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Dimmi che reddito hai e se potrai curarti. La sanità italiana non è per tutti
“Curarsi costa troppo”.
Per gli italiani parlare di cure mediche equivale a mettere mano al portafoglio.
Un rapporto da sempre esistente e che negli ultimi tempi si è intensificato ulteriormente soprattutto in relazione ad alcuni ambiti della medicina, uno tra tutti l’odontoiatria. È stato stimato, infatti, che quasi 10 italiani su 100 non possono accedere alle cure dentali. E questo nonostante l’Italia investa una fetta considerevole della spesa pubblica– il 7,1% – alla sanità.
I dentisti italiani rilasciano fatture salate così come avviene, in alcuni casi anche di più, in Grecia, Portogallo, Estonia, Lettonia e Islanda.
Tuttavia, denti a parte, stando alle ultime elaborazioni su dati Istat presenti nel Rapporto Oasi 2018, una famiglia italiana con un reddito basso mensilmente spende per la propria salute un decimo di quanto spende una famiglia appartenente al gruppo di reddito maggiore: 25 euro contro 254 euro, tra medicinali, cure dentistiche, dispositivi biomedicali e assistenza.
La quinta e la quarta classe di reddito, che rappresentano il 35% delle famiglie, assorbono da sole quasi il 60% della spesa sanitaria, un dato in linea con quello della spesa generale (circa il 55% del totale). Sono questi i dati pubblicati dal Sole 24ore.
La prima e l’ultima classe di reddito raccolgono circa il 5% della popolazione e contano rispettivamente per l’1,8% e il 13,7% della spesa totale. Le classi rappresentano le famiglie non solo in termini di spesa, ma soprattutto in termini di caratteristiche sociali, economiche, demografiche, geografiche e culturali. Inoltre, gran parte delle famiglie raccolte nel primo gruppo sono del sud Italia, in molti di questi nuclei meridionali ci sono disoccupati e precari e tre su quattro non hanno un titolo di studio adeguato.
Dati sociali che hanno una loro valenza se si considera che 4 famiglie su 5 nell’ultimo anno hanno rinunciato alle cure tanto che non hanno speso neppure un euro in sanità. Fra le famiglie che appartengono alla classe di reddito più elevato invece troviamo nuclei residenti soprattutto nel nord Italia costituiti generalmente imprenditori o dirigenti specializzati professionalmente e con una laurea almeno. In questo caso, non si parla di “soldi spesi in sanità” ma di veri e propri pacchetti finanziari destinati alla sanità per ciascun membro della famiglia, dal più piccolo al nonno.
Il peso della malattia incide molto di più in proporzione sul totale della spesa delle famiglie man mano che si scende verso i redditi più bassi. Come sottolinea Il Sole 24 ore, se si considerano il totale della spesa mensile e quanto pesa in percentuale l’ambito sanitario, si arriva a comprendere che il gap fra il primo e il quinto gruppo non è elevato tanto quanto la quantità di spesa: le famiglie più povere spendono il 3% dei loro guadagni in sanità, le famiglie più ricche il 4,6%. È interessante osservare la scomposizione della spesa sanitaria che varia a seconda dei gruppi di reddito.
Tornando al dentista, le spese in questa branca sanitaria sono uno dei principali elementi di vulnerabilità del SSN e fra i maggiori fautori di disuguaglianze di salute. Le spese odontoiatriche rappresentano il 6% della spesa delle famiglie più povere e il 20% di quella dei più ricchi.
Lo stesso si osserva per le attrezzature terapeutiche, il cui peso sul totale della spesa sanitaria oscilla dal 3% al 10%.