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Torna dagli Stati Uniti la condivisione del latte materno: il fenomeno del milk sharing
Un tempo venivano chiamate nutrici o balie, e avevano essenzialmente il compito di allattare i figli altrui. Questa pratica, al giorno d’oggi e ormai da qualche anno, viene identificata come “milk sharing” e sembra essere tornata molto di moda anche grazie ad un lungo lavoro di marketing.
Infatti, secondo uno studio presentato all’annuale Meeting delle Pediatric Academies Societies (PAS), la pratica di nutrire i bambini attraverso il ventre di altre mamme è ritornata in voga soprattutto grazie al Web.
Ad esempio, su Internet alcune donne che producono più latte del necessario hanno cominciato a vendere on-line le proprie “eccedenze” generando, in tal modo, un mercato piuttosto fiorente e in espansione.
La figura della nutrice è stata per millenni la forma alternativa maggiormente popolare e sicura per tutti quei neonati che, per svariate ragioni, non potevano essere allattati dalla propria madre. Le prime tracce risalgono al 2000 a.C. e questo ruolo salvavita si è evoluto in una reale professione con una serie di leggi e contratti che ne regolavano la pratica, compreso il requisito di visita medica.
Nel 19/mo secolo, il ruolo della nutrice ha iniziato, tuttavia, a perdere popolarità per un effetto particolare sul legame mamma-bambino e il rischio di trasmissione di malattie. Attualmente invece, si sta assistendo ad una rinascita della condivisione del latte grazie a donne che ne producono più del necessario e lo vendono online. Queste interazioni, allo stesso tempo, sono prive dei regolamenti e degli esami medici che una volta le accompagnavano e la condivisione del latte non regolamentata via Internet presenta problemi di sicurezza e va scoraggiata. Per questo motivo tutti i medici dovrebbero essere consapevoli del risorgere di questa pratica e incoraggiare la condivisione del latte attraverso apposite banche.
In Italia le banche del latte sono gestite dall’Associazione Italiana Banche del Latte Umano Donato (AIBLUD) che ha il compito principale di promuovere l’allattamento e la donazione del latte materno. Collabora con i Centri di Neonatologia e di Terapia Intensiva Neonatale, e svolge anche un importante ruolo di coordinamento di tutte le Banche del Latte Umano Donato (BLUD) esistenti nel nostro Paese e promuove anche, allo stesso tempo, la costituzione di nuove Banche.
L’Italia è il secondo paese in Europa per numero di banche del latte attive. In particolare, vi sono a disposizione attualmente 36 banche del latte e tutte risultano essere completamente funzionanti. La maggior parte dei centri si trova nell’Italia settentrionale ma anche al sud si sta lavorando molto per incentivare la formazione del personale sanitario e per incrementare le attività ospedaliere che permettano di lavorare al meglio con le banche. L’obiettivo primario delle banche del latte è quello di favorire l’allattamento al seno diretto, quindi dalla mamma al bambino, ma quando per un qualsiasi motivo questo non è possibile è importante che si possa accedere alle banche avendo così a disposizione latte umano donato”.
La donazione del latte umano è regolata attraverso il Presidio delle banche del latte presso le Terapie Intensive e le Neonatologie di alcuni Ospedali, sottolineando che il latte umano è considerato un farmaco salvavita, molte volte l’unico o quasi a cui si lega la speranza di sopravvivenza dei neonati prematuri o con patologie.
In Italia il 5 dicembre 2013 la Conferenza Stato Regioni ha sancito l’accordo “Linee di indirizzo nazionale per l’organizzazione e la gestione delle banche del latte umano donato nell’ambito della protezione, promozione e sostegno dell’allattamento al seno”.
Tecnicamente quando la donna non riesce o presenta scarse capacità di allettamento, si parla di ipogalattia primaria o agalattia, ovvero la scarsa o assente produzione di latte da parte della ghiandola. È una situazione rara legata a problemi materni di salute ben noti prima del parto o che danno segni clinici molto importanti (ipotiroidismo non diagnosticato, mancanza del tessuto mammario congenito, deficit congenito di prolattina, ritenzione della placenta. Molto più frequente è invece l’ipogalattia secondaria indotta da inadeguata conduzione dell’allattamento al seno, questa è risolvibile modificando essenzialmente l’allattamento a richiesta o esclusivo.
Altre cause che possono diminuire la produzione di latte riguardano lo stress materno, l’assunzione di farmaci, il diabete e una dieta non equilibrata. In particolare, la tensione fisica interferisce la produzione dell’ossitocina, l’ormone che guida la produzione di latte e che viene prodotto prevalentemente durante le ore notturne.
Un parto difficile, una degenza in ospedale faticosa, un rientro a casa disturbato da visite o parenti ansiosi che mettono in dubbio le capacità materne e il dormire poco, sono tutti fattori che complicano se non addirittura impediscono un allattamento completamente efficace.
La dieta della mamma, come detto anche precedentemente, deve essere bilanciata ed è fondamentale soprattutto un’adeguata assunzione di proteine. È inoltre opportuno fare attenzione all’introduzione di oligoelementi, tra cui manganese, zinco e calcio presenti in cibi diversi soprattutto semi, frutta secca, oli vegetali (lecitina, semi di lino).
Al riguardo si consiglia di stimolare nella maniera più corretta il seno; verificare l’ambiente familiare cercando di garantire un clima di completa serenità fiducia; controllare giornalmente la dieta materna (corretta introduzione di proteine e oligoelementi, abuso di fumo o caffè che inibiscono l’allattamento); constatare assunzione di farmaci che siano compatibili con l’allattamento.
Nei Paesi Anglosassoni, circa 55.000 mamme vendono e comprano il loro latte on-line con prezzi che arrivano fino a 10 euro per 100 gr di latte. Tutto ciò comporta certamente dei rischi perché il latte viene venduto in Internet senza nessun controllo, soprattutto per quanto riguarda la provenienza, mancano i controlli su conservazione e trasporto, né se il latte è mescolato con latte vaccino; inoltre non è possibile sapere se la madre assume farmaci, droghe, alcool o se è fumatrice.
I rischi, quindi, sono dietro l’angolo, soprattutto perché il latte di altre madri viene acquistato attraverso il web, dove viene messo in vendita in modo non sicuro. Tali rischi riguardano non solo la trasmissione di malattie virali o batteriche, ma anche la trasmissione di malattie relative la cattiva conservazione del latte materno che per mantenere le sue caratteristiche organolettiche e nutrizionali ha bisogno di essere conservato seguendo regole ben precise.