l’intento di migliorare alcune capacità mentali (memoria, pensiero induttivo), comportamentali (controllo dell’iperattività, rilassamento corporeo, acquisizioni di regole in pazienti psichiatrici), psicosociali (miglioramento delle capacità relazionali, di interazione), psicologici in senso stretto (trattamento della fobia animale, miglioramento dell’autostima), rallentamento di alcune patologie cronico-degenerative (Alzheimer, sclerosi multipla), riabilitazione post trauma-cranico, ictus e prevenzione (diabete, malattie metaboliche, patologie cardiocircolatorie). Dal punto di vista scientifico su 10 studi, 9 riportano benefici molto importanti.
Ad esempio, in uno studio condotto da me e dal dott. Carlo Buffa, (Esperienze di fisio-pet-terapia nei traumi cranici, Centro Incontri della Regione Piemonte, Torino – 7 dicembre 2012) è stata elaborata una valutazione statistica dei miglioramenti di alcune persone affette dai postumi di traumi cranici, dovuti proprio all’impiego di TAA strutturate soggettivamente. I pazienti, che non avevano ulteriori miglioramenti da circa due anni, pur in costante terapia riabilitativa, hanno evidenziato un fortissimo miglioramento determinato dalla mediazione animale. Questo lavoro è stato anche esposto a EXPO 2015 nella giornata dedicata ad A.S.SE.A il 17 luglio”.
In cosa consiste la terapia? Come si svolgono le sedute?
“La mediazione animale si esprime attraverso diverse modalità di intervento sui pazienti; la scelta della specie animale e la tipologia di contatto con l’animale stesso è valutata dallo specialista. Per esempio, la cura per una patologia può richiedere l’intervento di animali diversi per specie, taglia o colore, attraverso la valutazione delle caratteristiche del paziente stesso. Per la riabilitazione post ictus, gli esercizi fisioterapici sono, a prima vista, motori, ma l’animale agisce anche a livello psichico del paziente, favorendo la produzione di neurotrasmettitori e ormoni che predispongono a pensieri e volontà positivi. La memoria può essere sollecitata o mantenuta vivace con esercizi statici nei quali è l’animale che suscita l’interesse nel paziente. L’animale non giudica e rasserena. Abbiamo raggiunto dei grandi risultati durante le terapie svolte con pazienti in Coma Minimamente Responsivo ricoverati presso una RSA. La mediazione animale si esprimeva attraverso un prolungato contatto fisico, dapprima guidato dal pet-terapista e, in alcuni di essi, poi svolto dal paziente stesso. Due persone paralizzate da qualche anno, hanno iniziato a muovere volontariamente le mani e le braccia, riacquistato espressione facciale e rivolto sguardi coscienti agli operatori. E’ drasticamente mutato in tal modo anche l’atteggiamento degli operatori sanitari che, pur avendo sempre lavorato con scienza e coscienza, hanno migliorato e sensibilizzato il rapporto con il paziente, sentendosi maggiormente gratificati.
Per quanto concerne lo svolgimento delle sedute nello specifico, all’inizio sono di conoscenza e presentazione da ambo i lati, l’uomo incontra l’animale e l’animale incontra l’uomo. Si vedono e osservano le rispettive reazioni ed effettuano le opportune valutazioni. Dopodiché l’operatore mostra determinati gesti che poi sarà il malato a compiere: dare da bere o da mangiare al cane, spazzolarlo o soltanto accarezzarlo. In questa fase l’operatore cerca di suscitare nella persona malata il desiderio di compiere in prima persona quelle determinate attività, ma lascia ben presto all’animale il compito di mediazione. Nei casi di corretto svolgimento del programma di IAA, è l’animale che spontaneamente e cognitivamente compie atti, assume atteggiamenti o si relaziona in modo tale da suscitare, elicitare (to elicit), una risposta da parte dell’utente. Spesso il pet-terapista coordinatore dell’incontro, cioè la figura umana competente, assiste ed è attento osservatore dello scambio comunicativo animale-uomo e nel momento nel quale si presenta la risposta voluta, agisce in base alla proprie competenze e alla propria sensibilità. La fiducia nelle capacità e nelle possibilità dell’animale deve essere completa. Man mano che gli incontri di pet therapy procedono, emerge nel paziente l’aspetto più bello e che dà maggiore soddisfazione: si “riapre” al mondo. Tra gli obiettivi primari della pet-therapy c’è proprio quello di riuscire a ‘fare breccia’ nella persona attraverso l’animale”.
