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Progetti made in Italy: i primi prototipi di Robot indossabili per gli amputati transfemorali e le prospettive della tecnologia robotica
Sono prototipi di Robot indossabili i nuovi dispositivi di ultima tecnologia, unici al mondo, testati in Italia, per aiutare a tornare a camminare in modo naturale le persone che hanno subito amputazioni degli arti inferiori al di sopra del ginocchio.
Grazie al progetto, dal nome CYBERLEGs (The CYBERnetic LowEr-Limb CoGnitive Ortho-prosthesis, http://www.cyberlegs.eu), finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del Settimo Programma Quadro con 2.5 milioni di euro, con la coordinazione “made in Italy” dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, l’attività motoria delle persone con amputazioni transfemorali degli arti inferiori potrà essere meno faticosa.
È recente il test preliminare effettuato, con esito positivo, su 11 volontari presso la Fondazione “Don Carlo Gnocchi” di Firenze.
Per sapere nel dettaglio di cosa si tratta, quali sono stati i risultati raggiunti e quali saranno gli obiettivi futuri, Health Online ha intervistato il dottor Nicola Vitiello, ricercatore dell’Istituto di BioRobotica e coordinatore del progetto.
Dottor Vitiello, come nasce l’idea di questo progetto?
“L’idea nasce da un incontro tra bioingegneri e medici (svoltosi nel 2010) durante il quale sono stati analizzati e discussi i problemi motori degli amputati transfemorali. Durante questo incontro abbiamo cercato di identificare nuove soluzioni tecnologiche per restituire una maggiore e più facile capacità di camminare ad una persona che ha subito un’amputazione transfemorale. Infatti, nell’immaginario collettivo è ricorrente pensare che per un amputato transfemorale sia sufficiente una protesi meccanica tradizionale per ripristinare un’ adeguata deambulazione, ma purtroppo non è così. La stragrande maggioranza dei pazienti è costituita da anziani debilitati da patologie sistemiche, che fanno molta fatica a camminare con la conseguenza di ricorrere, sempre più spesso, all’utilizzo della sedia a rotelle.
Partendo proprio da queste considerazioni mi sono chiesto: è possibile sviluppare un sistema robotico indossabile e leggero che permetta ad una persona che ha subito un’amputazione transfemorale di camminare con minore fatica? Da qui è partito uno studio che ha portato alla realizzazione di CYBERLEGs. Il progetto è partito ufficialmente nel febbraio del 2012 ed in tre anni di attività ha portato allo sviluppo di un sistema robotico modulare ed indossabile costituito di 3 parti, che a seconda delle specifiche esigenze del paziente, possono essere utilizzate sia singolarmente che tutte insieme. Il primo modulo è una protesi transfemorale attiva motorizzata, sviluppata dall’Università Libera di Bruxelles. Il secondo modulo è quello che viene indossato al livello del bacino ed assiste la flesso/estensione dell’anca. Il terzo modulo si collega al ginocchio e alla caviglia dell’arto sano (ortesi di ginocchio e caviglia). Tutti e 3 i dispositivi sono motorizzati”.
Ad oggi sono state 11 le persone volontarie che hanno provato le protesi bioniche, ognuno di loro con delle specificità diverse. Qual è stato il metodo di scelta? E ci può spiegare come sono stati condotti i test preliminari?
“Negli ultimi 6 mesi del progetto abbiamo contattato molti pazienti della Fondazione Don Carlo Gnocchi (che ha guidato la sperimentazione pilota) chiedendo la loro disponibilità a partecipare come volontari. Dei pazienti contattati 11 sono risultati idonei (soprattutto per caratteristiche antropometriche, infatti i prototipi non sono ancora adattabili a tutte le “taglie”) a testare i moduli CYBERLEGs.
Per questo studio pilota è stato importante anche tener conto del profilo psicologico dei pazienti: infatti, per un progetto come CYBERLEGs che ambisce ad ottenere la verifica di un’ipotesi scientifica (ovvero che un robot indossabile possa ripristinare un cammino meno faticoso), è importante che i pazienti coinvolti agiscano anche da “collaudatori”, ovvero forniscano agli ingegneri un riscontro sull’effettiva efficacia dei moduli sviluppati.
A tal riguardo, oltre a far indossare i robot, abbiamo formulato dei questionari che i pazienti hanno compilato con due scopi principali. Da una parte volevamo capire se la nuova tecnologia aveva le potenzialità per essere efficace ed utilizzabile nella vita di tutti i giorni; dall’altra volevamo avere spunti per migliorare la tecnologia in termini di confort e di prestazioni, con lo scopo ultimo di sviluppare soluzioni con un elevato livello di personalizzazione. Le persone che si sono rese disponibili al test sono rimaste soddisfatte perché si sono sentite parte attiva di un progetto di ricerca, che contribuisce allo sviluppo della tecnologia e al progresso della scienza”.
Quali sono stati i risultati?
“I principali risultati ottenuti sono due. Il primo risultato –in parte pubblicato sulla rivista scientifica IEEE Robotics and Automation Magazine (Ambrozic et al., dicembre 2014)– conferma l’ipotesi secondo la quale un dispositivo robotico (sia ortesico che protesico) indossabile può essere controllato da un paziente mediante l’utilizzo di sensori indossabili, quali scarpe sensorizzate ed accelerometri. Tali sensori monitorano il movimento del paziente e permettono di “capire” il movimento che l’utente desidera eseguire (esempio: camminare, salire le scale, alzarsi, sedersi, etc.). È a partire dal movimento che il paziente desidera fare che vengono definiti i comandi per i giunti motorizzati dei vari moduli.
