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Come si opera il tumore al seno? Le nuove tecniche chirurgiche per rimuovere la neoplasia e ricostruire la mammella
“Pronta per cominciare il prossimo capitolo della vita”. Queste le parole pronunciate dalla famosa cantante statunitense Anastacia dopo aver sconfitto il cancro al seno diagnosticatole per la seconda volta nel 2013.
Come lei anche altre stars internazionali, quali la collega Kylie Minogue, l’attrice Cynthia Nixon, la Miranda Hobbes della serie tv Sex and the City, Olivia Newton-John, la stella di Grease, le attrici italiane Rosanna Banfi e Monica Guerritore, hanno affrontato con determinazione e sconfitto il tumore più frequente nella donna prima e dopo i 50 anni, e sono diventate portavoce e testimonial di campagne di consapevolezza del cancro al seno.
Prevenzione e sensibilizzazione sono le armi principali per combattere il tumore alla mammella. È grazie anche ai numerosi eventi di sensibilizzazione – ottobre è il mese dedicato alla prevenzione – e alle testimonianze, che oggi si parla molto di questa neoplasia e delle paure che accompagnano la donna per tutta la vita.
Il tumore alla mammella è secondo solo alle malattie cardiovascolari, coinvolge il tessuto ghiandolare mammario, simbolo per eccellenza della femminilità e della fertilità nelle donne, ma anche simbolo dell’estetica femminile.
Essere donna è già un rischio di ammalarsi di tumore al seno. A questo va ad aggiungersi il rischio legato allo stile di vita e quello genetico. Essere portatori di geni non significa che si avrà il tumore, ma solo che c’è una maggiore predisposizione nello svilupparlo, per cui è necessario avere una maggiore attenzione e consapevolezza nell’eseguire con regolarità gli esami di screening.
Secondo gli ultimi dati, nel 2017 in Italia sono state circa 50.500 le donne colpite dal tumore al seno, contro le 48.300 del 2015. Il trend di incidenza tra il 2003 e il 2017 appare in leggero aumento (+0,9% per anno) mentre è calato, in maniera significativa, il dato riferito alla mortalità (-2,2% per anno). L’aumento di incidenza è riferito alle donne di 45-49 e di oltre 70 anni e questo potrebbe essere spiegato da un maggior numero di screening mammografici in alcune regioni del Paese che hanno coinvolto anche queste fasce di età (oltre a quella di 50-69 anni per cui storicamente è attivo lo screening).
Nello specifico: tra i 35 e i 44 anni, l’incidenza aumenta lievemente dello 0,6% e la mortalità cala del 2,2%; tra i 45 e i 49 anni la percentuale riferita all’incidenza aumenta dell’1,9%; la mortalità si abbassa dell’1,6% l’anno. Tra i 50-54 anni l’incidenza è sostanzialmente stabile (+0,3%) e la mortalità si abbassa del 3,7%. Stessa cosa per la fascia di età compresa tra i 50 e 69 anni: incidenza è stabile (0,4%) e la mortalità cala dell’1,8% l’anno. Per le Over 70 l’incidenza aumenta dell’1,4% e la mortalità è sostanzialmente stabile (+0,5%).
In sostanza, dai dati è emerso che 1 donna su 8 si ammala di tumore al seno nel corso della sua vita, ma secondo il nuovo volume “I numeri del cancro in Italia 2017”, presentato lo scorso settembre al Ministero della Salute, dall’Associazione Italiana Registri Tumori (Airtum), è emerso che il rischio è del 2,4% fino a 49 anni (1 donna su 42), del 5,5% tra 50 e 69 anni (1 donna su 18) e del 4,7% tra 70 e 84 (1 donna su 21).
Ad oggi, con le nuove metodiche di prevenzione e di trattamento, il cancro al seno se diagnosticato in tempo è guaribile in oltre il 90% dei casi.
Quali sono le nuove tecniche per diagnosticare in fase precoce e addirittura pre- clinica il tumore e quali sono i trattamenti chirurgici previsti per l’esportazione del carcinoma?
Health Online ha intervistato la Dottoressa Simonetta Monti, chirurgo senologo, Assistente Senior presso la Divisione di senologia IEO (Istituto Europeo di Senologia) di Milano e Specialist Breast Surgeon al Medcare Women & Children Hospital di Dubai.
Dottoressa Monti, il cancro alla mammella è una neoplasia che spaventa le donne e la diagnosi precoce è fondamentale per combatterla. Ci sono metodiche innovative che consentono di scovare piccolissime lesioni sospette?
“Oggi abbiamo a disposizione delle metodiche di diagnosi precoce in grado di poter rivelare anche dei noduli piccolissimi che non si sentono al tatto. Alcune lesioni possono essere asintomatiche, ma grazie ai programmi di screening riusciamo a recuperare quelle sospette. Inoltre, l’evoluzione delle tecniche di imaging radiologico (mammografia digitale, tomosintesi, risonanza magnetica) ci consente di individuare lesioni mammarie cosiddette in fase pre-clinica, e quindi in uno stadio iniziale”.
