Questo sito Web utilizza i cookie in modo che possiamo fornirti la migliore esperienza utente possibile. Le informazioni sui cookie sono memorizzate nel tuo browser ed eseguono funzioni come riconoscerti quando ritorni sul nostro sito Web e aiutare il nostro team a capire quali sezioni del sito Web trovi più interessanti e utili.
Vaiolo delle scimmie: ipotesi stato di emergenza sanitaria internazionale e vaccino anti-vaiolo
L’aumento dei casi di vaiolo delle scimmie, una rara malattia di origine virale, tiene alta l’attenzione dell’opinione pubblica e nelle prossime ore potrebbe far scattare la dichiarazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di emergenza sanitaria internazionale.
Nel mondo sono 92 i casi di vaiolo delle scimmie e 28 quelli sospetti segnalati da 12 Stati membri dove la malattia non è endemica. Di questi, “tra il 15 e il 23 maggio, sono stati segnalati in totale 67 casi nell’Ue in 9 Stati membri (Austria, Belgio, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svezia)”. Lo riporta l’Ecdc, Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, in una valutazione rapida del rischio ‘monkeypox’. “La maggior parte dei casi attuali”, spiega Andrea Ammon, direttore dell’Ecdc, “si è presentata con sintomi lievi e per la popolazione più ampia la probabilità di diffusione è molto bassa. Tuttavia, la probabilità di un’ulteriore diffusione del virus attraverso uno stretto contatto, ad esempio durante le attività sessuali tra persone con più partner sessuali, è considerata alta”.
Secondo una nota dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nei casi segnalati finora non sono stati stabiliti collegamenti di viaggio con le aree dove la malattia è endemica. I paesi endemici del vaiolo delle scimmie, riferisce sempre l’Oms, sono: Benin, Camerun, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Gabon, Ghana (identificato solo negli animali), Costa d’Avorio, Liberia, Nigeria, Repubblica del Congo e Sierra Leone. Benin e Sud Sudan hanno documentato le importazioni in passato. I paesi dell’Africa centrale che attualmente segnalano casi sono il Camerun e la Nigeria.
La situazione “si sta evolvendo”, spiega in una nota l’Oms e prevede “che ci saranno più casi di vaiolo delle scimmie identificati man mano che la sorveglianza si espande nei paesi non endemici”.
Le azioni immediate, spiega l’Organizzazione mondiale della Sanità, “si concentrano sull’informazione di coloro che potrebbero essere più a rischio di infezione con informazioni accurate, al fine di fermare un’ulteriore diffusione. Le attuali prove disponibili suggeriscono che coloro che sono più a rischio sono coloro che hanno avuto uno stretto contatto fisico con qualcuno con il vaiolo delle scimmie, mentre sono sintomatici”.
Per l’Ecdc, le categorie più a rischio alle quali il virus del vaiolo delle scimmie può causare malattie gravi sono “bambini piccoli, donne in gravidanza e persone immunosoppresse”. Relativamente ai casi che si stanno diffondendo a livello europeo e internazionale, “sono necessarie ulteriori indagini per stimare con precisione il livello di morbilità e mortalità in questo focolaio”.
Intanto l’OMS sta lavorando per fornire una guida per proteggere dal contagio da vaiolo delle scimmie gli operatori sanitari in prima linea e altri operatori sanitari che potrebbero essere a rischio, come gli addetti alle pulizie.
Sequenza del genoma e vaccino anti-vaiolo
Dal Portogallo è arrivata la prima sequenza del vaiolo delle scimmie da un gruppo di ricerca della Bioinformatics Unit, Department of Infectious Diseases, National Institute of Health Doutor Ricardo Jorge (INSA), a Lisbona. Il team di João Paulo Gomes del National Institute of Health in Portogallo ha sequenziato il genoma del virus da un campione prelevato da un paziente maschio il 4 maggio.
Il virus che sta preoccupando diversi paesi del mondo sembra molto simile a quello che aveva causato dei casi in vari paesi, tra cui la Gran Bretagna, Singapore e Israele nel 2018-19. Con il sequenziamento di altri campioni (in corso attualmente in diversi laboratori del mondo, per esempio in Belgio), dovrebbe divenire chiaro se, come si sospetta, una singola variante del vaiolo delle scimmie sia responsabile di tutti i casi dell’attuale epidemia.
Alcuni Paesi come la Spagna stanno pensando di riproporre la vaccinazione anti-vaiolo umano come protezione dal virus. C’è chi ha già dato il via alla vaccinazione.
