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Sì a tablet e smartphone ai bambini ma con delle regole. Il decalogo dei pediatri americani

2 Marzo 2017

Se un tempo era più che comune guardare per strada un bambino che giocava con il pupazzo del suo supereroe preferito mentre la mamma era intenta a fare la spesa, oggi invece le cose sono del tutto cambiate e tra le mani dei più piccoli troviamo Iphone, tablet, videogiochi, e-book e tanti altri dispositivi elettronici di ultima generazione, che hanno lo scopo di rimuovere ogni briciola di fantasia e immaginazione dalle loro menti per far spazio a una cultura 3.0 che non sempre potrebbe essere educativa e utile alla loro crescita.

Gli apparecchi digitali sono ormai parte integrante della vita di tutti noi, dal mattino a quando torniamo a letto per la notte non possiamo farne a meno, tanto per lavoro quanto per svago o per intessere relazioni sociali, e abbiamo trasferito questa app-mania quasi a nostra insaputa ai bambini, che già dai primi mesi di vita restano affascinati dalle luci dei display presenti in casa. Stando a questa “triste” realtà sociale, per la prima volta l’Accademia Americana dei Pediatri, dopo un accurato studio su alcuni minori, ha stabilito che i dispositivi elettronici non danneggiano la crescita della persona solo se usati con moderazione e con molta accortezza. Per i pediatri del Nuovo Mondo, infatti, telefonini, tablet, e quant’altro, non sono da considerarsi come tabù per i più piccoli, anche se devono essere usati non più di un’ora al giorno e solo dopo i primi 18 mesi di vita. Se in passato il cosiddetto “digiuno digitale” era consigliato fino ai due anni, oggi invece attraverso la rivista scientifica “Pediatrics”, gli esperti spiegano che internet può essere per molti uno strumento educativo.

Pertanto, chi ha detto che un bambino non può usare Skype o non può guardare il suo cartone animato via streaming? Nessuno. Infatti quello che richiedono i pediatri americani è maggiore presenza dei genitori e dei nonni del minore, che hanno il doveroso compito di imporre delle regole da rispettare a tal riguardo tanto in casa quanto fuori casa. Niente schermi un’ora prima di andare a letto e mentre si consumano i pasti giornalieri. Eliminare apparecchi elettronici dalle stanze da letto, favorendo così i rapporti sociali e il contatto con i loro coetanei. Inoltre, resta tassativamente vietato superare i 60 minuti di “screen time” quotidiano.

Altre linee guida. L’AAP esorta i genitori a basare questa specie di dieta mediatica su un rapporto di reciprocità con i propri figli e per nulla fondato sull’autonomia. Ok alla tecnologia ma con le regole che dico io! Uno dei consigli dei pediatri, infatti, è di dare limitazioni chiare al tempo speso davanti agli schermi, anche a seconda del tipo di medium utilizzato, assicurandosi che non tolga spazio ed energie ad altre attività che il bambino dovrebbe svolgere comunemente e quotidianamente, dallo studio, al praticare uno sport o a frequentare amici. Quello che un genitore deve fare è creare un rapporto maturo con il proprio figlio stabilendo con lui alcuni momenti media-free, come quelli dei pasti o dello studio. Stesso discorso vale, come abbiamo già visto, per i luoghi media-free.

Altro compito dei genitori è di non creare dipendenze dalla televisione: molto spesso, infatti, accade che le tv in casa restano accese anche quando nessuno le guarda. Questo è considerato un grave errore dai pediatri, perché così facendo l’adulto innesca inutili interferenze mentre i bambini giocano o mentre svolgono altre attività. Chiaramente, per ottenere un rispetto di queste poche ma fondamentali regole, il genitore per primo deve dare l’esempio abbandonando il proprio telefono una volta entrato in casa e mostrandosi il meno tempo possibile dipendente da una comunicazione 3.0.

Con queste disposizioni pubblicate a fine 2016 non sono del tutto d’accordo i pediatri italiani del Centro per la Salute del Bambino (Csb). “Piuttosto che porre dei limiti, bisognerebbe offrire ai bambini delle alternative”, ammette il dottore Giorgio Tamburlini, “proponiamo loro giochi, letture, musica e passeggiate. Non lasciamo che le tecnologie calamitino tutto il loro interesse. Imparando fin da piccolissimi ad apprezzare altre cose, si rischia meno di farli diventare dipendenti dagli apparecchi digitali. I genitori, ovviamente, devono dare l’esempio”. Tra i primi effetti che sono stati osservati fra i figli dell’era digitale, spiega Tamburlini, “c’è la difficoltà di concentrarsi per la ‘lettura profonda’, quella in cui si richiamano le esperienze passate e si fanno i collegamenti. Il contrario di quella scrematura rapida di un testo cui siamo abituati in rete e perfino con gli ebook”.

Per Stefano Vìcari, responsabile della neuropsichiatria infantile all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, invece, “i libri restano indubbiamente meglio. Raccontati dalla voce dei genitori, lasciano tracce profonde anche nei piccolissimi. Osserviamo minori problemi di lettura e di dislessia fra gli alunni delle elementari abituati ai libri fin da piccoli. Mentre la televisione sotto ai cinque anni sembra addirittura abbassare il quoziente intellettivo, al tablet si può riservare un piccolo spazio. Può servire ad esempio a cercare foto particolari e suggestive. Ma deve essere uno strumento per stare insieme. Va usato solo con i genitori”.

 

 

Tags: bambini, famiglia, pediatri, smartphone, tablet
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Alessandro Notarnicola
Alessandro Notarnicola
Mi occupo di giornalismo e critica cinematografica. Dopo la laurea in Lettere e Filosofia nel 2013, nel 2016 ho conseguito la Laurea Magistrale in "Editoria e Scrittura". Da qualche anno mi sono concentrato sull'attività della Santa Sede e sui principali eventi che coinvolgono la Chiesa cattolica in Italia e nel mondo intero.

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