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I tumori cerebrali nel bambino e nell’adolescente: una sfida aperta
Le neoplasie in età pediatrica, leucemie, linfomi e tumori solidi, colpiscono 1 bambino ogni 650 entro i 15 anni di età.
Secondo i dati, in Italia ogni anno ci sono 120-140 nuovi casi per milione di bambini sotto i 15 anni. Questo significa che si ammalano di tumore o leucemia circa 1700 bambini, circa 5 ogni giorno. I tumori infantili sono molto diversi dai tumori degli adulti per tipo, per velocità di accrescimento e per prognosi. Nel bambino, in generale, il tumore più frequente è il gruppo delle leucemie (33%), seguito dai tumori del sistema nervoso centrale (SNC) (22%), i linfomi (12%), il neuroblastoma (7%), i sarcomi dei tessuti molli (7%) e i tumori ossei (6,4%). Le percentuali variano secondo la fascia d’età. Altri tumori più rari ancora sono il retinoblastoma, l’epatoblastoma, il Sarcoma di Ewing, i tumori delle cellule germinali e altri tipi estremamente rari.
“Le neoplasie in età pediatrica – ha spiegato la dott.ssa Monica Cellini, referente Oncoematologia Pediatrica del Dipartimento Materno-Infantile dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena – sono da considerarsi per la loro incidenza patologie rare ma, tra queste, i tumori cerebrali sono al secondo posto dopo le leucemie. Negli anni sono stati compiuti notevoli progressi nella cura delle patologie oncoematologiche pediatriche con risultati veramente confortanti, ad esempio per quanto riguarda le leucemie infantili, ma i tumori cerebrali rappresentano ancora una sfida aperta”.
La dottoressa Cellini ha parlato di sfida aperta, come il titolo di un convegno che si è svolto di recente presso l’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena che ha visto riunite diverse figure professionali.
Per saperne di più, Health Online ha intervistato la dottoressa Monica Cellini e il presidente di ASEOP (Associazione Sostegno Ematologia Oncologia Pediatrica) Onlus, Erio Bagni.
Dottoressa, le neoplasie in età pediatrica e nello specifico i tumori cerebrali sono purtroppo frequenti. Quali sono i sintomi ai quali prestare attenzione per arrivare ad una diagnosi precoce?
“I sintomi di esordio di questa patologia sono spesso subdoli e quindi a volte si possono avere diagnosi tardive. Nella maggior parte dei casi i sintomi più frequenti sono legati all’ipertensione endocranica quindi cefalea, vomito, difficoltà di equilibrio, alterazioni dei movimenti oculari con strabismo fino al sopore, convulsioni e coma nei casi più avanzati. Sintomi particolari e di più difficile interpretazione possono essere quelli legati ad alterazioni comportamentali e disturbi dell’umore”.
Negli anni le innovazioni negli strumenti diagnostici e nelle terapie hanno portato a dei risultati soddisfacenti, ma la sfida è ancora aperta. Di cosa si è discusso nel corso del Convegno?
“Al convegno sono state presentate le figure professionali di eccellenza che lavorano a Modena con noi ogni giorno, usufruendo di attrezzature all’avanguardia, e sono stati presentati i risultati ottenuti nel campo delle patologie neuroncologiche pediatriche negli ultimi anni. Risultati prestigiosi che sicuramente mettono in luce l’esperienza modenese nel campo pediatrico e non solo”.
È fondamentale iniziare una terapia mirata ed efficace. Qual è il protocollo che viene seguito? E quali sono le nuove terapie?
“La terapia ovviamente deve essere la più precisa possibile ed oggi, con i grandi progressi fatti dall’anatomia-patologica in termini di conoscenza dei tumori cerebrali soprattutto nel campo della biologia molecolare, questo si sta sempre più avverando. I tumori cerebrali sono di tanti tipi istologici diversi, a seconda delle cellule da cui originano, ed hanno caratteristiche di aggressività differenti, per cui per ciascun istotipo c’è un protocollo di chemio e/o radioterapia specifico.
