Questo sito Web utilizza i cookie in modo che possiamo fornirti la migliore esperienza utente possibile. Le informazioni sui cookie sono memorizzate nel tuo browser ed eseguono funzioni come riconoscerti quando ritorni sul nostro sito Web e aiutare il nostro team a capire quali sezioni del sito Web trovi più interessanti e utili.
Quando i social network fanno bene
Non è vero che i social network fanno solo male.
A dimostrarlo è una ricerca americana dell’Istituto di Tecnologia della California basata sulla risonanza magnetica funzionale (Fmri) ha evidenziato come il cervello umano reagisca davanti a situazioni di interazione sociale. È proprio l’attivismo sui social media ad essere uno dei fattori utili ad accrescere la propria autostima sollecitando l’area della corteccia prefrontale (Mpfc), ossia il centro dell’interazione sociale.
Gli scambi di informazioni attraverso questi mezzi sono spesso ridondanti, ma è proprio la ripetitività di alcune idee che stimola i cambiamenti di abitudine creando, spesso, effetti positivi sulla nostra salute.
In particolare, una ricerca recente americana ha preso in esame 2255 adulti statunitensi intervistati nei mesi di ottobre e novembre 2010, e ha rivelato che su 1787 utenti di Internet 975 utilizza un servizio di social networking come Facebook, LinkedIn e Twitter.
Per suffragare i dati raccolti, i ricercatori hanno sottoposto una serie di domande volte a evidenziare i dettagli sulle modalità di uso dei servizi e su come tale utilizzo si colleghi alle scelte personali e ai diversi aspetti della vita sociale.
Secondo i dati rilevati, lo statunitense medio possiede 634 legami sociali tra famiglia, amici stretti, colleghi e conoscenti.
L’utente medio di Internet , invece, presenta 669 contatti comparati con i 506 che non utilizzano Internet. Degli utenti iscritti ad almeno un social network, il 56 per cento è rappresentato da donne .
Facebook risulta essere il sito dominante, utilizzato dal novantadue per cento dell’insieme di individui connessi ai network sociali.
In termini di frequenza di utilizzo, la maggioranza degli intervistati ha affermato di usare di più Facebook.
Per quanto riguarda LinkedIn, il trentacinque per cento degli utenti afferma di utilizzarlo sporadicamente nel corso dell’anno, mentre il venti per cento degli iscritti a Twitter dichiara di essere connessi più volte al giorno.
Pertanto, questi studi smentiscono il mito secondo il quale le persone che utilizzano molto Facebook tendano ad avere una vita sociale poco ricca.
Gli utenti del sito in blu, infatti, presentano una media del nove per cento in più di contatti e legami all’interno dell’intera cerchia sociale rispetto agli altri internauti. I
Inoltre, dal punto di vista della conformazione dei legami sociali, gli iscritti a Facebook dichiarano di investire più fiducia nei legami sociali dimostrando di avere anche un numero maggiore di rapporti sociali forti.
.La media statunitense è di 2,16 amici con cui ci si confida, in crescita rispetto agli anni passati.
Gli abitanti dei network sociali, inoltre, segnano punteggi elevati anche per quanto concerne l’impegno politico mostrando una partecipazione più sensibile rispetto al restante della popolazione.
Dunque, sebbene le ricerche citate non stabiliscano un rapporto causale tra attività sui network sociali e vita reale, alcuni osservatori sono inclini ad affermare che l’incremento dei rapporti umani registrato in rete sia il risultato di più individui iscritti che utilizzano tali strumenti in maniera più meditata, perché non predisposti ad utilizzare tali strumenti come surrogato delle relazioni sociali reali.
Anche l’Australia è concorde sull’effetto ricreativo dei social media e polemizza con l’atteggiamento proibizionista di molte aziende, che continuano a vedere in internet un nemico della produttività, anziché un prezioso alleato. L’Australian Council of Trade Unions, il più grande sindacato dei lavoratori del Paese, sostiene infatti che molti datori di lavoro impediscano ai propri dipendenti di gestire le proprie mail e di effettuare ricerche personali su Internet.
Si riferisce che il sessantasei per cento dei datori di lavoro sorveglia la navigazione dei propri dipendenti, mentre il quarantatré per cento ne controlla la posta elettronica.
Per contro ci sono marchi che hanno capito da tempo che il divieto di accedere al web non funziona e hanno smesso di destinare tempo e soldi a software che bloccano l’uso di internet.
I più lungimiranti utilizzano i social network per la stessa comunicazione aziendale, come modo per discutere idee e progetti con i dipendenti.