Quanti e quali sono i modelli?
“Ci sono i modelli educativi, che coinvolgono i bambini che vanno dall’età della scuola materna fino alle media. Sono compresi, tra i tanti, interventi contro il bullismo e l’educazione sessuale (tra i metodi educativi che danno i migliori risultati per l’educazione sessuale e insegnano il rispetto, portandolo a essere un concetto strutturante la personalità del bambino, vi è proprio la EAA. Si può insegnare che dare piacere è fonte di piacere stesso. La violenza è fonte di disagio e disgregazione della personalità). Sono “educativi” proprio perché educano al rispetto dell’altro. Gli animali utilizzati sono il cane, il gatto, i conigli e l’asino.
Poi ci sono le attività assistite, ne usufruiscono gli anziani sia in fase di soggiorno diurno, sia in strutture sanitarie che in case di accoglienza. Si svolgono attività di memorizzazione e socializzazione. Questa è l’attività più svolta (40% in Italia di residenze per anziani usufruiscono di questa attività con i volontari). Infine c’è la terapia, sempre condotta su un singolo utente. Il medico di base fa la diagnosi e prescrive la terapia con l’animale affidato a un pet-terapista e ne controlla lo svolgimento”.
Sono più gli anziani o i bambini che svolgono questo tipo di terapia?
“Al momento attuale sono bambini fino ai 12 anni e le persone anziane dai 65 anni in su. E’ applicata in ambito scolastico soprattutto nei soggetti diversamente abili e nelle Residenze Sanitarie per anziani. I progetti di A.S.SE.A si rivolgono a bambini molto piccoli, a partire dai 2 anni e mezzo e alla popolazione che soffre di alcune patologie croniche che si manifestano a età diverse, dai 35 anni in poi, ma prevalentemente dopo i 60 anni”.
Lei è docente e Direttore Scientifico presso il Master in pet-therapy e qualità della vita della IUSTO, Scuola Superiore di Formazione Rebaudengo di Torino, socio fondatore e presidente di A.S.SE.A ONLUS, di cosa si occupa l’Associazione? Quali sono le vostre attività?
“Ho iniziato a lavorare alla pet-therapy durante il dottorato di ricerca a Cambridge, UK nel 1992. Sono socia fondatrice dell’Associazione A.S.SE.A e ho elaborato dei test che hanno lo scopo di, per prima cosa, rilevare e prendere coscienza delle attitudini e delle capacità intrinseche e soggettive di un animale, per tutte le specie che ci forniscono ausilio. Se l’animale rivela attitudini e capacità che possono esprimersi nelle attività di pet-therapy, consigliamo un’educazione adeguata. Se hanno propensione a una qualunque diversa attività, consigliamo educazioni confacenti, su diversi fronti, che diano soddisfazione all’animale e anche al conduttore stesso.
Per questo abbiamo realizzato figure di sostegno agli operatori di pet-therapy, che, formando un binomio affiatatissimo con il proprio animale, sono in grado di aiutarci. E’ stato poi elaborato un test per fornire un ausilio, utile a definire un animale da IAA.
A.S.SE.A esegue alcuni metodi educativi, di prevenzione e cura di alcune patologie.
