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I disturbi d’ansia, cosa sono e come curarli
“Sono sempre stato vittima degli attacchi di panico. Parlarne fa bene, così combatto la mia ansia”. Questa è la dichiarazione di qualche anno fa del celebre attore e regista Carlo Verdone, che ha sofferto e combattuto gli attacchi di iperventilazione tanto da raccontarli nel suo film “Maledetto il giorno che ti ho incontrato”, agli inizi degli anni ’90.
L’attacco di panico, come le fobie, il disturbo ossessivo-compulsivo e l’ansia generalizzata rientra nella categoria dei disturbi d’ansia.
Stando agli ultimi dati, in Italia, sono circa 8 milioni le persone che soffrono di stati d’ansia che fanno sprofondare nella paura e nell’incertezza.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il benessere mentale è una componente essenziale per la realizzazione degli obiettivi della vita. Una buona salute mentale consente agli individui di realizzarsi, di superare le tensioni della vita di tutti i giorni, di lavorare in maniera produttiva e di contribuire alla vita della comunità.
Quante volte capita di pronunciare le parole “mamma mia, che ansia!”?
Quando a causare uno stato di ansia leggera è un evento sporadico, come ad esempio prepararsi ad un esame o andare al primo appuntamento, non c’è da preoccuparsi, diverso invece è quando i disturbi si protraggono per almeno sei mesi e se non trattati, possono portare a dei seri problemi per la salute.
Quali sono i campanelli d’allarme da non sottovalutare? Che cosa sono nello specifico i disturbi d’ansia e come affrontarli?
Per saperne di più, abbiamo intervistato la dottoressa Lorena Santambrogio, psicologa clinica e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale (CBT), che esercita la sua professione presso la clinica Top Medical Center a Dubai.
“I disturbi d’ansia – ha spiegato la Santambrogio – comprendono l’ansia generalizzata, il disturbo di panico con e senza agorafobia, la fobia specifica, la fobia sociale, il disturbo ossessivo-compulsivo e il post traumatico da stress.
Questi disturbi oggi sono estremamente diffusi e pur non essendo una patologia psichiatrica grave rendono la vita difficile a moltissime persone, che vivono in una gabbia da loro stessi costruita senza vedere una possibile via d’uscita.
Si chiamano disturbi d’ansia perché sono l’esagerazione di un’esperienza comune a tutti gli esseri umani: la paura, ma in questo caso è un timore nei confronti di un aspetto irreale. La paura ansiosa, a differenza di quella che si prova di fronte a un pericolo oggettivo, in cui scatta il meccanismo di fuga o di attacco, non protegge la nostra esistenza, ma l’annulla.
Un attacco di panico corrisponde ad un periodo preciso durante il quale vi è l’insorgenza improvvisa di intensa apprensione, paura o terrore, spesso associati con una sensazione di catastrofe imminente. Durante questi attacchi sono presenti sintomi come dispnea, palpitazioni, dolore o fastidio al petto, sensazione di asfissia o di soffocamento, paura di “impazzire’’ o di perdere il controllo.
Per chi soffre di attacchi di panico con agorafobia, la paura di perdere il controllo, di impazzire e addirittura di morire scatena dei sintomi invalidanti, come ad esempio la non volontà di guidare, di rimanere in coda al supermercato e nei casi più gravi anche la paura di uscire di casa. Chi soffre di questo disturbo ha quindi “paura della paura” e mette in atto strategie di comportamento estremamente prudenti.
L’ansia o l’evitare luoghi o situazioni da cui sarebbe difficile o imbarazzante chiedere aiuto e ricevere soccorso, è proprio un sintomo del soggetto che soffre di attacchi di questo genere”.
Dottoressa, nella società moderna l’attacco di panico è un disturbo molto diffuso. Secondo lei perché?
“Considerato che lo stress psicologico e fisico è uno dei fattori di alto rischio per lo sviluppo dei disturbi d’ansia non è difficile immaginare che la società moderna possa contribuire al loro sviluppo e diffusione.
Lo stress psicologico derivato da alcuni fattori come litigi con coniuge o familiari, problemi sentimentali, problemi economici, è difficile da gestire in maniera efficace dal punto di vista mentale e comportamentale. Lo stress può essere anche fisico e può derivare, ad esempio, da malattie fisiche, uso di alcol e stupefacenti, mancanza di sonno e alimentazione inadeguata.
Questo disturbo è trasversale a tutta l’età adulta ma ha un esordio che si colloca tipicamente tra la tarda adolescenza e i 35 anni.
Per quanto riguarda la prevalenza si assiste ad una frequenza tripla nelle donne rispetto agli uomini, anche se questi ultimi sono sempre più in aumento”.
Tra i disturbi d’ansia rientra anche l’ossessivo-compulsivo, chi è un soggetto colpito da questo disagio?
“Un soggetto colpito da questo disturbo assume degli atteggiamenti ossessivi nei confronti di un determinato aspetto della quotidianità. Ad esempio “l’ossessivo checking/doubting ruminating”, ha il dubbio ossessivo sui pensieri e sulle azioni, questo può indurlo, ad esempio, a spendere ore ed ore a controllare e ricontrollare che la manopola del gas o la serratura di casa siano chiuse prima di uscire dalla propria abitazione. Poi c’è l’ossessivo compulsivo con la fobia da contaminazione, che ha invece paura di toccare oggetti o persone in quanto ‘sporchi’ e quindi possibili veicoli di malattie. Questa persona conduce una quotidianità costellata da rituali e lavaggi compulsivi che limitano ed invalidano fortemente le relazioni, il lavoro e l’esistenza stessa”.