Nel campo di nuove terapie al momento non abbiamo grandi novità, alcuni farmaci che sembravano molto promettenti in vitro in realtà in vivo non hanno dato risultati altrettanto soddisfacenti. I nuovi farmaci vengono testati prima su pazienti adulti e successivamente nei bambini, ma ad oggi anche nel mondo degli adulti non sembrano esserci novità di rilievo”.
Quali sono le figure professionali essenziali affinché si arrivi a raggiungere delle cure soddisfacenti?
“Neuroradiologo, neurochirurgo, anatomo-patologo, oncologo, radioterapista, psicologo, fisiatra e fisioterapista sono le figure essenziali per poter offrire il meglio al paziente con patologia neuro-oncologica”.
Quanto è importante la presenza di un’equipe multidisciplinare?
“L’equipe mutidisciplinare è fondamentale per la presa in carico del paziente con patologia neuro-oncologica, sia adulto che bambino. A Modena nell’Azienda Ospedaliero-Universitaria che raggruppa i due ospedali Policlinico e Baggiovara è in atto un PDTA (Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale) che prevede la presa in carico di tutti i pazienti diagnosticati nelle due strutture che vengono poi inseriti nel percorso più idoneo per la propria patologia. Questo fa sì che il paziente si senta assistito e supportato durante il suo percorso di malattia avendo appuntamenti per terapie, controlli ecc. già pianificati”.
Qual è il rapporto che si instaura tra voi specialisti, i piccoli pazienti e le rispettive famiglie?
“Si tratta di un rapporto molto stretto, si parla di ‘alleanza terapeutica’ perché ovviamente le cure mediche sono importanti ma senza un lavoro di equipe che coinvolga tutte le figure che ruotano intorno al bambino non si fanno grandi progressi. Quindi in primis la famiglia (genitori e fratelli) che si trovano in prima linea ad affrontare questo difficile percorso accompagnati dai medici, dagli infermieri, dallo psicologo di reparto e da tutte le figure che sono presenti nei vari momenti di degenza: insegnanti, volontari, clown che possono contribuire a rendere meno difficile questo particolare momento della vita di un bambino”.
Il ruolo della famiglia, come quella di tutti gli specialisti, è fondamentale per la cura del bambino. Nel 1988 un gruppo di genitori di bambini affetti da patologie oncoematologiche, insieme alla Professoressa Fausta Massolo, allora Direttrice del Reparto di Oncoematologia Pediatrica del Policlinico di Modena, decise di dare vita ad ASEOP (Associazione Sostegno Ematologia Oncologia Pediatrica) con il fine principale di sostenere la ricerca e la cura, fornire un punto di riferimento competente e solidale alle famiglie ed ai bambini colpiti dalla malattia, rispondere ai loro dubbi e difendere i loro diritti.
Health Online ha rivolto qualche domanda al Presidente dell’Associazione ASEOP Onlus, Erio Bagni.
Quali sono stati i risultati raggiunti in questi anni e quali sono i progetti per il futuro?
“Con la nascita dell’Associazione si è voluto dare un piccolo ma importante contributo che tutt’oggi, a distanza di 30 anni dalla fondazione, continua quotidianamente. Molti passi avanti sono stati fatti, molti sono ancora da fare. ASEOP significa: Aiutare e Accogliere i bambini affetti da patologie oncoematologiche e non, e le loro famiglie, sia durante che dopo il periodo di degenza, con particolare riguardo all’ospitalità presso la Casa di Fausta, rivolta a coloro che provengono da zone lontane dell’Italia e del mondo, al sostentamento per coloro che presentano particolari difficoltà economiche, al disbrigo delle formalità burocratiche (es. L. 104), alla frequenza scolastica sia nel periodo di degenza che non, all’aspetto ludico ed al reinserimento dei piccoli pazienti fuori terapia nella società. Inoltre, ASEOP contribuisce in modo concreto al miglioramento strutturale e strumentale del reparto pediatrico dove i bambini vengono seguiti.