Ho studiato il rapporto del 2012 sulle condizioni sociali degli anziani in Italia a cura dell’associazione Auser. Il rapporto ha preso in considerazione le tre categorie di malattie che più colpiscono le persone in età avanzata quali: il diabete che colpisce il 13% dei giovani-vecchi e il 20% negli anziani con più di 74 anni; le malattie cardiovascolari, gli ultra75enni malati sono il 18% del totale e l’osteoporosi affligge il 45% tra le donne con più di 75 anni. Sulla base di questi dati ho elaborato il Metodo Healthy Dog Walk, presentato a EXPO 2015.
Questo metodo, che coniuga il fitwalking al dog walking con i criteri degli TAA, è rivolto ai pazienti affetti dalle tre categorie di malattie rilevate, cardiopatici, diabetici, con osteoporosi e altri come ipertesi, affetti da malattie metaboliche, forme reumatiche e artritiche e da due forme neoplastiche, una prettamente femminile e una coinvolgente entrambi i sessi. Il Metodo Healthy Dog Walk sta dando buoni risultati su pazienti in forte sovrappeso, in attesa di intervento chirurgico, tonificando per intero il fisico e facendo calare in percentuali ragionevoli, il peso corporeo in modo fisiologico quel tanto da rendere più affrontabile l’intervento”.
Il vostro è un lavoro di equipe?
“Certamente, è essenziale lavorare in gruppo. Sono almeno 4 le figure coinvolte e componenti due equipe: un’Equipe Prescrittivo Progettuale e una Operativa. L’Equipe Prescrittiva è composta da un medico che prescrive, da un’etologo che valuta quale specie e/o quale soggetto all’interno di una specie risulta essere il miglior mediatore, da un pet-terapista che valuta cosa chiedere all’animale per l’interazione con l’uomo e valuta la relationship avvenuta e quali esiti ha prodotto; l’Equipe Operativa, è composta da un pet-terapista e/o da un coadiutore od operatore e il conduttore dell’animale che applicano le disposizione indicate e salvaguardano il benessere del paziente e dell’animale. Prendiamo come esempio una persona con problemi di mobilità a un arto superiore quale esito di ictus. Il pet-terapista etologo, su richiesta del fisiatra, valuta quale tra la specie equina, asino o cavallo, la specie canina, la felina o la lagomorfa (n.d.r. conigli) risulta essere la più idonea a sollecitare risposte cognitive e motorie nel paziente. Scelto l’animale, il pet-terapista o fisioterapista esperto operatore di IAA e il conduttore dell’animale stesso (equipe operativa) propongono esercizi ad hoc che tale animale sa e vuole svolgere, al fine di sollecitare il movimento volontario dell’arto immobile. Il modo in cui l’animale svolge l’esercizio al quale è stato educato, è lasciato libero all’animale stesso. L’animale fa movimenti, indirizza lo sguardo direttamente agli occhi del paziente, assume posture tali da invitare il paziente a reagire. Il paziente reagisce sempre a tali scelte comunicative e la risposta è incredibile. Ecco il punto cardine della TAA: è l’animale che elicita (mi permetta il termine inglese), cioè tira fuori, provoca, suscita, una reattività tale da provocare la prima risposta neuromotoria che in potenza esisteva nel paziente. Quest’ultimo, spesso, dapprima non ne è consapevole. La gioia e la soddisfazione che trapela negli occhi o nelle espressioni verbali del paziente quando si rende conto di avere mosso l’arto in modo congruo e finalizzato, quando pochi secondi prima e per lunghi mesi non era stato più in grado di farlo, è incomparabile. L’animale come risponde? Nel suo impegno ci mette ancora più vigore e manifesta contentezza: se è un cane, c’è un forte dimenar di coda e l’arrivo di una leccata, se è un gatto si sentono fusa profonde e veloci, se è un asino, un testone va a toccare la spalla del paziente. Il setting di IAA è un luogo nel quale gli operatori si trovano a svolgere i propri compiti ed è ricco di emozioni e sollecitazioni positive. Gli esercizi si fanno via via più complessi. L’impegno dell’animale è grande e la preparazione per arrivare a certi risultati è lunga, ma è in grado di raggiungere l’obiettivo scientemente prefissato. E’ una fisioterapia che abbiamo definito integrata IAA”.
