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8 Marzo: Donne e Ricerca oncologica… al femminile
Tumore al seno, il progetto AIRC per individuare cure più efficaci e meno invasive per le donne giovani
Il contributo delle donne al progresso della ricerca contro il cancro è importante e sta crescendo sia in Italia che all’estero.
In Italia complessivamente ci sono 136mila ricercatori attivi nei diversi ambiti: 47mila sono donne (circa il 34%). In ambito degli oltre 5.000 ricercatori coinvolti in borse di studio e progetti sostenuti ben il 61% sono donne, percentuale che fa della ricerca oncologica targata AIRC un universo sempre più al femminile.
Il contributo italiano e femminile cresce anche a livello internazionale quest’anno il 37% dei Consolidator Grant del Consiglio europeo della ricerca (ERC) è stato assegnato a ricercatrici donne, si tratta della percentuale più alta mai registrata da quando sono stati istituiti questi prestigiosi finanziamenti, destinati a ricercatori che desiderano consolidare la propria indipendenza scientifica creando o rafforzando il proprio giovane gruppo di ricerca. Gli italiani sono i primi in Europa per numero di grant ottenuti (47 di cui 23 donne), ma solo 17 lavorano in università e laboratori nel nostro Paese, di cui 4 nell’ambito delle Scienze della Vita. Fra loro ci sono due ricercatrici sostenute anche da AIRC: Raffaella Di Micco, della Fondazione Centro San Raffaele di Milano, e Sara Sigismund, dell’Istituto Europeo di Oncologia I.R.C.C.S. S.r.l. di Milano.
Un impegno fondamentale alla luce dei numeri che ci dicono che circa una donna su tre è colpita da un tumore nel corso della vita, nel 2020 sono state stimate oltre 182.000 nuove diagnosi nel genere femminile. I tumori più diagnosticati fra le donne nel 2020 sono: mammella, colon-retto, polmone, tiroide. Complessivamente la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi di tutti i tumori è del 63% nelle donne e del 54% negli uomini. Secondo le stime AIRTUM-AIOM-Fondazione AIOM ogni anno in Italia vengono diagnosticati 55.500 nuovi casi (55.000 donne e 500 uomini) di tumore al seno. Con questi numeri, la neoplasia si presenta come la più frequente nel genere femminile in tutte le fasce di età. Grazie, però, ai continui progressi della medicina e agli screening per la diagnosi precoce, nonostante il continuo aumento dell’incidenza (+0,9 per cento ogni anno), di tumore del seno oggi si muore meno che in passato, tanto che la mortalità fa segnare un calo del 2,2 per cento ogni anno. Circa 9 donne su 10 (87 per cento) sono vive dopo 5 anni dalla diagnosi di tumore mammario e 8 su 10 (80 per cento) lo sono a 10 anni dalla diagnosi. Tra le iniziative di AIRC c’è “TITS UP! Storie di donne in lotta contro il cancro al seno”, serie podcast nata dalla collaborazione fra Fondazione AIRC e Storielibere.fm. Valentina, Cristina, Francesca, Carolyn, Rossana e Francesca hanno affrontato o stanno affrontando sulla propria pelle un tumore al seno e hanno deciso di raccontarsi anche nei momenti più bui, tutte con il “petto in fuori”, come recita il titolo del podcast, un incoraggiamento e un augurio di buona fortuna tratto dalla celebre serie “The Marvelous Mrs Maisel”. Ogni episodio è narrato da Samanta Chiodini e commentato dalla ricercatrice AIRC Lucia Del Mastro, Coordinatrice della Breast Unit del Policlinico San Martino di Genova. Il tumore al seno, considerato malattia dell’età adulta e matura, si presenta sempre più spesso in età giovanile. La ricerca si interroga sull’approccio più corretto a questa patologia. In ambito di ricerca scientifica, AIRC ha finanziato uno studio, partito nel 2018, che sta portando avanti il team di ricerca guidato da Barbara Belletti, biologa del Centro di riferimento oncologico (CRO) di Aviano (PN), per individuare cure più efficaci e meno invasive per le donne giovani che si ammalano di cancro al seno.
“Il progetto che il mio gruppo e io stiamo portando avanti grazie al sostegno di AIRC di cinque anni – ha spiegato Barbara Belletti – riguarda il tumore della mammella nelle donne con meno di quarant’anni. Nelle giovani di solito questo tumore ha un decorso peggiore perché è più aggressivo, risponde meno alle terapie e ha una maggiore incidenza di recidive locali o metastasi a distanza. Ciò non è solo dovuto al fatto che in queste pazienti si riscontrano con maggiore frequenza i sottotipi più aggressivi, come i tumori triplici negativi, o che, già alla diagnosi, queste pazienti si presentino con tumori in stadio più avanzato. Il decorso delle pazienti giovani è comunque più aggressivo, purtroppo, soprattutto nel sottotipo luminale, a parità di stadio e grado. Finora”, ha sottolineato Belletti, “queste pazienti non hanno terapie personalizzate a disposizione e vengono sottoposte allo stesso tipo di trattamento delle pazienti meno giovani”. Ecco allora l’idea dello studio, in stretta collaborazione con un gruppo di ricerca più clinico, costituito da patologi, chirurghi e oncologi: si tratta di eseguire l’analisi molecolare di campioni di tumori insorti nelle pazienti giovani e trovare le variabili che potrebbero permettere di predire in anticipo i tumori più aggressivi e la terapia più adatta. “Grazie al lavoro di squadra con il gruppo di Oncologia Molecolare e con tanti colleghi clinici del CRO di Aviano siamo impegnati a individuare le alterazioni molecolari che potrebbero essere alla base della maggiore aggressività che si riscontra nel tumore al seno nella donna giovane”. “L’obiettivo è trovare cure più personalizzate, efficaci e meno invasive per le donne più giovani che si ammalano di cancro al seno, attraverso la caratterizzazione molecolare e la generazione di modelli preclinici appropriati con cui testare e, possibilmente, validare le nostre ipotesi”.
Tumore al seno: perché? “Siamo tutte amiche, parenti, sorelle, cugine, vicine di una donna che ha o ha avuto un tumore al seno – ha spiegato – È indubbio che per una ricercatrice lavorare in quest’ambito abbia una valenza emotiva forte che rinnova energie e determinazione. Non solo: ho sempre ritenuto la ghiandola mammaria un organo estremamente affascinante da studiare, fino a quando, appena arrivata al CRO nel 2002, ho stretto una buona amicizia professionale con il chirurgo della mammella Samuele Massarut, persona curiosa e appassionata, sempre propensa ad andare oltre alla routine del quotidiano. È lui ad aver posto le domande cliniche alla base dei primi due progetti finanziati da AIRC sulla recidiva locale e il ruolo della radioterapia intraoperatoria”. “Poter riuscire ad individuare una terapia migliore, più efficace e meno tossica – ha concluso Barbara Belletti – per me rappresenta una forte spinta a lavorare con entusiasmo e il massimo dell’impegno”.
Non solo cura, anche l’importanza della prevenzione al tumore al seno che deve cominciare a partire dai 20 anni di età con controlli annuali del seno eseguiti dal ginecologo o da uno specialista senologo, affiancati alla mammografia biennale dopo i 50 anni o all’ecografia, ma solo in caso di necessità, in donne giovani.