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Sanità, un sistema integrato pubblico-privato presto realtà?
Un nuovo sistema di welfare. Questo chiedono gli italiani, stanchi di avere quotidianamente a che fare con un sistema che avvertono come sempre più lontano, che non solo non risponde più alle loro esigenze, ma è diventato ormai fonte di ansia e preoccupazione.
è quanto emerge dall’indagine del Censis “Bilancio di sostenibilità del welfare italiano” e dalle ricerche delle associazioni dei consumatori realizzate per il Forum Ania-Consumatori, fondazione promossa dall’Ania (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici), che ha l’obiettivo di rendere ancora più costruttivo il dialogo tra le imprese di assicurazione e i consumatori. I dati, presentati lo scorso 20 ottobre in un convegno a Roma, con la partecipazione di autorevoli rappresentanti del mondo accademico, istituzionale, economico e sociale, fotografano una situazione piuttosto sconfortante e mostrano un sistema incapace di individuare prontamente i nuovi bisogni dei cittadini.
Purtroppo, oltre ad aumentare l’incertezza sul futuro delle pensioni, per ogni nucleo familiare diventa sempre più difficile gestire le spese sanitarie e quelle determinate dalla non autosufficienza di un proprio congiunto. Inoltre, l’attuale sistema rappresenta per le famiglie, un crescente onere economico, oltre, naturalmente, alla tassazione ordinaria.
Secondo il Censis, infatti, il 53,6% degli italiani dichiara di pagare “di tasca propria”, al di fuori di qualsiasi schema mutualistico, molte delle spese che un tempo venivano coperte dal sistema di welfare nazionale, poiché la copertura dello stato sociale si è ridotta: i cittadini pagano il 18% della spesa sanitaria totale – cioè, oltre 500 euro pro capite annuo – contro il 7% registrato in Francia e il 9% in Inghilterra. Per molti italiani la salute è diventata un lusso: nel 41,7% delle famiglie almeno una persona in un anno ha dovuto rinunciare a una prestazione sanitaria, a causa delle lunghe liste di attesa nella sanità pubblica e dei costi proibitivi della sanità privata. I tagli degli ultimi anni hanno quindi prodotto una maggiore esposizione finanziaria delle famiglie che ha acuito, di conseguenza, le disuguaglianze sociali. “Il welfare italiano sta cambiando – ha dichiarato Giuseppe De Rita, Presidente del Censis – e le famiglie rispondono con processi di adattamento che includono una forte esposizione finanziaria, anche con fenomeni di rinuncia alle prestazioni. Questo cambio del welfare è problematico e non ci saranno grandi riforme. Ciò di cui c’è bisogno è che la famiglia ritrovi quella percezione di fiducia essenziale per fare sviluppo.”
Infine, la non autosufficienza: nel nostro Paese le persone non autosufficienti che necessitano di assistenza sono circa 3 milioni. Le badanti sono 1,3 milioni, e comportano per le famiglie italiane una spesa di circa 10 miliardi l’anno.
La fotografia del Censis impone risposte tempestive soprattutto da parte della politica.
Il Forum Ania-Consumatori si è proposto proprio di delineare un nuovo modello per il welfare del nostro paese, equo e sostenibile, fornendo spunti per una riforma che aiuti i cittadini a spendere meno e allo stesso tempo a non rinunciare a curarsi. “Le indagini fatte – ha affermato in una nota Pier Ugo Andreini, Presidente del Forum Ania-Consumatori – dimostrano che il sistema attuale di welfare è inadeguato alle reali esigenze dei cittadini. Ne è un chiaro esempio il fatto che gli Italiani pagano di tasca propria le spese sanitarie in misura doppia rispetto ai Francesi e agli Inglesi. Siamo convinti che gli assicuratori possano rendere più efficiente questa spesa e i consumatori possano rendere i cittadini sempre più consapevoli e informati.”
Una apertura è arrivata anche dal Governo: “Se un sistema sanitario nazionale definisce ciò che deve essere garantito a tutti, supererei questo manicheismo ideologico che interviene ogni volta si parli di fondi integrativi, che garantiscono 2-3 miliardi di prestazioni l’anno di tipo anche non essenziale”, ha detto, in un intervento al convegno, Vito De Filippo, sottosegretario al Ministero della Salute.
Assicuratori e consumatori hanno elaborato insieme otto proposte. Prima di tutto, la trasparenza: è doveroso fornire informazioni chiare e complete a ogni cittadino sulla situazione pensionistica e sulle prestazioni attese, anche per orientare verso scelte consapevoli per il proprio futuro previdenziale. E ancora, si affronta il problema della non autosufficienza – il 78% degli italiani è favorevole ad una assicurazione contro la non autosufficienza – , quello della lotta al fenomeno delle liste di attesa, e si chiede di definire con chiarezza i LEA (Livelli Essenziali di Assistenza).