Quali animali sono stati studiati per la terapia?
“Gli animali che maggiormente coinvolgiamo nella terapia sono quelli domestici come cani, gatti, conigli, anche i cavalli (si parla allora di ippoterapia e riabilitazione equestre) e gli asini”.
Perché la scelta di animali domestici?
“A differenza di quelli selvatici, possono essere facilmente coinvolti in un’attività relazionale. E’ una norma internazionale, non vi rientrano altri tipi di animale perché il rapporto con l’uomo, instaurato con l’ addomesticazione millenni di anni fa, è tale da salvaguardare la dignità dell’animale. Il caso in cui un selvatico sembri idoneo, non deve fare eccezione alla regola. Non si può essere sicuri che l’animale tolleri tutte le situazioni che gli si possono presentare e si creerebbero precedenti pericolosi. Inoltre, gli animali non domestici non possono essere portati nelle strutture mediche a salvaguardia della loro e della nostra salute.
Negli IAA, perciò, sono d’ausilio esclusivamente le specie domestiche che hanno, per coevoluzione, affinità alla convivenza con l’uomo e ne accettano il contatto. Anche l’ausilio di un cetaceo come il delfino è stato messo in discussione. I centri che lavorano con etica di salvaguardia del benessere della specie, lavorano in mare aperto. L’unico centro presente nel Mediterraneo è il Dolphin Reef di Eilat in Israele”.
Con l’associazione seguite più uomini o donne?
“Non c’è una sostanziale differenza, sono poco più gli uomini post ictus che seguono la terapia con cane, gatto, cavallo”.
L’Italia è il paese più longevo dell’Unione Europea con la maggiore percentuale di ultraottantenni. L’indice di vecchiaia è di 148,6 anziani ogni 100 giovani (Istat 2103) e, per promuovere il benessere dell’anziano, i 53 Stati Membri della Regione Europea dell’OMS, hanno concordato una comune nuova politica sanitaria di riferimento: Salute 2020, Health 2020. A tal proposito, è quindi necessario valutare non solo la salute fisica della persona anziana, ma anche tutte le altri differenti dimensioni, quali la sfera cognitiva, quella sociale, emotiva, affettiva, ambientale e funzionale.
“Gli Interventi Assistiti con Animali (IAA) – ha spiegato la dottoressa Trinchero – possono in gran parte rispondere a queste esigenze, in quanto consentono alla persona anziana di essere stimolata e aprirsi verso l’esterno. Sono molteplici i benefici, avvalorati da numerosi studi, sia a livello fisico-motorio (riduzione della pressione sanguigna, regolazione della frequenza cardiaca e stimolazione del movimento) sia a livello cognitivo, comportamentale e psicologico (miglioramento delle capacità di attenzione e di memoria, miglioramento del tono dell’umore e riduzione della depressione, aumento dell’autostima e del senso di benessere e riduzione del senso di solitudine)”.
Per gli anziani, quali sono gli animali che vengono più coinvolti nella terapia?
“Generalmente cani o gatti perché accendono i ricordi e la persona è più stimolata ad andare verso quel determinato animale. È più stimolato all’approccio. In genere però, rimangono più attivi nel lavorare con il cane. Prima del suo arrivo c’è una totale apatia verso ambiente esterno e le persone presenti; l’atteggiamento cambia quando arriva l’animale”.
Con quale tipo di pazienti si sono ottenuti i migliori risultati?
“Riabilitazione post ictus, stati di minima coscienza, alcune patologie metaboliche, neurologiche (Alzhaimer) e psichiatriche e, soprattutto, nella fascia di patologie pediatriche, sindrome della sfera autistica e alcune sindromi neuromotorie. Per ognuna di queste patologie è ormai presente un’ importante referenza scientifica, soprattutto internazionale”.
