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Testimoni silenziosi. L’Italia conta 2.400 alberi monumentali
Sono presenti in grandi parchi pubblici, alle volte sul ciglio delle strade principali o, ancora, nascosti in proprietà private lontani da occhi indiscreti. L’Italia nella sua grande magnificenza territoriale e naturale conta oltre 2.400 alberi monumentali ben distribuiti in ciascuna regione e che si distinguono tra loro per storia, dimensioni e morfologia. Stando ai dati forniti dal Corpo Forestale dello Stato, l’albero più antico della Penisola è la varietà di olivo detta “oleastro” che conta circa 15 metri di altezza e la bellezza di 11,80 metri di circonferenza. Questo monumento naturale si trova a Luras, in provincia di Sassari. Sulla base dei rilevamenti degli esperti, e vista la crescita lentissima dell’olivo, questo albero – dichiarato dal Governo Monumento naturale nel 1991 essendo uno dei 20 alberi secolari italiani da tutelare – dovrebbe avere un’età compresa tra i 3 e i 4 mila anni. Più in generale, il Ministero delle Politiche agricole (Mipaaf) registra al momento più di duemila esemplari su tutto il territorio nazionale, in un primo elenco che arriva a 35 anni di distanza dall’ultimo censimento compiuto.
La lunga lista è costituita da 2.407 alberi che si contraddistinguono per l’elevato valore biologico ed ecologico ma anche per l’importanza che hanno assunto nel corso dei secoli, un valore naturalmente culturale e in certi casi persino religioso. “Questo primo elenco rappresenta uno strumento utile per diffondere la conoscenza di un patrimonio naturale e culturale collettivo di inestimabile valore”, ha spiegato il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina aggiungendo che gli alberi monumentali hanno un forte valore identitario per molte comunità “e per questo – ha detto – vogliamo promuovere e valorizzare la loro conoscenza tra i cittadini”.
L’ultima volta che il MIPAAF aveva svolto un conteggio simile era il 1982 quando l’elenco era composto da 1.405 arbusti degni di nota. Nel 2013 una legge ha stabilito la tutela e la valorizzazione omogenea di questi alberi, e l’obbligo di censirli entro un anno, ma la grossa mole di lavoro ha portato alla conclusione dello studio e dell’analisi solo nel gennaio 2018. Ma quali sono gli alberi storici italiani? Vediamo alcuni esempi più conosciuti.
Le querce gemelle. Testimoni silenziosi e portatori di storia, bellezza e salute gli alberi storici italiani partono dal parco secolare di Monza che con i suoi 40 ettari di verde e di terra è noto in tutto il mondo per essere la casa di una grande varietà di alberi ultrasecolari. Due in modo particolare, le cosiddette ‘querce gemelle’, una farnia e una scarlatta. Con oltre 26 metri di altezza e 600 centimetri di diametro, le due regine del parco di Villa Reale sono state importate in Italia dall’America agli inizi dell’Ottocento dal viceré Eugenio di Beauharnais che curò il parco per espresso desiderio di Napoleone Bonaparte. Specie neofita originaria dell’America settentrionale, la quercia fece il suo ingresso in Europa a scopo ornamentale e selvicolturale a cavallo fra XVII e XVIII secolo.
Platano dei 100 bersaglieri. Nella provincia di Verona nel 1400 fu piantato un platano che oggi alla bellezza di 610 svetta nel cielo mostrandosi per circa 15 metri. Ciò che attira la curiosità degli appassionati non è tanto la sua dimensione, certamente notevole, ma il nome. È infatti chiamato “Platano dei 100 bersaglieri” poiché nel 1937, nel corso di un’operazione dell’esercito italiano, si nascosero nelle sue fronde 100 soldati.
Quercia di Pinocchio. A San Martino in Colle al confine con Gragnano, siamo nella provincia di Lucca, è possibile trovarsi dinanzi a una delle certezze più longeve non d’Italia, ma di tutta Europa. Qui, in terra toscana, vive un’enorme roverella, il Quercus pubenscens. Si tratta di uno degli arbusti più ritratti e immortalati di sempre ed è protetto da una recinzione atta a tutelarne la sua natura ben curata da oltre 600 anni. Con rami che si estendono per 40 metri e che hanno un peso sostanziale, si narra che per lungo tempo questa quercia ha offerto appoggio a riti sabbatici e a momenti di pura stregoneria. Dalla fine del secolo poi è stata ribattezzata come la Quercia di Pinocchio, essendo secondo molti proprio questo l’albero citato nel suo libro da Carlo Collodi. È a quest’albero che impiccano il burattino, ed è sempre sotto la sua chioma che Pinocchio incontra il gatto e la volpe, una volta uscito dalla casa della Fata Turchina.