In generale, quali potrebbero essere le principali cause dei disturbi d’ansia?
“Le cause possono essere molteplici. Ci sono fattori genetici e neurobiologici che giocano un ruolo significativo, come ad esempio la trasmissione intergenerazionale dell’ansia dal genitore al bambino. In altre parole, l’ansia è più qualcosa che si ‘impara’ dalle nostre figure di riferimento. I genitori ansiosi sono spesso amorevoli, ma critici, impediscono l’esplorazione del mondo esterno, sono eccessivamente preoccupati dalle malattie e dai pericoli, favorendo la costruzione del mondo esterno come minaccioso, imprevedibile e pericoloso. La conseguenza di questo comportamento è che il bambino costruisce un’idea di sé fragile e vulnerabile”.
Quando rivolgersi allo specialista?
“È opportuno rivolgersi ad uno specialista quando la sintomatologia diventa motivo di sofferenza tanto da condizionare in maniera significativa la qualità della vita. È importante che il soggetto arrivi a capire che c’è stata un’alterazione del suo modo di vivere sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo, spesso di conseguenza subentra una depressione secondaria sostenuta da una vera e propria perdita della qualità della vita e da un decremento dell’autostima”.
Quali sono le conseguenze per la salute se i disturbi non vengono trattati in tempo?
“Le ripercussioni possono essere sia indirette, con un aumento di comportamenti a rischio che possono portare a delle serie conseguenze per la salute dell’individuo, come ad esempio l’abuso di alcol e di fumo, disequilibrio sonno-veglia, un piano alimentare sbagliato, che dirette con un elevato livello di cortisolo, l’ormone dello stress, che abbassa le difese immunitarie e provoca quindi una maggiore predisposizione a contrarre malattie. Quindi, più è precoce l’intervento più sarà veloce l’acquisizione di strategie di pensiero e comportamenti per far fronte in maniera efficace ai disturbi d’ansia”.
Lei è uno specialista della terapia cognitiva-comportamentale. Quali sono le terapie da seguire?
“Oggi gli studiosi concordano sul fatto che i disturbi d’ansia si possono curare attraverso due interventi complementari: la farmacoterapia e la psicoterapia. Io sono uno specialista che si occupa del secondo aspetto, seguo un approccio cognitivo comportamentale. Il nostro lavoro è quello di concentrarci sulle credenze centrali, sugli schemi ed errori della realtà percepita dal paziente. L’obiettivo è quello di accompagnare il paziente in un percorso in cui riesca a correggere, regolare e gestire in maniera più adatta e funzionale i pensieri e le emozioni”.
Quali sono le azioni di intervento?
“La diagnosi è importante e utile per orientare lo specialista verso un intervento efficace. La persona affetta da un disturbo d’ansia, come tutti noi, ha una storia ed è proprio sulla base del vissuto del paziente che lo specialista mette in atto un piano terapeutico da seguire. Il paziente è il migliore conoscitore di se stesso, mentre lo psicologo è l’esperto dei meccanismi mentali. Insieme formano una squadra vincente”.
Qual è il rapporto che si instaura tra il paziente e lo specialista per una buona riuscita di psicoterapia?
“Per arrivare a buoni risultati è importante che si instauri una buona alleanza tra paziente e specialista attraverso un piano cooperativo. Non deve mai instaurarsi una dipendenza”.
Se il paziente diventa “dipendente” lo specialista come interviene?
“La tendenza dei soggetti ansiosi è quella di dipendere dagli altri, quindi un bravo professionista sin da subito mette in atto delle strategie terapeutiche adeguate per gestire al meglio questo aspetto”.
Ci sono disturbi che necessitano anche di cure farmacologiche?
“Sì, dipende dall’entità compromessa. Quando si inizia un percorso di terapia uno dei fattori principali è la lucidità del paziente. Per questo motivo può capitare di suggerire la somministrazione di qualche antidepressivo o ansiolitico”.
Quali sono i suoi consigli?
“Innanzitutto parlare e condividere il proprio disagio in famiglia o con le persone che rivestono un ruolo significativo, questo è già un primo passo per sentirsi meno soli e cominciare ad affrontare il problema in maniera costruttiva. Poi è opportuno chiedere aiuto ad un professionista serio ed esperto, senza aspettare troppo tempo perché i disturbi potrebbero cronicizzarsi.
Il mio consiglio è quello di rivolgersi ad un professionista laureato in psicologia clinica che abbia effettuato anche una specializzazione quadriennale post lauream in psicoterapia. Questo tipo di formazione è condizione necessaria per effettuare un intervento efficace dei disturbi d’ansia”.
L’ansia di per sé è un’emozione utile all’adattamento, ma quando diventa un vero e proprio disturbo potrebbe compromettere la qualità della vita di chi ne soffre e anche delle persone che si trovano a condividere il quotidiano con la stessa.
Parlarne fa bene, non bisogna vergognarsi di ammettere le proprie fragilità e, come ha spiegato la dottoressa Santambrogio, è importante non trascurare i campanelli d’allarme. Ricordiamo che il primo passo per combattere i disturbi d’ansia, in tutte le loro sfaccettature, è riconoscerli precocemente e affidarsi alle cure appropriate degli specialisti, per evitare dei seri rischi per la salute.