Il secondo risultato, per ora non ancora oggetto di pubblicazioni scientifiche, è l’evidenza sperimentale del fatto che sia effettivamente possibile rendere il cammino di un amputato meno faticoso grazie all’utilizzo di uno o più moduli robotici indossabili”.
Dall’ideazione si è passati alla realizzazione e al “collaudo” dei primi prototipi. Questi dispositivi quando saranno disponibili sul mercato?
“Nell’ambito della robotica indossabile, la missione di noi ricercatori è quella di sviluppare nuove tecnologie all’avanguardia e di lavorare per renderle sempre più efficienti, facili da indossare e da gestire. Portare il prodotto delle nostre ricerche sul mercato è compito delle aziende. Personalmente ho fondato a gennaio del 2015 una start-up dal nome IUVO s.r.l. che si pone proprio l’obiettivo di provare a immettere sul mercato uno dei moduli realizzati (ovvero quello per l’assistenza della flesso-estensione dell’anca) finalizzati all’ottenimento di un sistema leggero e di costo accessibile che permetta ad un amputato (e più in generale ad un paziente con “lievi” disturbi del cammino) di ripristinare una deambulazione più efficiente”.
Quali sono gli obiettivi per il futuro del progetto CYBERLEGs?
“La sfida per il futuro è quella di rendere il dispositivo il più leggero e personalizzato possibile, ovvero di tener conto al meglio delle peculiarità di ciascun utente. Questa necessità nasce dalla considerazione che ognuno di noi ha uno schema del passo abbastanza peculiare, anche se apparentemente potrebbe sembrare che tutti camminiamo più o meno allo stesso modo. Se si guarda agli amputati, o in generale a pazienti con disturbi del cammino, il discorso è ancora più complesso: ciascun paziente infatti sviluppa peculiari strategie di compensazione per ovviare alla propria disabilita. Di tali differenze occorre quindi tener conto”.
Più in generale, quali sono le prospettive della robotica indossabile? Quali sono i vostri progetti?
“I moduli del sistema CYBERLEGs sono solo alcuni dei dispositivi robotici indossabili sui quali stiamo lavorando presso il laboratorio dell’Istituto di BioRobotica. Altre sfide che stiamo portando avanti riguardano l’assistenza e la riabilitazione motoria dell’arto superiore e della mano. In particolare, negli ultimi anni abbiamo sviluppato e sperimentato un nuovo sistema per la riabilitazione del gomito (che si chiama NEUROExos Elbow Module). Questo sistema nasce dalla necessità di dare al terapista un nuovo strumento per la mobilizzazione dell’articolazione del gomito, sia in pazienti ortopedici che neurologici (es: nei pazienti post Ictus). Il dispositivo è stato testato con successo su 17 pazienti colpiti da ictus in fase subacuta presso il centro per la riabilitazione “Auxilium Vitae” di Volterra, sotto la supervisione medica del dott. Federico Posteraro. Attualmente i dati sono in fase di analisi e presto saranno pubblicati su una rivista specialistica. A partire dall’esperienza con il modulo di gomito, abbiamo realizzato un nuovo sistema per la riabilitazione della spalla e del gomito, che si chiama NEUROExos. Il sistema è stato sviluppato nell’ambito di un progetto finanziato dalla Regione Toscana, che si chiama EARLYREHAB. Anche in questo caso il robot si indossa e permette la mobilizzazione delle articolazioni di pazienti neurologici o ortopedici, estendendo l’idea testata sul gomito anche alla spalla. L’obiettivo è sempre quello di fornire al terapista uno strumento che permetta al paziente di avere un trattamento riabilitativo intensivo e, grazie ai sensori presenti sul robot, la possibilità di mostrare i progressi della terapia riabilitativa in modo più quantitativo. Lo sviluppo del robot è stato solo recentemente completato e sarà oggetto di una validazione clinica nei prossimi mesi (e non appena ci saranno nuovi finanziamenti).
Infine, negli ultimi cinque anni, abbiamo anche sviluppato un sistema per l’assistenza motoria della mano, chiamato HX che per ora permette la mobilizzazione del pollice e dell’indice di pazienti affetti da una scarsa capacità di presa. Si tratta di un prototipo, che per ora è stato testato su pochi pazienti in Spagna, presso il Guttmann Institute di Barcellona”.
Da cosa nasce il vostro impegno nello sviluppo di macchine indossabili per la riabilitazione e l’assistenza motoria?
“Nasce dalla visione di lungo termine secondo la quale tali dispositivi saranno sempre più utili a soddisfare le esigenze di una popolazione che invecchia e che richiede supporto per avere il più a lungo possibile una vita autonoma ed indipendente. In altre parole, aiutando pazienti con danni cronici a muoversi o pazienti che necessitano di un percorso riabilitativo a riprendere un’ adeguata capacità motoria, i robot indossabili potranno essere di aiuto a creare una condizione di welfare sostenibile per una società che nei prossimi anni sarà sempre più anziana e fragile”.
La ricerca e la tecnologia, oggi, sono riuscite a ideare e sviluppare dei dispositivi eccellenti e unici al mondo dove l’Italia ha giocato e giocherà un ruolo di primo piano dal punto di vista internazionale.
Per ora un messaggio di speranza che auspichiamo presto possa diventare realtà.