L’accoglienza è da sempre il punto di forza dell’Associazione e proprio per questo che lo scorso anno c’è stata la riqualificazione degli arredi delle stanze di degenza del Reparto di oncoematologia pediatrica del Policlinico di Modena inaugurati nel mese di ottobre del 2017.
La riqualificazione degli arredi all’interno delle 5 stanze di degenza ha fatto in modo che i bambini, i ragazzi e le loro famiglie vengano accolti dai colori del mare, del cielo, del sole e dei prati, elementi naturali che meglio di altri trasmettono una sensazione di benessere e tranquillità ma allo stesso tempo di forza e vitalità. Quindi colori che attirano e arredi mai ingombranti ma gradevoli alla vista e anche al tatto. Certo, i colori e le forme non risolvono la malattia, ma aiutano molto la psiche che ha l’oneroso compito di sorreggerli nei momenti più difficili. ASEOP promuove e sostiene la ricerca in ambito oncoematologico ed in questo periodo stiamo lavorando allo sviluppo di una cultura scientifica e sostenendo il lavoro dei ricercatori. Le borse di studio e le attrezzature donate sono rese possibili grazie al contributo di tanti donatori che traducono in gesti spesso silenziosi e anonimi la convinzione di dover fare la propria parte a sostegno della cura. Altro fiore all’occhiello, per quanto concerne i progetti ideati e realizzati da ASEOP, è il progetto di cooperazione internazionale “Un Ponte per la Vita Italia Paraguay”. Nello specifico, ASEOP negli anni ha seguito la formazione di medici ed infermieri operanti presso l’Ospedale Pediatrico Ninos de Acosta Nu, ha sostenuto a livello economico la chemioterapia ed ha contribuito alla realizzazione di una struttura ospedaliera che oggi vanta il primato come terapia, indice di guarigione ed assistenza pubblica in Paraguay e in America Latina.
Tra gli obiettivi di ASEOP c’è quello di sensibilizzare e diffondere la conoscenza di tematiche specifiche quali le patologie oncoematologiche e non in età pediatrica, le modalità terapeutiche, il trapianto di midollo osseo, di cellule staminali emopoietiche da sangue periferico e da cordone ombelicale. Per interagire ed estendere anche la conoscenza scientifica a livello territoriale in modo concertato e collaborativo, l’Associazione organizza degli incontri di formazione ed informazione aperti ai genitori, ai soci, ai volontari, ai medici di base ed al personale infermieristico.
Per il futuro c’è la volontà di continuare con le attività menzionate a sostegno delle famiglie e di promuovere il coinvolgimento di nuovi medici presso il Dipartimento Materno Infantile del policlinico di Modena, affinché si occupino in modo continuo della ricerca nell’ambito del programma realizzato dal Prof. Dominici e della clinica in reparto, affinché ricerca e cura diventino un binomio inscindibile”.
Aiutare i bambini e le loro famiglie, sensibilizzare e diffondere la conoscenza delle patologie oncoematologiche, organizzare incontri e promuovere la ricerca sono gli obiettivi dell’Associazione. In cosa consiste il vostro lavoro quotidiano?
“Il lavoro quotidiano di ASEOP consiste nel sostegno totale del bambino e della sua famiglia durante il percorso terapeutico.
Punto principale dell’agire di ASEOP, che fu il principio ispiratore dei fondatori 30 anni fa, è rappresentato dal servizio alle famiglie che caratterizza l’attività quotidiana dell’associazione che è così suddiviso:
- Servizio di Accoglienza: Un gruppo di volontari insieme al personale strutturato ASEOP si occupa di accogliere le famiglie sin dal momento della diagnosi. Tra i loro compiti vi è quello di illustrare tutti i servizi presenti in ospedale e quelli offerti dall’Associazione.