La donna è il primo medico di se stessa, per questo è importante che faccia regolarmente l’auto palpazione. Sentire un nodulo al tatto però non sempre fa pensare ad una diagnosi di tumore, è così? Quando è necessario sottoporsi a esami specifici?
“La donna conosce i cambiamenti del suo seno e l’autopalpazione è uno strumento importante per aumentare la consapevolezza che nella propria mammella c’è stato un cambiamento che magari va indagato in maniera più approfondita o che va meglio studiato.
Ci sono una serie di strutture e lesioni benigne che fanno parte della normale storia fisiologica della ghiandola mammaria: le cisti, i fibroadenomi e anche molte calcificazioni rilevate alla mammografia non sono tutte maligne.
È bene comunque rivolgersi al proprio medico o senologo quando si nota una tumefazione o un nodulo precedentemente non presenti, un arrossamento della mammella, la presenza di una retrazione cutanea, o di una secrezione dal capezzolo, al fine di poter procedure agli ulteriori approfondimenti diagnostici”.
Una volta diagnosticato il tumore, è importante mettere subito al corrente la paziente della malattia e del percorso di cure e terapie a cui va incontro?
“Sì, è importante perché la paziente deve essere sin da subito consapevole che ha un nemico da combattere e sconfiggere e che non è sola nella sua battaglia.
Fondamentale, nella comunicazione della diagnosi, è inviare immediatamente un messaggio di speranza alla paziente, in modo da creare una reazione positiva e di volontà di guarigione all’inizio del percorso.
Ci sono dei protocolli europei da seguire, le linee guida EUSOMA, secondo le quali la comunicazione della diagnosi alla paziente va fatta in tempi precisi, in un ambiente idoneo, lontano da distrazioni esterne, affinchè capisca bene la sfida che la vita le ha messo davanti. Una volta fatta diagnosi di tumore alla mammella, abbiamo circa 4 settimane per poter organizzare e iniziare il percorso oncologico con la paziente. Questo è il tempo standard che si è valutato negli anni in cui la paziente prende consapevolezza del problema e di come affrontarlo non da sola, ma insieme ai medici ai quali si è affidata.
In questo lasso di tempo vengono organizzati tutti gli approfondimenti diagnostici necessari ad organizzare al meglio il trattamento.
In base alle caratteristiche del tumore, alla sua estensione, si può decidere se affidare la paziente inizialmente alle cure mediche e successivamente alla terapia chirurgica. Riunioni multidisciplinari hanno lo scopo di decidere collegialmente i trattamenti più adeguati, discutendo caso per caso tra le varie figure professionali coinvolte (chirurgo senologo, oncologo medico, radioterapista, chirurgo plastico).
Nel caso di pazienti ad alto rischio familiare, poi, la presenza del genetista può aiutare la paziente a stabilire la necessità o meno di sottoporsi ad approfondimenti di tipo genetico per l’individuazione di eventuali mutazioni ed il successivo trattamento consigliato (che può essere rappresentato da una chirurgia di tipo profilattico, da una sorveglianza clinico strumentale ravvicinata nel tempo, o proporre la partecipazione a programmi di farmaco prevenzione).
Si stabilisce il trattamento chirurgico più adeguato e l’eventuale ricostruzione plastica, se non fattibile una chirurgia di tipo conservativa.
Se la paziente presenta problematiche di tipo psicologico legate alla diagnosi della malattia, la si può fare affiancare dalla figura dello psiconcologo, che la assisterà e supporterà a livello psicologico nell’affrontare tale percorso”.
Nei tumori in fase iniziale oggi qual è l’approccio chirurgico?
È possibile eseguire un intervento mirato, minimamente invasivo, effettuato in day surgery con una localizzazione radio guidata che consente di rimuovere la parte malata con precisione e con asportazione minima di tessuto sano, quindi con un minimo danno estetico. All’asportazione chirurgica si accompagna solitamente la biopsia del linfonodo sentinella, che viene analizzato direttamente in sala durante l’intervento, in modo tale di poter asportare altri linfonodi in casi di positività; in casi selezionati è addirittura possibile somministrare, sempre nel corso dello stesso intervento chirurgico, la radioterapia”.
Per i tumori in fase avanzata, o nel caso di tumori multicentrici o multifocali, ovvero tumori che interessano più settori della mammella nei quali non sia possibile salvare la mammella, o che prevedono l’ampia asportazione di settori di mammella, può essere già programmato anche l’intervento di ricostruzione? Quali sono le nuove tecniche chirurgiche?
“Dipende dai casi clinici. Quando le dimensioni del tumore o della mammella sono tali da dover prendere in considerazione un’ampia demolizione della mammella, o nel caso di lesioni mammarie pluricentriche, la chirurgia oncoplastica ci permette di poter effettuare rimodellamenti della ghiandola mammaria, mantenendo forma e dimensione della mammella e nel rispetto della radicalità oncologica, ovvero la rimozione completa del tumore mammario con margini di resezione adeguati.
