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La salute come bene comune; il ruolo delle società di mutuo soccorso
È un dato oramai certo la crisi nel nostro sistema sanitario nazionale, che sembra ormai un vecchio e stanco funambolo che fatica a mantenere l’equilibrio a causa delle molteplici spallate che da anni continuano a colpirlo e della lenta e progressiva erosione della base su cui cammina.
Le minacce provengono da più fronti e sono sempre più forti, tanto da mettere in discussione la “sostenibilità” stessa del Servizio Sanitario Nazionale, ovvero la tutela della salute attraverso quelli che sono i principi di universalità, uguaglianza e globalità delle cure che ne hanno fatto negli anni uno dei sistemi sanitari migliori al mondo.
Corollario di questo scenario sono gli ultimi decenni caratterizzati da politiche di riduzione dell’intervento pubblico, di arretramento dello Stato e di compressione delle tutele sociali.
La crisi economica, infatti, ha trasformato il politicamente impossibile nel politicamente inevitabile e offerto strade per nuove opportunità per sopperire alle cogenti mancanze di un sistema sanitario nazionale sino ad ora fulcro del substrato sociale nazionale.
La nostra Costituzione all’art. 32 sancisce che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”
Detto articolo sancisce il principio secondo il quale la salute sia un bene comune, ovvero inteso come un “bene” di cui tutti hanno diritto di usufruire, indipendentemente da ogni condizione di reddito, di radici etniche e di opzioni ideologiche, l’idea e l’esigenza, dunque, che la salute, intesa come bene essenziale per la vita dell’uomo debba sfuggire alla logica della proprietà privata, del mercato e del profitto e vadano comunque tutelati dalla legge come beni collettivamente controllati e potenzialmente disponibili “per tutti”, di interesse di tutti.
Nel nostro Paese, dotato di un sistema sanitario pubblico, anche il diritto egualitario di tutti gli uomini alla difesa della propria salute appare ufficialmente riconosciuto. Tuttavia esso appare manifestamente limitato ad un gran numero di diseguaglianze sociali di vario ordine, che pesano fortemente sia in relazione ai fattori di rischio sia in relazione all’accesso e ai benefici dei servizi sanitari.
È ben chiaro che la promozione della salute investe quasi ogni settore della programmazione socio-politica. E tuttavia , anche in questo orizzonte sembra importante domandarsi se, per quanto specificatamente le concerne, la gestione della sanità possa essere in grado, nelle sue formi attuali e nelle attuali condizioni, di affrontare gli odierni compiti della difesa e della promozione della salute per tutti i cittadini.
Come tutte le crisi oltre i costi economici e sociali da pagare, spesso si aprono anche nuove opportunità.
Ed infatti, la proposta della salute e della sanità come “beni comuni” non può non comportare, inevitabilmente, qualcosa di più di una generica gestione pubblica della sanità e, comunque, il superamento dell’attuale modello economistico-aziendalistico di sistema sanitario pubblico.
Pertanto la proposta di un passaggio della gestione del settore sanitario dal “pubblico” al “comune” comporta una forte enfasi sulla soggettività sociale e, in particolar modo, sull’attiva partecipazione collettiva ai vari processi decisionali e operativi concernenti la salute. Da ciò ne consegue l’utilizzazione e la messa in campo della soggettività dei cittadini, delle loro varie forme di organizzazione collettiva e di rappresentanza locale e settoriale, delle attività e dei movimenti per la riduzione delle disuguaglianze di opportunità e per la costruzione di contesti ambientali più vivibili, l’utilizzazione e la messa in campo, dunque, delle allargate risorse che ne possono risultare e che vengono oggi complessivamente definite con il termine di “capitale sociale”.
In questo quadro, pertanto, trovano il loro spazio e la loro forza le Società di Mutuo soccorso, istituite con la legge n. 3818 del 1886, ultimamente modificata dal D.Lgs. n. 179 del 18 Ottobre 2012, convertito in Legge il 13 Dicembre 2012.
Queste ultime costituiscono la rappresentazione del ruolo della mutualità in risposta alla crisi del welfare. Attualmente in Italia sono attive circa 2.000 società di mutuo soccorso che svolgono principalmente fornitura di assicurazione sanitaria integrativa e di sostegno in caso di fabbisogno.
Il mutuo soccorso nasce principalmente come risposta collettiva alle conseguenze drammatiche del processo di industrializzazione e segna l’affermazione concreta della rivendicazione di dignità e di autonomia di interi gruppi sociali che affermano concretamente la volontà di difendersi collettivamente dai rischi del mercato
Attualmente le Società di Mutuo Soccorso (SOMS) costituiscono organizzazioni non lucrative tenute a reinvestire i propri utili secondo i fini statutari. Coloro che vi aderiscono diventano soci con diritto di partecipazione agli organismi di governo. Non discriminano all’accesso e non praticano il diritto di recesso. Praticano tariffe inferiori a quelle di altre organizzazioni grazie alla loro capacità di realizzare economie di gestione, di avvalersi, almeno in parte, di volontariato, di stipulare convenzioni vantaggiose soprattutto con organizzazioni che fanno parte del sistema cooperativo, di godere di una fiscalità agevolata.
La struttura organizzativa delle società di mutuo soccorso mostra concretamente la possibilità di coniugare efficienza e democrazia, salvaguardando i valori di giustizia sociale.
Pertanto sulla base di quanto sino ad ora esposto si può concretamente affermare che le Società di Mutuo Soccorso possono costituire un modello di sanità privata che non intenda entrare nelle logiche di mercato proposte dalle compagnie di assicurazione.
Ed infatti per chi si interroga sul futuro del welfare e sulle sue mancate promesse, l’interesse scaturisce dalla ricerca di fonti alternative di finanziamento della sanità e dalla constatazione che il ricorso al mercato attraverso le compagnie di assicurazione ha dato finora risultati modesti.
Quale sarà il futuro percorso delle Società di Mutuo Soccorso, non ci è dato saperlo ma ciò che conta in questo scenario di profonda insoddisfazione nel Servizio Sanitario Nazionale non può che far sperare e desiderare uno sviluppo sempre maggiore di queste nuove forme di mutualità, che vedono come punto centrale della propria struttura l’individuo e la collettività.