- Assistenza burocratica: l’ufficio fornisce un supporto operativo alle famiglie relativamente all’espletamento delle formalità burocratiche come l’attivazione della Legge 104, invalidità civile, ecc.
- Assistenza alla famiglia in ospedale e presso la Casa di Fausta. I principali problemi che la famiglia deve affrontare e sui quali riceve sostegno dall’assistenza sono:
- solitudine ed isolamento;
- necessità di assistenza ai fratelli;
- organizzazione del lavoro e della gestione familiare. Il ricovero in ospedale è quasi sempre un evento traumatico per il bambino. Le relazioni interpersonali a cui egli era abituato mutano improvvisamente, si allenta la fiducia nell’onnipotenza dei genitori, il vissuto dell’abbandono può farsi sempre più presente e tale cambiamento determina un senso di instabilità emotiva e di confusione. In una CASA lontano da CASA, come la Casa di Fausta, il bambino può trovare un aggancio a sua misura in un’abitazione nella quale può ritrovare i propri famigliari, compresi i fratelli spesso costretti a vivere in un contesto di separazione, e le proprie abitudini. Un collegamento ed una mediazione tra più contesti grazie alla presenza costante dei volontari e del personale sanitario, un ruolo spesso funzionale alla creazione di quella base comunicativa che può facilitare l’adattamento del bambino ospedalizzato e della sua famiglia: La Casa di Fausta in tale contesto rappresenta la ‘continuità’ nel ‘cambiamento’.
- Assistenza economica: alcune famiglie si trovano ad affrontare la malattia del figlio in condizioni di grave disagio economico. Al proposito ASEOP, su segnalazione degli assistenti sociali o organi preposti, si attiva erogando contributi principalmente per:
- sussidi mensili temporanei;
- rimborso spese farmaci e materiale sanitario;
- acquisto generi alimentari e abbigliamento;
- spese trasporti;
- spese alloggiamento nel caso in cui il bambino e la famiglia si rechino i un altro presidio ospedaliero per effettuare ulteriori accertamenti o controlli;
- Assistenza Psicologica: quando nel percorso di vita di una famiglia irrompe la malattia di un figlio/a, l’impatto psicologico e sociale sono molto forti. È necessario un supporto globale che aiuti il bambino/adolescente, i suoi genitori e fratelli/sorelle ad affrontare le difficoltà che incontreranno. La risposta più efficace a queste necessità è quella di una presa in carico dell’intero nucleo familiare, intendendo il supporto psicologico e sociale come un servizio integrato nel sistema di cura. ASEOP, in accordo con i Responsabili del reparto ed il responsabile del Servizio di Psicologia, ha fortemente voluto e sostenuto economicamente la presenza di uno psicologo che lavora in integrazione ai medici e all’Associazione presso il reparto di Oncoematologia Pediatrica. Recentemente il Policlinico, vista l’importanza di questa figura, si è fatto carico direttamente del contratto per la psicologa del reparto”.
Com’è nata l’idea della Casa di Fausta?
“Dopo un attento monitoraggio dei ricoveri e dimissioni da parte dell’Associazione ASEOP, si è potuto constatare un elevato afflusso, presso il Dipartimento stesso, di pazienti di età compresa fra 0 e 16 anni e di una scarsa offerta di ospitalità da parte del territorio ‘dignitosa ed economica’, soprattutto in quelle situazioni in cui la permanenza è prevista per un lungo periodo (sovente circa due anni) con prevedibile disagio emotivo, organizzativo ed economico per l’intero nucleo familiare. E così che si è pensato di realizzare il progetto di accoglienza ‘La Casa di Fausta’, inaugurata il 22 marzo del 2016. La struttura è costituita da 12 nuclei abitativi indipendenti, una biblioteca, un’area ludica interna ed esterna, una palestra per la riabilitazione motoria, due uffici. A prova della necessità della presenza di una struttura come quella realizzata da ASEOP sono le giornate di occupazione dei 12 appartamenti per un totale di 3363 nell’anno 2017. Degno di nota il parco giochi esterno alla Casa di Fausta, completato nel mese di gennaio 2017, il quale è quotidianamente frequentato da numerosi bambini e loro famiglie ospiti presso la casa stessa e dagli abitanti residenti nel quartiere. Un luogo di incontro e di unione.