Nel caso invece in cui non sia fattibile una chirurgia di tipo conservativa e sia invece necessaria la rimozione della ghiandola mammaria in toto, si opera con la tecnica della Mastectomia conservativa, attraverso la quale si procede con la rimozione dell’intera ghiandola mammaria, con conservazione della cute e del complesso areola-capezzolo e l’inserimento contestuale di una protesi mammaria, evitando traumi legati alla perdita della propria immagine corporea e della femminilità.
Per i tumori in fase avanzata (tumori di grandi dimensioni con interessamento dei linfonodi ascellari al momento della diagnosi, o con caratteristiche biologiche di particolare aggressività), prima dell’intervento chirurgico si procede con un trattamento medico pre-operatorio, neoadiuvante, che può essere una chemioterapia associata ad una terapia biologica o terapia ormonale, a seconda delle caratteristiche del tumore, in grado di controllare la malattia e ridurre le dimensioni del tumore per poter poi eseguire una chirurgia di tipo conservativo”.
La chirurgia plastica è ormai parte integrante del trattamento oncologico. Quanto è importante il lavoro dell’equipe multidisciplinare?
È importantissimo. Come accennato in precedenza, parte integrante del percorso della paziente dal momento della diagnosi, è la discussione del caso clinico con un team di esperti composto dal chirurgo senologo, dal medico oncologo, dal radioterapista e dal chirurgo plastico. Quest’ultimo riveste un ruolo fondamentale nell’affiancare il chirurgo senologo e nel decidere il tipo di ricostruzione più adeguato”.
Dottoressa, ricapitolando, quali sono le tecniche innovative nella chirurgia mammaria?
“Le tecniche che abbiamo a disposizione consistono nella chirurgia radioguidata che, mediante l’impiego di un tracciante radioattivo, permette di localizzare e rimuovere lesioni mammarie subcentimetriche in maniera precisa, evitando la rimozione di eccessive quantità di tessuto sano.
Poi c’è la ricostruzione mammaria, eseguita con l’ausilio di materiali particolari (matrici dermiche), che permettono una ricostruzione mammaria adeguata, costituendo un supporto biologico al muscolo preparato per accogliere la protesi, o utilizzando tessuti autologhi nei quali viene mantenuta una vascolarizzazione, e che permettono la ricostruzione anche dopo ampie demolizioni mammarie.
In casi selezionati, si procede con l’utilizzo della radioterapia intraoperatoria, che irradiando in una volta sola durante la procedura chirurgica la sola porzione di mammella colpita dal tumore evita la irradiazione di organi e strutture adiacenti ed elimina la necessità di dover sottoporre la paziente a lunghi trattamenti spesso in centri distanti dalla propria abitazione. Infine, abbiamo a disposizione la chirurgia robotica della mammella che permette, tramite l’ausilio di un robot chiamato Da Vinci, di eseguire interventi con una visuale tridimensionale per il chirurgo e che permette di accedere alla mammella o al cavo ascellare con incisioni cutanee estremamente limitate”.
Qual è il decorso post operatorio?
“Successivamente al trattamento chirurgico, il team multisciplinare deciderà sul trattamento medico e radioterapico che verrà stabilito e personalizzato in base a ciascun caso clinico. La paziente verrà quindi affiancata e seguita nel suo percorso dopo l’intervento chirurgico per affrontare I trattamenti medici e/o radioterapici e nel follow up nei mesi successivi la chirurgia”.
Grazie alla ricerca, allo sviluppo ed utilizzo della tecnologia avanzata e alla chirurgia oncoplastica, che vede insieme un team multidisciplinare di esperti, il tumore al seno oggi si opera con interventi chirurgici conservativi a discapito di quelli demolitivi.
Le nuove metodiche consentono alla donna di difendere una parte del corpo importante per la sua femminilità con una buona risposta psicologica. Ricevere una diagnosi di tumore al seno è devastante sotto tutti punti di vista: distrugge, indebolisce, trasforma la donna. È fondamentale quindi non perdere di vista la prevenzione, utilizzando tutti gli strumenti che oggi abbiamo a disposizione. “Prevenire è meglio che soffrire”, così Rosanna Banfi, figlia del famoso attore Lino Banfi, alias Nonno Libero della simpatica fiction “Un medico in Famiglia”, non perde occasione per ricordare l’importanza della prevenzione. Lei, che ha scoperto il cancro al seno grazie ad un’ecografia dopo essersi accorta di avere una “pallina” con una mammografia, ce l’ha fatta, ha sconfitto il brutto male con grande forza e grazie anche all’affetto della famiglia.
“È inutile pensare alla morte – ha detto nel corso un’intervista – anche perché dal cancro al seno si può guarire. Mettiamo in conto un anno, forse due, di grande rottura di scatole, sapendo però che tutto passa. E senza scoraggiarsi per la propria immagine che cambia. Capelli e guai, come dice il proverbio, non finiscono mai”.