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La linea verticale. Il tumore arriva in tv con ironia e un po’ di cinismo

3 Febbraio 2018

Luigi deve sottoporsi ad un delicato intervento chirurgico dopo aver scoperto di avere un tumore, e dunque attraverso il racconto surreale e satirico della sua esperienza di degenza conduce quasi mano nella mano il telespettatore nel quotidiano del reparto di urologia oncologica di un ospedale italiano. Per la prima volta in Italia arriva una fiction che tratta la malattia con un po’ di cinismo e con il sorriso. E’ questo il caso della serie tv anticipata su RaiPlay “La linea verticale”, co-prodotta da Rai Fiction e da Wildside, firmata e diretta da Mattia Torre (uno degli autori di Boris) e ispirata a una vicenda che Torre ha vissuto in prima persona. Nel cast attori di un certo rilievo come Valerio Mastandrea, Greta Scarano, Giorgio Tirabassi e tanti altri volti noti. Il nucleo di questo nuovo prodotto Rai che va in onda il sabato sera su Rai 3 è trattare il tumore senza pietismi, ma con concretezza, commozione e con non poca riflessione.

Abituato a serie tv di successo come “E.R. Medici in prima linea” o a “Grey’s Anatomy”, il telespettatore con “La linea verticale” impara a rapportarsi all’oncologia unendo dramma e commedia che pone al centro della trama Luigi, un quarantenne con una figlia e una moglie incinta all’ottavo mese, che scopre di avere una massa tumorale su un rene, che lo costringe ad essere operato, prima di impegnarsi nella lotta contro il cancro. “La linea verticale” racconta il quotidiano del paziente ricoverato in ospedale. Quella che scopre giorno per giorno Luigi è una verità a lento rilascio in cui ogni cosa viene posta in discussione: l’aleatorietà del sapere medico, che cambia di persona in persona, la saldezza della fede, che può venire a mancare anche in un sacerdote malato, la passione per la medicina, che possono perdere anche i medici, e la resilienza di chi, giovane o più anziano, ha il solo scopo di sopravvivere.

Compagni di avventura di Luigi sono soprattutto i pazienti: un somalo assolutista, un ristoratore che sa tutto di medicina, un prete in crisi, un intellettuale taciturno e uno stuolo di anziani cattivi perché in cattività. E così, vicenda dopo vicenda (raccolte in 8 episodi da 25 minuti ciascuno), conosciamo Luigi, gli altri pazienti, il personale medico, le infermiere e gli infermieri un po’ come è già accaduto nel corso delle tre stagioni di “Braccialetti Rossi”.

“Io sono contento di stare qui. Prima di ammalarmi – racconta Luigi in uno dei suoi monologhi – mi ritenevo indistruttibile, ma se devo essere sincero la mia vita non girava bene. Se mi fossi ascoltato di più, avrei sentito che qualcosa non andava. La malattia è arrivata in maniera esplosiva, deflagrante, ha cambiato tutto, e anche se è difficile ammetterlo, ha cambiato tutto in meglio. Mi ha aperto gli occhi, la testa, il cuore. Ora ho nuovi desideri, voglio essere centrato, voglio stare in piedi e vivere in asse su una linea verticale. Non voglio avere paura, perché la paura ti mangia e non serve a niente. Voglio pagare le tasse con gioia perché un ospedale pubblico mi ha salvato la vita senza chiedermi nulla in cambio. Voglio guardarmi intorno e vivere tutto quello che è possibile con generosità e vitalità. Questo tumore mi ha salvato la vita, senza questo tumore sarei senz’altro morto”. Tutti coloro che si interessano a questa serie tv devono fare i conti con problematiche di diversa natura, da tutto ciò che ha a che vedere con il sistema sanitario pubblico al non sempre facile rapporto medico-paziente troppe volte riscaldato dai veri capisaldi degli ospedali, gli infermieri, che agiscono quasi da arbitri.

Autori, registi e attori hanno un unico grande merito: l’aver portato in tv, in prima serata, il tumore senza una sceneggiatura struggente arricchita da colonne sonore melense e drammatiche. “La Linea Verticale” racconta un tabù senza mai cadere o almeno inciampare in pietismi ed estremizzazioni. Qui si trova tutto quello che un paziente di oncologia deve affrontare dopo la diagnosi, una volta che entra in un ospedale e che si affida alle cure dei medici.

Tags: intrattenimento, programmi tv, serie tv, tumori
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Alessandro Notarnicola
Alessandro Notarnicola
Mi occupo di giornalismo e critica cinematografica. Dopo la laurea in Lettere e Filosofia nel 2013, nel 2016 ho conseguito la Laurea Magistrale in "Editoria e Scrittura". Da qualche anno mi sono concentrato sull'attività della Santa Sede e sui principali eventi che coinvolgono la Chiesa cattolica in Italia e nel mondo intero.

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