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“Ricerca e armonia”. La musico-terapia aiuta a disfarsi della leucemia
“Ciò che non si può dire e ciò che non si può tacere, la musica lo esprime”. E ancora: “La musica aiuta a non sentire dentro il silenzio che c’è fuori”. Né Victor Hugo né Johann Sebastian Bach avrebbero mai potuto immaginare che un giorno, prima o poi, musica e medicina sarebbero convolate a nozze per il bene stesso dell’uomo. Del resto, da che mondo è mondo, la musica nasce proprio come un fenomeno ludico-terapeutico che, se da un lato era atto ad allietare i momenti conviviali, dall’altro sollevava le menti da pensieri troppo bui e pesanti che procuravano tristezza. Oggi, nel terzo millennio, negli anni hi tech in cui tutto procede per mezzo di hashtag e grazie alle tecnologie ultimate, la ricerca e l’armonia si sono unite ulteriormente per fare del bene a chi è affetto dalla leucemia.
Il 2 febbraio scorso presso il conservatorio di Santa Cecilia, a Roma, ha avuto luogo il concerto “Armonie e Ricerca” per sostenere la ricerca sulle leucemie mieloidi acute che annualmente colpiscono migliaia di persone (1200 uomini e 900 donne). E in particolare quella condotta dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri con la collaborazione della Fondazione Ginema (Gruppo Italiano Malattie EMAtologiche dell’Adulto). Maestri e allievi del conservatorio stesso si sono esibiti in temi classici per poi riprodurre famosi brani folk per terminare sulle colonne sonore di Nino Rota. Ma sul palcoscenico accanto alla musica è salita anche la ricerca medica impegnata contro la leucemia. Non è la prima volta che la ricerca chiede il sostegno a “sorella musica” per far accendere i riflettori su se stessa: lo scorso gennaio anche il Teatro Alla Scala di Milano si è prestato a questo connubio favorendo la raccolta fondi per un farmaco che potrebbe combattere gradualmente le leucemia mieloide acuta, forma di tumore del sangue difficile da debellare. Il 60% di coloro che sono affetti da tale malattia, infatti, dopo il dovuto ciclo di chemioterapia tende a ripresentarsi dopo pochi giorni probabilmente a causa di alcune cellule leucemiche madri che restano nel sangue.
Lo sviluppo di nuove strategie per uccidere le cellule staminali leucemiche è dunque la grande sfida per la cura della leucemia. Per questa ragione la medicina chiede supporto alle arti e in particolar modo alla musica che non solo contribuisce economicamente ma è anche una terapia di sollievo per i pazienti che attraversano dei periodi di cura molto dolorosi e difficili da affrontare senza delle distrazioni “educative”. Ne sa qualcosa il tenore spagnolo José Carreras, ammalatosi di tumore proprio quando viveva il periodo d’oro della sua carriera. Era il 1987, si trovava a Parigi per le riprese della Bohème cinematografica diretta da Luigi Comencini quando a causa di un malore fu ricoverato d’urgenza in ospedale. Dopo 48 ore i medici gli comunicarono la diagnosi: leucemia. Da quel momento ebbe inizio il lungo calvario che tenne incollato l’artista in un letto d’ospedale per undici mesi e che lo vide sottoporsi al trapianto di midollo osseo. In quei giorni bui e di desolazione, oltre ad amici e famigliari che si sostituivano di continuo per non lasciarlo solo, la musica fu la sua migliore compagna, quella che per tutta la vita lo ha sorretto. “Ascoltare musica, senza dubbio, è stato di grande aiuto visto che permette di allontanarti, anche solo per un momento, dalla realtà. Ciò che preferivo ascoltare in quei lunghi mesi di ospedale era un concerto per pianoforte: il numero 2 in do minore del compositore russo Sergej Rachmaninov”. E con la musica, questa volta non soltanto ascoltata, il grande tenore catalano ha capito che era definitivamente guarito: “E’ stato un momento molto speciale – ha confessato – il ritorno sul palcoscenico in un concerto pubblico presso l’Arco di Trionfo a Barcellona. Ho deciso che la prima canzone da cantare doveva essere “T’estimo”, un adattamento catalano di “Io t’amo” di Edvard Grieg. Volevo che in quel momento ogni persona presente si sentisse personalmente chiamata in causa”.
Come ha dimostrato il padre della musico-terapia Rolando Benenzon, la musica influisce sul cervello sin da quando si è nel grembo materno, pertanto non risulta difficile scorgere la sua valenza terapica anche nel corso di periodi duri della vita. Chiaramente non è corretto affermare che ascoltando musica si guarisce dalla leucemia, non è certamente questo lo scopo della disciplina, ma essa stimola le betaendorfine, ormoni del cervello, che hanno una capacità analgesica. Con l’inizio del 2017 anche in Italia sono stati aperti i battenti di una scuola di musicoterapia a Enna, nel cuore della Sicilia, diretta dal docente Tullio Scrimali. “Tutte le aree della psicoterapia e della riabilitazione – spiega Scrimali – oggi si avvalgono della collaborazione del musicoterapeuta. La musicoterapia si inserisce in tutti i contesti dove si sviluppa la personalità e dove si cura il disaggio di quest’ultima, il musicoterapeuta in futuro affiancherà sempre più lo psichiatra e il medico. La musicoterapia è anche un potente strumento per gli interventi per la terza età, pensiamo ai centri Alzheimer ma un valido aiuto alla psico-oncologia, per le persone che portano un dolore profondo dovuto alla neoplasia. Questa nuova figura professionale è infatti richiesta nell’ambito delle strutture sanitarie, socio-sanitarie, assistenziali e scolastiche, sia pubbliche che private. Usciranno presto i concorsi, questa nuova normativa europea interesserà anche le Asp, e per accedere saranno necessari la qualifica e l’iscrizione all’albo”.