Aspetto molto importante è rappresentato dall’iter avviato negli ultimi mesi dell’anno 2017, e giunto a conclusione nel mese di gennaio scorso, con l’Azienda Unità Sanitaria Locale AUSL di Modena in merito alla stesura del Protocollo di Accoglienza presso La Casa di Fausta di donne con gravidanze a termine provenienti dal Distretto di Pavullo e dall’area montana del distretto di Vignola. Per quanto concerne gli aspetti operativi, il documento definisce che il ginecologo e l’ostetrica del Punto Nascita del Policlinico di Modena, a nome e per conto dell’Azienda USL di Modena, in presenza degli elementi condivisi in apposito protocollo tra AUSL di Modena e il Policlinico stesso e in assenza di travaglio attivo o altre indicazioni meritevoli di ospedalizzazione, potranno suggerire alla paziente di trattenersi, in attesa del parto, presso Casa di Fausta. In tal senso gli operatori del Policlinico, ottenuto il consenso da parte della donna, contatteranno la segreteria di ASEOP per informare dell’arrivo della paziente accompagnata da un suo familiare. La donna, nell’imminenza del parto, potrà recarsi al Punto Nascita Policlinico o direttamente, se in grado di deambulare o attivando il servizio di emergenza 118”.
Ha una storia particolare da raccontare come messaggio di speranza per i bambini e le loro famiglie?
“Le storie che si potrebbero raccontare come messaggio di speranza sono tante. Occorre dire che ogni guarigione raggiunta, ogni ritorno alla vita è un messaggio di speranza ed un occhio rivolto al futuro. Una la porto nel cuore, quella di Matias.
Matias è un bambino di 7 anni, al quale una malattia oncologica ha sconvolto l’esistenza. È un bambino che vive ad Asuncion in Paraguay e vede nel suo arrivo al Policlinico di Modena l’ultimo viaggio che molti chiamano ‘della speranza’. Andiamo a prendere Matias e la mamma Carmen in aeroporto e ciò che troviamo è quello che mai nessuno auspica di vivere. Matias ha la febbre altissima, respira a fatica e per questo senza esitare percorriamo la distanza Aeroporto Malpensa- Ospedale Policlinico di Modena incuranti dei limiti, l’unica cosa che conta è arrivare in tempo. Giorni e mesi di ricoveri in ospedale, ore e ore di pesanti terapie, decine di visite e indagini diagnostiche.
La sua realtà quotidiana non è più scandita solo dai giochi e dalle attività con gli amici, ma da ritmi necessari a combattere la patologia. Ma se il corpo è alle prese con una guerra interna per sconfiggere il nemico e si trasforma momentaneamente, perché i capelli cadono oppure il viso diventa un po’ gonfio, la sua mente pensa ai giorni sereni in Paraguay. Matias ha trascorso mesi chiuso nel suo silenzio, senza parlare o sorridere con nessuno, combattendo giornalmente in un isolamento assordante. Matias, al di là di qualsiasi previsione, riesce a sconfiggere il male. I medici dicono a Carmen che può fare ritorno in Paraguay, ad Asuncion dove li aspetta la famiglia. Il giorno del rientro arriva, andiamo a prendere Matias e Carmen presso la struttura di accoglienza ASEOP dove hanno soggiornato nei lunghi ed interminabili mesi di terapia. Carichiamo i bagagli, controlliamo che nulla sia stato dimenticato ed in quell’occasione Matias, per la prima volta, con un grande sorriso ringrazia tutti e dice che vuole un pallone per giocare a basket. Oggi Matias ha 22 anni, gioca a basket ed è prossimo alla laurea in biotecnologie con uno sguardo rivolto verso il futuro”.