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QUELLO CHE SULLA VIOLENZA E SUL MALTRATTAMENTO NEI CONFRONTI DELLE DONNE NON VIENE DETTO
L’intervista a Patrizio Schinco Direttore del Centro Supporto ed Ascolto Contro la Violenza DEMETRA A.O.U. Città della Salute di Torino.
Si è celebrata il 25 novembre scorso la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, data simbolo per ricordare il 25 novembre 1960 quando le sorelle Mirabal, attiviste politiche della Repubblica Dominicana, furono violentate e uccise da uomini dell’esercito durante la dittatura di Rafael Trujillo.
Mutua Mba, società di mutuo soccorso leader nel panorama della Sanità Integrativa ha pubblicato un articolo per sottolineare l’importanza dell’evento e le iniziative organizzate sul territorio italiano.
Non si devono mai spengere i riflettori contro la violenza sulle donne perchè è una piaga sociale ancora da estirpare.
Secondo i dati della Polizia nei primi mesi del 2018 in Italia sono stati registrati 32 i femminicidi, in calo risultano i cosiddetti reati-spia: maltrattamenti in famiglia, stalking, percosse, violenze sessuali.
Parallelamente crescono denunce ed arresti. Gli ultimi dati Istat fanno inoltre sapere che le donne che si sono rivolte ai Centri antiviolenza nel 2017 sono state oltre 49 mila di queste oltre 29 mila hanno cominciato un percorso di uscita dalla violenza. Chi si rivolge ai Centri Antiviolenza nel 27% dei casi sono donne straniere e il 63,7% donne con figli nella maggioranza minorenni.
Si è svolto di recente un Convegno dal titolo “Quello che sulla violenza e sul maltrattamento non viene mai detto”, presso l’Aula Magna dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino dove sono intervenute Associazioni che nel silenzio in questi anni hanno messo a disposizione dell’ospedale risorse per finanziare attività e Borse di studio.
E’ stata presentata una Borsa per un medico che si applichi allo studio ed all’assistenza alle vittime in Pronto soccorso ed in particolare presso il Centro Supporto ed Ascolto Contro la Violenza DEMETRA diretto dal dottor Patrizio Schinco.
Abbiamo rivolto qualche domanda al dottor Schinco.
Dottor Schinco, quali sono stati i risultati raggiunti con l’evento?
“La pubblicizzazione delle iniziative contro la Violenza di Genere risponde alla necessità di tenere i riflettori accesi sul fenomeno e impedire che passi la consegna del silenzio, tuttavia la gran parte delle manifestazioni che si tengono sul tema riflettono quasi esclusivamente una impostazione di tipo rivendicativo dove la violenza di genere è sempre un mezzo di coercizione e di dominio di un sesso maschile nei confronti del sesso femminile. Tale impostazione impedisce che si parli della violenza come di un fenomeno trasversale nella società di cui la violenza di genere è uno degli aspetti ma la cui soluzione non consiste nella sola stigmatizzazione del sesso maschile . Il nostro convegno mostrando modelli di intervento silenziosi ma non per questo meno efficaci ha avuto il pregio di far apprezzare il lavoro di chi in silenzio opera fattivamente contro la violenza senza per questo farne una bandiera politica”.
“Quello che sulla violenza e sul maltrattamento non viene mai detto” è stato il titolo del Convegno. Cosa non viene detto sul maltrattamento e sulla violenza alle donne?
“Ciò che passa sotto silenzio è il fatto che attorno alla violenza si muovono molti attori, non tutti sono etichettabili solo come “ vittime “ o “ carnefici”: ci sono persone che sono violente perché hanno subito la violenza prima di esercitarla a loro volta, ci sono le famiglie disfunzionali dove anche madri e sorelle tacciono contente perché stavolta la violenza non è toccata a loro e abbandonano all’agire violento la sorella, la figlia la nipote . Il legame che lega la vittima all’aggressore spesso è un legame di dipendenza dove la violenza che è stata introiettata come modello in una famiglia patologica viene subita ma anche desiderata come espressione di interesse e come rimedio all’essere ignorata del tutto: meglio essere maltrattata ma in qualche modo riconosciuta sebbene come vittima che ignorata e non riconosciuta, tale legame è così forte che persino il dolore diventa il veicolo di un riconoscimento da parte dell’altro”.
Lei è il Direttore del Centro Supporto ed Ascolto contro la violenza Demetra. Ci può spiegare qual è il vostro lavoro e in che modo aiutate le vittime di violenza?
“Le vittime che giungono al nostro Centro vengono riconosciute nei loro bisogni, autenticate come soggetti con un valore intrinseco ed attraverso il riconoscimento come persone si interrompe la paura del non venire riconosciute se non attraverso la sofferenza. Un volta recuperata la fiducia le persone vengono accompagnate in un percorso di riabilitazione basato sul riconoscimento delle emozioni e su di un percorso mutativo della personalità autonoma e non più dipendente”.
Durante il corso del Convegno c’è stata anche la testimonianza di una vittima di violenza che riportato la sua testimonianza e di come il Centro Demetra abbia cambiato la sua vita tanto che il dottore stentava nel riconoscerla (dottore non mi riconosce? Sono Cresciuta). Quanto è importante avere il coraggio di parlare e di rivolgersi alle Associazioni come quella da lei diretta?
“Questo è un evento che raramente si verifica, anche per me è stata la prima volta che una vittima abbia trovato il coraggio di testimoniare in pubblico: il grido della persona che si è liberata esprime proprio il nucleo dell’intervento. Solitamente si sente dire : “ le donne non vogliono denunciare , le donne non vogliono andare via dal maltrattante” ed invece è il contrario. Anche il luogo comune di tenere tutto nascosto tutto fra donne invece di aiutarle le condanna ad una nuova vittimizzazione. E’ sintomatico che proprio per la prima volta nel nostro Centro ove si adotta un vero modello di intervento scientifico basato sull’utilizzo degli strumenti tecnici del Progetto Menninger sia accaduto questo evento. Non si possono avere risultati senza evolvere in un modello di intervento scientifico e non maternalistico limitato a restringere le coscienze e dove sostanzialmente le vittime vengono abbandonate emotivamente a se stesse”.