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Vaccino anti-Covid: prime risposte immunitarie e ok dell’Aifa per il siero AstraZeneca

1 Febbraio 2021

Arrivano i primi dati sulla risposta immunitaria del vaccino anti Covid. Secondo uno studio realizzato dall’ospedale Bambino Gesù, a 21 giorni dalla somministrazione della prima dose agli operatori sanitari, il 99% ha sviluppato anticorpi contro il virus. Ad oggi – riferiscono – al Bambino Gesù la prima dose è stata data a quasi 3.000 operatori sanitari negativi (mai entrati in contatto col virus), la seconda dose a 1.425.

Il monitoraggio è stato realizzato tra gli operatori sanitari dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù dall’équipe della Medicina del Lavoro e della struttura complessa di Microbiologia, con il supporto dell’Immunologia clinica e il coordinamento della Direzione sanitaria. Il monitoraggio a 21 giorni dalla prima dose di vaccino Pfizer ha rilevato una risposta anticorpale positiva nel 99% dei vaccinati esaminati, con la produzione di una quantità di anticorpi specifici (titolo anticorpale) 50 volte superiore alla soglia di negatività. Sette giorni dopo la seconda dose, gli anticorpi sono stati sviluppati dal 100% dei vaccinati finora valutati.

Positivi i dati anche sul fronte immunologico: a soli 7 giorni dalla prima somministrazione si è registrato un incremento delle cellule B di memoria (quelle che mantengono la produzione di anticorpi nel tempo) nell’80% dei casi e un incremento significativo delle cellule T di memoria (che coordinano l’intera risposta immunitaria contro il virus) nel 64% delle persone vaccinate.

Risultati, spiega il Bambino Gesù, che sembrano supportare pienamente i dati epidemiologici: a partire dal 14/o giorno dalla prima dose, cioè successivamente alla comparsa degli anticorpi protettivi e della memoria immunitaria, finora non è stato infatti registrato alcun caso di infezione tra gli operatori sanitari vaccinati.

Buone notizie arrivano anche dal fronte AIFA che dopo l’autorizzazione dell’Ema (agenzia del farmaco europeo), da il via libero condizionato al vaccino AstraZeneca.

Dopo una lunga riunione della Commissione tecnico-scientifica, l’Agenzia italiana del farmaco ne ha “raccomandato l’utilizzo preferenziale” alle persone di età inferiore ai 55 anni.

Si confermano, dunque, i dubbi sull’efficacia del vaccino AstraZeneca per i soggetti più anziani, vista la scarsità di pazienti di quelle fasce di età arruolati negli studi clinici. Aspetto sottolineato anche dall’Ema, che tuttavia aveva autorizzato il vaccino nell’Unione Europea per tutti i soggetti con più 18 anni.

Anche l’Aifa formalmente si adegua alla decisione dell’Agenzia del farmaco europea, raccomandandone però l’utilizzo soprattutto per i più giovani.

“A febbraio arrivano ulteriori 4 milioni di vaccini che si sommano ai due già arrivati.

Devono essere garantiti e soprattutto noi dobbiamo somministrarli in tempi rapidissimi”. Ha detto il ministro per gli Affari Regionali, Francesco Boccia, durante il vertice con le Regioni per l’adeguamento del piano vaccinale.

A questo punto sarà il Ministero della Salute a stabilire nel dettaglio le modalità d’uso sul nostro territorio.

“Con l’ok ad AstraZeneca entriamo in una fase espansiva della vaccinazione e serve tutto il personale che abbiamo selezionato. Dobbiamo stare molto attenti a quello che ci dirà Aifa anche in altri paesi europei le agenzie nazionali danno dato indicazioni abbastanza stringenti, come la Germania che ha autorizzato l’utilizzo del vaccino fino a 65 anni. Noi aspettiamo la nostra autorità nazionale”. Le parole del Ministro della Salute Roberto Speranza nel corso del vertice con le Regioni.

Qual è la tecnica sulla quale si basa il Vaccino Oxford-AstraZeneca?

Il vaccino Oxford-AstraZeneca con Irbm di Pomezia, realtà impegnata nello sviluppo del vaccino, si basa sulla tecnica del “vettore virale”, ossia l’utilizzo di un virus simile a quello che si vuole prevenire ma non aggressivo, a cui si “incollano” le informazioni genetiche che si spera facciano scattare la risposta immunitaria dell’organismo. Ed è proprio questo che fanno nei laboratori di Pomezia: l’Irbm è uno dei leader globali nella produzione di vettori virali.

Questo vaccino in particolare utilizza un vettore virale di scimpanzé con deficit di replicazione basato su una versione indebolita di un comune virus del raffreddore (adenovirus), che causa infezioni negli scimpanzé e contiene il materiale genetico della proteina spike Sars-CoV-2.

Dopo la vaccinazione, viene prodotta la proteina spike superficiale, la quale attiva il sistema immunitario affinché attacchi il virus Covid-19 se questo dovesse in seguito infettare l’organismo. Il vettore adenovirus ricombinante (ChAdOx1) è stato scelto per generare una forte risposta immunitaria già da una singola dose e non è replicante, non può quindi causare un’infezione nell’individuo vaccinato.

I vaccini prodotti con il virus ChAdOx1 si sono dimostrati ben tollerati, sebbene possano causare effetti indesiderati temporanei, come febbre, sintomi simil-influenzali, mal di testa o dolore al braccio.

Tutte le informazioni sulle caratteristiche e l’efficacia del vaccino sono riportate nel documento dell’Ema.

Tags: agenzia del farmaco europea, Aifa, astra zeneca, covid-19, ricerca, vaccini
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Nicoletta Mele
Nicoletta Mele
Laureata in Scienze Politiche e dal 2001 è iscritta all’Ordine dei Giornalisti del Lazio. Ha collaborato con diverse testate giornalistiche e uffici stampa. Dopo aver conseguito il Master in Gestione e Marketing di imprese in TV digitale, ha lavorato per 12 anni in Rai, occupandosi di programmi di servizio e intrattenimento. Successivamente, ha ampliato le sue competenze specializzandosi con il Master in Marketing & Communication Management presso 24ORE Business School. Dal 2017 è Direttore Responsabile di Health Online, periodico di informazione dedicato alla Sanità Integrativa.

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