Il Forum propone, inoltre, in un quadro di regole chiare e uniformi che faccia riferimento ad un Testo Unico delle forme sanitarie integrative (fondi e casse sanitarie, società di mutuo soccorso, polizze malattia di imprese di assicurazione), di incentivare lo sviluppo di sistemi mutualistici di copertura sanitaria integrativa, sia in ambito collettivo sia per le singole famiglie, per conferire maggiore efficienza e trasparenza alla spesa dei cittadini. Infine, un sistema equo e sostenibile non può prescindere da una politica fiscale che sia realmente “pro-welfare” e che nel medio/lungo periodo sia positiva per i conti pubblici.
In occasione del diciassettesimo Annual Assicurazioni del Sole 24 Ore, lo scorso 27 ottobre, il presidente dell’Ania, Aldo Minucci, ha lanciato una proposta: “Noi possiamo favorire un sistema integrato pubblico e privato della sanità, garantendo una riduzione dei costi per lo Stato senza che questo si traduca in una diminuzione della qualità e dell’efficienza dei servizi”.
“Pur mantenendo l’accesso universalistico ai servizi sanitari pubblici, alcune prestazioni dovrebbero essere offerte gratuitamente solo a chi è davvero in condizioni vulnerabili – ha spiegato il presidente dell’associazione degli assicuratori – gli altri sarebbero chiamati a sostenere il costo di servizi integrativi ovviamente incentivati sotto il profilo fiscale”.
Per i cittadini con maggiori disponibilità economiche, e per alcune prestazioni, come la diagnostica e la prevenzione, campo libero quindi al privato e alle assicurazioni, con una defiscalizzazione delle polizze sanitarie.
L’aspettativa di vita è aumentata, c’è un crescente bisogno di salute e di cure a cui lo Stato non è evidentemente più in grado di rispondere tempestivamente.
Tempi di attesa infiniti e scarsa efficienza costringono infatti, come abbiamo visto, sempre più cittadini a rivolgersi al privato. Le ultime riforme in maniera sanitaria hanno inoltre ridotto ulteriormente la copertura: presto, grazie al decreto sulle prestazioni inappropriate previsto dal Dl Enti Locali, 208 accertamenti, anche di routine, tra cui Tac, test allergologici, risonanze magnetiche, saranno erogati solo a particolari condizioni. Ecco perché le soluzioni privatistiche dovrebbero essere incentivate.
Ciò porterebbe, secondo Minucci, a meno costi per lo Stato, servizi migliori e di qualità, e si abbasserebbero anche i costi delle polizze assicurative.
Le compagnie di assicurazione quindi, assumerebbero un ruolo fondamentale. Non dovrebbero più occuparsi solo di questioni risarcitorie, dovrebbero trasformarsi in veri e propri “erogatori di servizi”. Si tratta, per Minucci, “di un salto di qualità” che le società assicurative italiane devono fare per “dimostrarci assicuratori a 360 gradi”. Questo perché “lo Stato non può più permettersi di accompagnare i cittadini dalla culla alla bara”. Un ruolo altrettanto chiave potrà essere svolto anche dalle associazioni mutualistiche – attualmente il Ministero delle Attività Produttive ne ha riconosciute 32, tra le quali Mutua Basis Assistance, che dal 2012 è prima in Italia per adesioni.
Favorevole ad una compartecipazione pubblico-privata si è detta anche Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria, intervenendo al convegno Forum Ania-Consumatori. Nella gestione del sistema sanitario, “è importante ripartire dall’articolo 32 della Costituzione per garantire il diritto alla salute a tutti i cittadini, assicurando la gratuità delle prestazioni agli indigenti”, ha detto, sottolineando però l’esigenza di “prevedere dei meccanismi di compartecipazione pubblico-privata, sia diretta che indiretta (in questo caso anche con sistemi assicurativi), ai costi delle prestazioni sanitarie”.
Una riforma della sanità che realizzi un efficace sistema misto pubblico-privato ridurrebbe l’area degli esclusi razionalizzando la spesa e concentrando le risorse pubbliche laddove sono davvero necessarie.
Le assicurazioni detengono una posizione di leadership nella sanità integrativa italiana. Come riporta Ania in un position paper pubblicato lo scorso maggio, sono circa un milione e mezzo le famiglie direttamente coperte attraverso una polizza malattia (ramo danni) che prevede l’impegno a rimborsare le spese sanitarie sostenute dall’assicurato e/o dai suoi familiari o l’erogazione di una prestazione medica attraverso strutture convenzionate.
A questo numero vanno aggiunti i circa 3 milioni di soggetti aderenti a fondi integrativi convenzionati con una impresa assicuratrice per l’erogazione dei servizi sanitari. Inoltre esistono casse sanitarie costituite da assicuratori aperte all’adesione di aziende che intendono offrire ai propri dipendenti garanzie sanitarie integrative a quelle erogate dal SSN.
Un nuovo ruolo del settore privato sembra essere salutato con favore anche dai cittadini, che però chiedono trasparenza, come documenta il Rapporto “Un Neo Welfare per la famiglia 2.0”, realizzato dal gruppo Assimoco e presentato lo scorso maggio alla Camera dei Deputati. Il 49% degli intervistati si dichiara disponibile ad assicurarsi a fronte di un piano famigliare assicurativo personalizzato che consideri le esigenze e le risorse economiche disponibili, dopo aver anche però valutato le effettive coperture già in possesso della famiglia.