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Vaccino Covid-19: terza dose sì o no?
Stati Uniti, Francia, Germania, Regno Unito annunciano il richiamo da settembre. In Italia si ipotizza da ottobre. Per l’Oms “Al momento i dati non indicano il bisogno di una terza dose”.
L’aumento dei contagi da Covid-19 dovuto alle varianti, soprattutto la Delta, accende i riflettori sull’opportunità di somministrare una terza dose del vaccino anti covid nel mondo e in Italia. Israele, tra i primi paesi al mondo che ha deciso di somministrare la terza dose, ha comunicato i primi dati di uno studio condotto dal Maccabi, la maggior cassa mutua del Paese. Secondo lo studio, la terza dose del vaccino Pfizer, ad una settimana o oltre dell’inoculazione, mostra una efficacia contro il virus dell’86% tra gli over 60. Lo studio ha comparato quasi 150mila persone al settimo giorno dalla terza dose, con oltre 675mila individui – distinti per età, genere, stato sociale e gruppo di popolazione – con solo 2 dosi tra gennaio e febbraio 2021, 5 mesi prima. Nel primo gruppo a diventare positivi sono stati in 37, mentre nel secondo 1.064. Il premier Naftali Bennett ha aperto anche agli over 50 che si sono vaccinati da almeno cinque mesi e dal 20 agosto è arrivato il via libera per gli over 40.
Settembre sarà il mese che darà il via alla somministrazione della terza dose del vaccino anti covid. Gli Stati Uniti hanno annunciato il richiamo dal 20 settembre: l’iniezione, con Pfizer o Moderna, avverrà otto mesi dopo la seconda dose. La Francia comincerà a somministrare la terza dose alla “popolazione a rischio” a partire dalla metà di settembre. Anche la Germania ha dato l’ok alla somministrazione della terza agli anziani e alle persone a rischio. Il richiamo, con Pfizer o Moderna, sarà offerto anche a chi ha già ricevuto due dosi di Astrazeneca o la singola di Johnson&Johnson. Nel Regno Unito ne avranno diritto tutti gli over 50 residenti e le persone più giovani cui sia già stata prescritta in passato la vaccinazione antinfluenzale.
In Italia al momento non è stata presa nessuna decisione sull’opportunità di somministrare la terza dose del vaccino anti covid anche se il Sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri ha dichiarato in un’intervista che “la terza dose dovrebbe partire da ottobre per la fascia di popolazione più fragile”.
Cosa ne pensano gli esperti?
Favorevole alla somministrazione della terza dose ai soggetti fragili e più esposti il virologo Fabrizio Pregliasco. “Bisognerà valutare se l’infezione ancora si diffonderà ampiamente e poi a chi somministrare la terza dose. Penso che in primis vada ai soggetti fragili e più esposti, in una strategia simile a quella della vaccinazione antinfluenzale. Poi si vedrà alla luce di una evoluzione che potrebbe rendere necessario ancora un rinforzo per tutti”. Anche per Francesco Le Foche, immunologo del Policlinico Umberto I di Roma, “verosimilmente avremo bisogno di una terza dose per le persone che assumono farmaci immunosoppressivi che hanno appunto le difese immunitarie più basse della norma, per i trapiantati e per persone con patologie particolari come malattie autoimmuni o patologie infiammatorie croniche in cui la risposta al vaccino può essere ridotta”.
Per Massimo Galli, docente di Malattie infettive all’Università Statale e primario al Sacco di Milano, “Il punto è valutare l’effettiva utilità di una terza dose di vaccino anti-Covid. Per il momento non ho ancora abbastanza elementi per poter prendere una posizione a favore. E mi sembra una fuga in avanti, un modo per giustificare anche quello che ancora non sappiamo sui tempi di copertura dopo la seconda dose”.
