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Alcol: credenze comuni e rischi reali
Cosa significa “bevitore a rischio”? A rischio di cosa?
Per rischio si intende implicitamente il pericolo di cadere nell’alcolismo, ossia nella dipendenza vera e propria da alcol con tutti gli effetti devastanti che ne conseguono. Per rischio si intendono anche i danni apportati dal bere sul fisico. In questo senso, in genere vengono subito in mente le fasce più giovani della popolazione e coloro che indulgono nel cosiddetto binge drinking, le colossali bevute occasionali seguite da sonore sbornie. Le persone di mezza età non sono tipicamente considerate categorie a rischio finché si mantengono all’interno di determinati criteri accettati socialmente: consapevolezza nel bere, moderazione nei modi e nelle quantità, capacità di mantenere i propri obblighi, le proprie responsabilità e comportamenti dignitosi in pubblico, che non sfocino nella violenza o che non diventino fonte di pericolo per sé e per gli altri.
Tutti abbiamo letto o sentito dire che bere un paio di bicchieri di vino al giorno fa bene a cuore e circolazione e in generale che bere anche regolarmente purché in piccole quantità, non fa male. Di recente, invece, diversi studi in varie parti del mondo sembrano voler contraddire questa certezza comune. Innanzitutto, come evidenzia in particolare una ricerca australiana pubblicata su Biomed Central, la percezione della fascia di mezza età come parte della popolazione che “beve di meno” rispetto ai giovani e ai forti bevitori occasionali può trarre in inganno. Dati alla mano, il bere regolare quotidiano considerato accettabile spesso si traduce in quantità complessive di alcol totale ingerito per settimana nella fascia di mezza età superiore rispetto alle quantità di alcol assunto dai più giovani e da chi adotta il binge drinking. Inoltre, con il progredire dell’età, si registra un incremento progressivo nel bere, sempre nella convinzione comunemente accettata che finché ci si mantiene all’interno dei parametri sociali e comportamentali precedentemente citati tutto vada bene.
A questo si aggiunge il fatto che l’alcol è classificato dallo IARC (International Agency for Research on Cancer) come cancerogeno di classe 1, responsabile “di una quota oscillante tra il 25 e il 44 per cento dei tumori di bocca, faringe, laringe e cavità nasali, del 18-33 per cento di quelli del fegato, del 4-17 per cento dei tumori del colon e del 5 per cento dei tumori al seno femminili”. A differenza di quanto si crede, non è la tipologia di alcolico consumato a determinare il fattore di rischio ma la quantità di alcol in sé. Le quantità giornaliere tollerate da un adulto sano privo di condizioni particolari sono decisamente poco elevate: definendo come unità alcolica il contenuto di alcol di un bicchiere piccolo di vino di media gradazione (o di una lattina di birra), si parla di 2-3 unità alcoliche per l’uomo, 1-2 per la donna e 1 per gli anziani. Nei soggetti predisposti il rischio di sviluppare un cancro causato dai due famosi bicchieri di vino al giorno può superare di gran lunga i benefici cardiovascolari apportati.
Diventa quindi molto importante, sottolineano i ricercatori australiani, modificare il messaggio relativo alla pericolosità dell’alcol e svincolarlo dalla componente sociale e comportamentale, che induce a una illusione di falsa sicurezza. È invece opportuno evidenziare quanto siano fondamentali le quantità assolute di alcol ingerito nel determinare situazioni di rischio per la salute, a qualunque età.
Insomma, per tutti vale la regola: meno si beve meglio è.