Può raccontare qualcuno dei successi raggiunti?
“Ricordo con orgoglio il caso del cane Lester, un meticcio preso in canile che ha fatto un miracolo vero e proprio con una persona in stato di minima coscienza. Il paziente non parlava, completamente allettato. Nella fase iniziale, le mani del paziente sono state poste sul cane, sul torace per farne avvertire il respiro sul suo respiro, sul suo cuore, una volta la settimana. Alla quarta seduta abbiamo rivolto al paziente delle domande specifiche sugli animali che incontrava, il cane e il gatto, del tipo: “Mario, hai mai avuto dei cani?” Senza alcun preavviso ha emesso vocalmente parole perfette come “sì”. “Preferisci cane o gatto?”, lui ci ha risposto cane. Siamo rimasti un attimo attoniti e senza parole. Ricordo che il paziente non si esprimeva vocalmente da 4 anni. Il cane sin da subito ha assunto degli atteggiamenti spontanei per stimolare questa persona.
La cosa sbalorditiva è vedere questi animali che hanno una sensibilità con la persona con cui sui rapportano che è particolare, capiscono l’esigenza della persona, l’umore e si sanno rapportare di conseguenza.
Un secondo esempio è quello riferibile a una ragazza con esiti da coma minimamente responsivo per un incidente stradale, con tetra paresi spastica e impossibilitata a parlare, stabile da tre anni, che dopo solo un mese e mezzo di TAA ha incominciato a diminuire lo stato spastico, ha riacquistato poi il controllo del tronco inferiore, a utilizzare in modo congruente la mano destra e ad articolare scientemente. La festa per il suo 26° compleanno, dopo tre mesi di terapia, è stato un vero e proprio evento con lei protagonista, coinvolta in risate e coccole da parte della grande Karina, la cagna IAA che l’ha letteralmente riportata alla vita. Il particolare più clamoroso è avvenuto, però, nei primi due secondi di TAA. Ero stata avvisata che la paziente non poteva essere toccata da estranei. Accettava solo due persone di famiglia e si esprimeva con crisi ipertoniche. Al primo incontro, Karina si è avvicinata spontaneamente a lei e le ha leccato una mano. Istintivamente io gliel’ho asciugata passando la mia mano sulla sua. Resami conto di averla toccata, le ho chiesto scusa e lei mi rivolto un grande sorriso. Due secondi dopo le ho chiesto: “ti piace Karina?” Mi ha risposto muovendo le labbra “SI”. “Ti posso prendere la mano per aiutarti ad accarezzare Karina? “Si”.
Un ulteriore caso è riferibile a una bambina di 5 anni affetta da disturbo di stress post traumatico, con esiti in fobia per gli animali. E’ completamente guarita in sei mesi di terapia soggettiva. Lei stessa ha chiesto ai propri genitori di adottare un gattino per avere un amico sempre con se’ “.
Oggi continuano a fare progressi?
“Sì, in tutti e tre i casi”.
In che modo l’interazione tra essere umano e animale aiuta il malato di Alzheimer?
