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DA RAINMAN A THE GOOD DOCTOR: I DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO AL CINEMA E IN TV
Secondo IMDB.com, il database online che raccoglie tutto quanto relativo a cinema e TV del mondo, sono 337 i titoli di film, documentari e serie che dal 1969 hanno affrontato il tema dell’autismo, della sindrome di Asperger e in generale delle condizioni che oggi rientrano nella definizione più ampia di disturbi dello spettro autistico.
Sicuramente a livello mondiale un film di grande impatto è stato Rain Man – L’uomo della pioggia (1988), con un indimenticabile Dustin Hoffman che per tanti rimane l’emblema della condizione autistica, sebbene ritragga un individuo molto particolare, con una forma di autismo molto particolare, visto solo in un breve segmento specifico della sua vita. Negli ultimi anni è aumentato esponenzialmente il numero di film e serie TV (anche italiani, come le recenti pellicole In viaggio con Adele, Quanto basta e Vengo anch’io) che, a volte in forma di commedia, a volte in forma di dramma, cercano invece di proporre una immagine più completa e approfondita della vita delle persone con disturbi dello spettro e dei loro familiari e amici, al punto che ricercatori e medici hanno iniziato a svolgere studi mirati per valutare l’autenticità di quanto rappresentato e gli effetti sul pubblico.
A tal proposito, è molto interessante l’articolo intitolato Pros and Cons of Character Portrayals of Autism on TV and Film, pubblicato lo scorso anno sul Journal of Autism and Developmental Disorders, che prende in esame proprio vantaggi e svantaggi della rappresentazione di personaggi con disturbi dello spettro autistico o con tratti tipici dell’autismo al cinema o nelle serie televisive. Nell’articolo, infatti, i ricercatori (norvegesi e statunitensi) analizzano i dati raccolti nel corso di due decenni anche in ricerche precedenti e osservano come rispetto al passato sia cambiato il punto di osservazione. Un tempo si metteva l’accento sulle reazioni violente “ad effetto” a volte presenti in alcune condizioni psichiatriche come la schizofrenia o il disturbo della personalità multipla, spesso introducendo esasperazioni e forzature rispetto alla realtà. Mancava quasi completamente la rappresentazione delle persone affette da disturbi dello spettro autistico: oggi invece l’attenzione si sta spostando proprio su di loro, probabilmente anche a causa del forte incremento di casi diagnosticati annualmente (il 15% in più di nuove diagnosi entro il compimento degli 8 anni negli Stati Uniti rispetto a qualche anno fa secondo i CDC). L’accuratezza della realizzazione televisiva o cinematografica, spiegano gli studiosi, è essenziale per definire la differenza fra un ritratto errato, che può peggiorare ignoranza, pregiudizi e stereotipi sulla condizione, e uno autentico, che al contrario può contribuire a diffondere consapevolezza e conoscenza di tutte le sfumature dello spettro. Proprio Rain Man viene preso in esame nell’articolo come film con “pro e contro” da questo punto di vista. Da un lato il film è stato indubbiamente un rompighiaccio essenziale che ha portato prepotentemente alla ribalta l’autismo, prima quasi sconosciuto al grande pubblico. Dall’altro costituisce un esempio di quell’abbinamento “autismo-savantismo” troppo spesso insistito nella fiction. La sindrome del ‘savant’ definisce la presenza di facoltà speciali in settori molto specifici, spesso legati alle capacità mnemoniche, in persone che per altri versi presentano aspetti di ritardo cognitivo. Nella realtà, avvertono gli autori dell’articolo, elementi di savantismo di vario grado sono presenti in meno di un terzo delle persone con disturbi dello spettro, ma continuano a essere prevalenti nei ritratti cinematografici e televisivi.
Il connubio “autismo-savantismo” si ritrova anche nella recentissima serie The Good Doctor, approdata con enorme successo pure in Italia, che ha soprattutto il merito di prendere in considerazione, con sensibilità e delicatezza mai superficiali, aspetti emotivi, psicologici e pratici del quotidiano: tramite la storia del protagonista, un giovane chirurgo con autismo e sindrome del savant, affronta la questione se sia possibile per una persona autistica essere un buon dottore (ponendo al contempo la domanda non banale “cosa definisce un buon dottore?”) e, indirettamente, esplora quale possa essere la strada per condurre una vita serena e completa convivendo con i disturbi dello spettro.
Se film e serie TV di nuova generazione sono spesso abbastanza accurati da contribuire a diffondere la conoscenza e far comprendere meglio alcuni aspetti della condizione, l’eterogeneità tipica e la linea non ben definita fra appartenenza allo spettro e situazioni limite rendono impossibile rappresentare l’intero ventaglio di sfumature in un solo film o una sola serie. In altre parole, guardare appunto un solo film o una sola serie non è sufficiente per farsi una idea completa, concludono gli autori dell’articolo, ma guardarne diversi, in combinazione, può tradursi in uno specchio della complessità della condizione autistica.
The Good Doctor quindi, ma anche Temple Grandin – Una donna straordinaria, Il faro delle orche, Atypical, Tutto ciò che voglio: sono solo alcuni dei titoli che possono aiutarci a ricomporre parte del puzzle, per comprendere meglio l’aspetto umano di una condizione che per molti rimane ancora remota e misteriosa.