È notizia recente che nel Regno Unito “è in corso la vaccinazione dei contatti ad alto rischio” per il vaiolo delle scimmie. “Fino alle 10 del 23 maggio, oltre 1.000 dosi di vaccino anti-vaiolo Imvanex sono state fornite, o stanno per esserlo, alle strutture del Servizio sanitario nazionale”. A riferirlo l’Agenzia Uk per la sicurezza sanitaria (Ukhsa) nell’ultimo aggiornamento sul ‘monkeypox’.
I temi dell’ipotesi di una dichiarazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di emergenza sanitaria internazionale e di reintrodurre la vaccinazione contro il vaiolo hanno accesso il dibattito tra gli esperti italiani.
Per Massimo Galli, già direttore del reparto di malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, “Non avrebbe nessun senso tornare al vaccino antivaioloso. Non serve ora. Credo che la faccenda possa essere gestita in maniera diversa. Il rapporto costo-beneficio non è tale da reintrodurre un vaccino che, tra l’altro, non è una passeggiata gratis: ha una serie di effetti collaterali. E il rischio di questi effetti, bilanciato al rischio di prendere l’infezione, mi fa dire che non vale assolutamente la pena di vaccinarsi”. È invece “importante andare a vedere da dove questa infezione parte. E seguire con molta attenzione i contatti. In questo modo si dovrebbe chiudere la vicenda in un tempo ragionevole. Mi auguro davvero che sia così. Se non sfugge qualcosa, se le cose vengono fatte bene, non dovremmo avere grandi problemi se non un ulteriore monito sul fatto che la natura va maneggiata con cura. Dobbiamo moltiplicare le attenzioni sui rischi sanitari”.
Per quanto riguarda la possibilità che l’Oms classifichi il vaiolo delle scimmie come emergenza sanitaria internazionale, secondo l’infettivologo è “un atto dovuto, fino a un ulteriore chiarimento della situazione. Non si può certo lasciar passare un fenomeno con queste caratteristiche senza lavorarci sopra, seppure non ci siano gli elementi di un allarme”.
Anche per Pier Luigi Lopalco, docente di Igiene all’Università del Salento, “La dichiarazione di evento di emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale è un fatto tecnico. Se una malattia infettiva emergente travalica i confini di più Stati, l’Organizzazione mondiale della sanità è tenuta ad intervenire con azioni di coordinamento. Per esempio, imponendo la segnalazione obbligatoria dei casi”.
Quanto all’ipotesi di riproporre il vaccino contro il vaiolo, secondo Lopalco “non ha senso la vaccinazione estesa. Questo perché non è una patologia diffusa; la probabilità di diffusione è bassa, inoltre la gravità clinica non è tale da impensierire più di tanto la sanità pubblica”. Per Lopalco, in ogni caso, “la disponibilità del vaccino può essere utile solo quando ci sia stata una probabile esposizione a un caso confermato”.
Anche Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova è intervenuto sui due temi al centro del dibattito. Bassetti non è favorevole alla vaccinazione estesa a tutta la popolazione perché “vorrebbe dire che siamo di fronte ad una emergenza. Si può valutare eventualmente una immunizzazione contro il vaiolo sugli operatori sanitari e su alcune categorie a rischio, se ce ne sono. Ma non è il momento di estendere vaccinazione. Aspettiamo come evolvono i casi e poi si deciderà”.
Mentre è corretto l’innalzamento del livello dell’emergenza deciso dall’Oms “per una sensibilizzazione di tutto il mondo sanitario e medico nel mondo – spiega Bassetti – se hai un caso sospetto devi saperlo riconoscere. Questo ci consentirà di individuare prima i contagi, isolarli e intervenire nel modo corretto”.
L’esperienza del Covid-19 insegna. Per Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano, “avere attenzione per qualsiasi virus che amplifichi il suo raggio d’azione è assolutamente giusto e, come ci ha insegnato Covid, farlo rapidamente è ancora più importante. Ma la gente deve sapere che stiamo agendo non contro una possibile pandemia, né deve associare il vaiolo delle scimmie al vaiolo umano”. Il ‘monkeypox’ è infatti “una patologia per fortuna molto meno grave. Casi di questa infezione, in numero ridotto, si sono avuti anche nel passato e di solito – ricorda la microbiologa – queste microepidemie si sono autolimitate”.
Sull’eventualità che l’Organizzazione mondiale della sanità dichiarerà il vaiolo delle scimmie un’emergenza sanitaria pubblica internazionale, Gismondo ha detto che “credo proprio che lo farà perché su Covid è stata invece accusata, e giustamente, di ritardi con un mancato coordinamento almeno nelle fasi iniziali della pandemia”. Un’eventuale dichiarazione Pheic (Public Health Emergency of International Concern) sottolinea l’esperta, “potrebbe essere utile per favorire un’azione univoca nei confronti di questo virus e limitarne subito la diffusione”.