“I lavori scientifici effettuati dimostrano un rallentamento dell’evoluzione della malattia. Il contatto e lo scambio emozionale che avviene tra uomo e animale è molto particolare e profondo, sicuramente differente dai comuni rapporti tra gli esseri umani. Si differenzia tanto sul piano emotivo, occupazionale e soprattutto crea un coinvolgimento molto forte. Molte persone malate di Alzheimer tendono a chiudersi in se stesse a causa della perdita progressiva delle capacità cognitive e il rapporto che si instaura con un animale dà loro modo di ‘riattivarsi’, esternare emozioni, migliorare l’umore e la qualità della vita quotidiana. Uscire dallo stato apatico e depressivo è di fondamentale importanza per il malato di Alzheimer (come per altri malati) e questo tipo di terapia è basata fondamentalmente sul piacere e sull’aver voglia di ‘fare’. La pet-therapy offre al malato una leva motivazionale fortissima. Emerge il piacere di conoscere l’animale, il piacere di trascorrere del tempo in sua compagnia, il piacere di accarezzarlo e giocare. Un altro aspetto è quello emozionale, perché l’animale crea intorno a se’ un clima di grande affettuosità e gioia, un’atmosfera distesa e serena aiuta molto il malato di Alzheimer. Si verifica rilassamento corporeo e diminuzione dell’irritabilità apportando beneficio a livello psichico. Ad oggi si stanno scoprendo i meccanismi fisiologici che portano a tali benefici psicofisici, come l’aumento di produzione di ossitocina stimolata dal contatto visivo uomo-cane”.
Oltre che a livello relazionale, il rapporto uomo-animale dona al malato di Alzheimer altri benefici?
“I maggiori benefici sono a livello relazionale ed emozionale, ma grazie al rapporto con l’animale, il paziente malato di Alzheimer ricorda esperienze del proprio passato legate al contatto con un altro cane o un gatto ed è maggiormente disposto al dialogo, parla con più facilità, quindi i miglioramenti riscontrati sono numerosi e importanti. Non dimentichiamoci che nei ricordi infantili di tutti noi sono presenti animali, sia reali, come il cane, il gatto o il coniglietto, oppure immaginari, come gli animali che popolano le favole, i racconti, i cartoni animati, per non parlare dell’animale di peluche che ci faceva compagnia nel lettino…Questo per dire che l’animale, in ogni sua ‘forma’, accompagna il bambino durante i primi anni di vita e anche oltre. L’anziano colpito da Alzheimer ha la memoria recente distrutta, ma grazie alla terapia vede stimolata la memoria antica e questo flusso di ricordi lontani, sono un bagaglio emozionale estremamente prezioso nel momento in cui viene esternato, raccontato, trasportato dal mondo interiore al mondo esteriore. Un’ulteriore considerazione è che l’azione del ricordare è di per se’ terapeutica, perché il grande cruccio del malato di Alzheimer è non riuscire a ricordare, questo impedimento crea in lui forte ansia e malessere. Nelle pubblicazioni scientifiche viene riportato un altro importante risultato: l’interazione con l’animale è in grado di ridurre l’agitazione e l’aggressività”.
Essere padrone di un cane può aiutare la persona malata di Alzheimer a sentirsi utile, a compiere azioni quotidiane per il benessere dell’animale?
“Assolutamente sì, a condizione che i familiari possano accudire il cane”.
Con Expo 2015 ci sono state delle novità in merito alla pet-therapy, quali?
“Il 17 luglio scorso A.S.SE.A è stata presente a EXPO 2015 per presentare la III edizione del Master “Interventi Assistiti da Animali e qualità di vita” e alcune altre sue attività portate al successo.
E’ stato esposto lo stato dell’arte in Italia, la confusione terminologica e le diverse norme delle Regioni sulle figure professionali che hanno competenza in pet-therapy e infine le difficoltà del reperimento di contributi per poter sostenere i diversi progetti. In alcune regioni è previsto, nel prossimo futuro, in caso di TAA, il rimborso delle spese sostenute.
L’aumento della richiesta di interventi di ogni tipo AAA, EAA, TAA denota la giusta sensibilità che il pubblico italiano sta raggiungendo”
Qual è il suo messaggio?
“Lasciamo che la natura possa esprimersi in noi. Ne siamo parte, è nel nostro codice genetico ed abbiamo grosse responsabilità quali esseri altamente senzienti. Gli animali sono con noi, aiutano, avvisano, hanno cura dell’essere umano. Ci riportano alla consapevolezza che siamo parte e anche custodi dell’ambiente. Tutti insieme, animali e uomini, siamo il mondo che si muove. Portiamo rispetto agli animali e a noi stessi”.