“I dati attuali sui contagi – aggiunge – sono sottostimati perché riguardano chi fa il test, probabilmente una minoranza rispetto a quanti dovrebbero. Inoltre ci troviamo in un momento in cui molte persone più a rischio di infettarsi sono in ferie, fuori dalla loro sede abituale. E bisogna tener conto che l’infezione si diffonde in particolare tra i non vaccinati che sono giovani e giovanissimi. Questo vuol dire che abbiamo un quadro sottodimensionato. Non ho dubbi sulla sottostima del numero reale di infezioni da Delta che girano nel Paese”. “Tutto questo – prosegue Galli – sottolinea la presenza di un elemento di rischio che va accuratamente valutato, ma non sposta nulla rispetto al fatto che la grande massa delle persone vaccinate farà sì che non avremo in autunno un’ondata comparabile a quella dello scorso anno. Avremmo dei casi di infezione e lo scotto maggiore verrà pagato dalle aree del Paese dove ci sono ancora molte persone dai 50 anni in su non vaccinate. In quelle aree potremmo avere anche casi di una rilevante gravità e aumenterà la richiesta di ricoveri, ma comunque in una misura nemmeno vagamente comparabile a quanto abbiamo dovuto vivere in assenza di vaccino”. “A fare la differenza tra settembre 2020 e settembre 2021 – conclude – c’è il 66% degli italiani vaccinati che hanno avuto una dose di vaccino. Si aggiunga anche un numero di guariti importante, che magari non si sono fatti vaccinare perché ancora protetti ed ecco che la percentuale di coloro che potranno essere soggetti all’infezione grave si riduce. Poi sarà fondamentale riuscire a vaccinare i giovani e i giovanissimi perché è l’unica arma che abbiamo per ridurre la circolazione di questo virus”.
Per Andrea Crisanti, microbiologo dell’Università di Padova, “Il dibattito sulla terza dose è giusto che sia iniziato. Israele ha iniziato con la terza dose e noi tra un po’ di tempo avremo abbastanza dati per capire l’impatto della terza dose. Siamo su un terreno sconosciuto e non possiamo inventarci nulla. I dati sono la cosa più importante per tracciare la strada altrimenti si improvvisa, e io non penso che in sanità pubblica si possa improvvisare”.
Ai dati fa riferimento, nel corso di una conferenza stampa, Soumya Swaminathan, chief scientist dell’Oms, secondo cui la priorità al momento deve essere quella di aumentare le coperture nei Paesi che ancora non hanno avuto accesso ai vaccini. “Al momento i dati non indicano il bisogno di una terza dose”. Secondo l’esperta iniziare con i ‘booster’ con buona parte del mondo ancora non immunizzata potrebbe essere addirittura controproducente: “Ci opponiamo fermamente alla terza dose per tutti gli adulti nei paesi ricchi, perché non aiuterà a rallentare la pandemia. Togliendo dosi alle persone non vaccinate i booster favoriranno l’emergere di nuove varianti”.
Da tempo l’agenzia Onu per la salute puntualizza che più che a una terza dose si debba puntare a coprire equamente le popolazioni di tutti i Paesi del pianeta, in particolare quelli a medio e basso reddito che sono in ritardo rispetto agli altri sui tassi di copertura vaccinale. Concetto rimarcato dal direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus – nel consueto press briefing da Ginevra – mentre gli Usa annunciavano il 20 settembre come data di partenza delle terze dosi. “Solo 10 Paesi hanno somministrato il 75% di tutta la fornitura di vaccini e i Paesi a basso reddito hanno vaccinato appena il 2% della loro popolazione – afferma – Ho chiesto una moratoria temporanea sui richiami per aiutare a spostare l’offerta verso quei Paesi che non sono stati nemmeno in grado di vaccinare i loro operatori sanitari e le comunità a rischio e che ora stanno vivendo picchi importanti” di Covid. “L’ingiustizia dei vaccini è una vergogna per tutta l’umanità e se non la affrontiamo insieme prolungheremo la fase acuta di questa pandemia per anni, quando potrebbe finire nel giro di pochi mesi. Quando i ministri della Salute del G20 si incontreranno il 5 e 6 settembre a Roma, li inviterò a considerare la fragilità di questo momento storico e a prendere un chiaro impegno alla solidarietà”.
“C’è abbastanza vaccino in tutto il mondo, ma non sta andando nei posti giusti nell’ordine giusto per salvare più vite possibile e prevenire più malattie gravi possibile”, aggiunge l’esperto Oms Bruce Aylward. La variante Delta di Sars-CoV-2, ha puntualizzato l’epidemiologa Maria Van Kerkhove, esperta a capo del gruppo tecnico Oms per il coronavirus, “sta circolando veramente nelle aree con bassi livelli di copertura vaccinale e in un contesto di utilizzo limitato e inconsistente di misure sociali e di sanità pubblica”.