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“Sono nato con una sola gamba e faccio il calciatore”. Arturo Mariani racconta la sua storia che inizia con un Sì alla vita

25 Dicembre 2020

Una storia che inizia ancora prima che qualcuno potesse raccontarla e segnata da un forte calcio alla disabilità. Romano doc, determinato e sempre sorridente, Arturo Mariani rappresenta quello schiaffo agli ostacoli che in pochi conoscono, soprattutto quando si ha a che fare con la disabilità fisica. Nato nel 1993, Mariani ha una sola gamba. Se per molti questa potrebbe essere una criticità, per lui e per i suoi genitori è sempre stata una opportunità tale da entrare di diritto nel mondo dello sport. Sin da bambino infatti ha praticato nuoto, taekwondo, body building, calcio, dal 2012 fa parte della Nazionale Italiana di Calcio Amputati del CSI, e nel 2014 ha partecipato ai mondiali di calcio amputati in Messico. Insomma, una vita in movimento e certamente presa con il piede giusto.  

 

Arturo Mariani, un’infanzia particolare, con tutte le difficoltà e i limiti, che oggi vale da esempio per molti giovani. Qual è la tua storia? 

A tre mesi di gravidanza i miei genitori vengono a sapere che sarei nato senza la gamba destra, e che avrei potuto sviluppare altre patologie. Questo è stato il primo momento x della mia vita, perché davanti alla possibilità di abortire, la scelta dei miei genitori è stata un sì alla vita. Questo sì, ovviamente, non ha oscurato il problema, che affronto quotidianamente, ma è stata la mia più grande forza, da cui ho attinto energie per affrontare ogni aspetto della vita. Crescendo, ho dovuto fare i conti con le difficoltà di convivere con una protesi che avrebbe dovuto sostituire la gamba mancante, permettendomi di camminare e rendermi, almeno apparentemente, uguale a tutti gli altri, a scapito di tutte le sofferenze fisiche che mi procurava.  

 

In questo senso lo sport è stato decisivo... 

 Esattamente. Sin da bambino ho avuto la passione per il calcio, ho mosso i primi passi con un pallone tra i piedi. Camminare con una protesi che ti blocca il bacino non è il massimo. Quasi impossibile lo è correre dietro un pallone. Ma nonostante tutti i disagi e i dolori che questa protesi mi procurava, non ho mai smesso di coltivare il mio sogno: diventare un calciatore. Nel corso degli anni dell’adolescenza il confronto con i coetanei è stato quotidiano e non sono mancati i pregiudizi. Sentirti giudicato per come sei  e non per chi sei, è stata una delle motivazioni che a 18 anni mi ha portato a intraprendere delle scelte importanti, come quella di togliere la protesi per utilizzare le stampelle, mostrandomi a tutti per come sono. Non è stato facile.  

 

Mettendo la protesi da parte cosa è cambiato? 

 Non avendo una gamba dovevo mettermi la protesi per essere uguale agli altri e comunque non potevo fare quello che tutti facevano. Ma con una sola gamba potevo fare quello che nessuno avrebbe potuto con due gambe, come giocare a calcio con le stampelle. Solo dopo questa scelta, mi sono sentito veramente libero di essere me stesso: ho cominciato a guardare tutto con occhi diversi e da un’altra prospettiva. La protesi che avevo tolto era soprattutto una mentale e la mia esperienza di  “diversità” poteva diventare, come è stato, una grande opportunità. Sono diventato calciatore della Nazionale Amputati, ho giocato un mondiale in Messico e diversi Europei, ho scritto sei libri, raccontando la mia storia e non solo, ho incontrato ragazzi in tutte le scuole d’Italia di ogni ordine e grado, condividendo la mia testimonianza. 

 

Tu sei il problema e tu la soluzione. A quanto le sono servite le parole di sua madre? 

 Sono convinto che la criticità in generale appartiene alla natura umana. La mia criticità  è avere una sola gamba ma credo che tutti abbiamo delle criticità e quindi anche delle abilità inespresse. Ho sempre sognato di diventare un calciatore ma nessuno pensava che lo potessi diventare. Mia madre sin da quando ero bambino, davanti alle difficoltà quotidiane, mi ripeteva: “Tu sei il problema e tu  la soluzione”. Questo per dirmi che, per quanto lei mi potesse supportare nelle difficoltà da affrontare ogni giorno, trovare la soluzione dipendeva soprattutto da me e da quanto io mi impegnassi a farlo. Questo mi ha allenato a credere  nelle mie capacità, e soprattutto che ad ogni problema c’è  una soluzione, e se i problemi sono tanti, significa che abbiamo a disposizione più soluzioni. Sono convinto che tutti possiamo superare i nostri limiti e trasformarli in possibilità. 

  

In un’intervista ha dichiarato: “Dovevo condividere e parlare con qualcuno, avevo bisogno  di raccontare le parti negative della mia vita. Scrivere è stato un modo per liberarmi”. Quali sono le parti negative del tuo percorso? 

 Ho sempre avuto l’abitudine di scrivere, di fare una sorta di diario dei miei pensieri e di tutte quelle difficoltà che hanno accompagnato la mia crescita, era sentire un po’ meno il peso che mi impediva di vivere con leggerezza la mia adolescenza. Nel periodo della scuola primaria ho cominciato a prendere coscienza della mia condizione quando, mettendomi a confronto con i miei coetanei, sentivo di essere discriminato. Per esempio, quando si organizzavano partite a calcio io non venivo considerato non potendo correre bene. Alzarsi la mattina per andare a scuola e indossare la protesi, era una preoccupazione che mi metteva più ansia di un’interrogazione, rimanere seduto per tanto tempo durante le lezioni mi procurava dolori ovunque. Almeno una volta all’anno, con la crescita, dovevo adeguare  la protesi e affrontare tutto il periodo di adattamento che questa richiedeva. Ciò comportava intere giornate da passare nell’officina ortopedica, per cercare di renderla confortevole e funzionale, ma questo, purtroppo restava sempre un sogno. A supporto di quelle lunghe ore in “officina” avevo vicino sempre mia madre. Lei cercava in ogni modo di alleviare le mie sofferenze legate alla protesi, era il mio tecnico personale, si impegnava fino a notte fonda pur di trovare la soluzione ai problemi tecnici.  

 

Con una sola gamba è possibile farcela. È un po’ questo il messaggio contenuto nel suo ultimo libro “Con il piede giusto”… 

 Il mio ultimo libro è il risultato delle esperienze fatte in questi anni incontrando migliaia e migliaia di persone con cui ho condiviso gioie e dolori della mia vita. Con questo “diario” ho voluto offrire un vero e proprio percorso di crescita personale con spunti, riflessioni, partendo proprio dalla mia storia e da tutte quelle difficoltà che ho incontrato nella vita, dalla quale ne ho tratto insegnamenti e soluzioni possibili, che tutti possono applicare….E se ci sono riuscito io con una gamba, non ci sono dubbi che chiunque voglia raggiungere i propri obiettivi e realizzare i propri sogni, possa farcela. 

 

 

 

Tags: arturo mariani, protesi, salute, sport
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Alessandro Notarnicola
Alessandro Notarnicola
Mi occupo di giornalismo e critica cinematografica. Dopo la laurea in Lettere e Filosofia nel 2013, nel 2016 ho conseguito la Laurea Magistrale in "Editoria e Scrittura". Da qualche anno mi sono concentrato sull'attività della Santa Sede e sui principali eventi che coinvolgono la Chiesa cattolica in Italia e nel mondo intero.

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