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Attenzione allo zafferano…quello bastardo!
Lo zafferano può uccidere. Quello falso, però. Si chiama zafferano bastardo o falso colchico d’autunno (Colchicum Autumnale), la spezia che ha provocato la morte di una coppia di coniugi veneti e che ha mandato in ospedale, per avvelenamento da colchicina, una famiglia di Modena, che dopo aver raccolto il falso zafferano nei boschi di San Clemente, frazione di Monterenzio (Bo) l’ha consumato in un risotto provocandosi l’avvelenamento.
“Il Colchicum autunnale – ha spiegato Antonio Luciani, direttore del pronto soccorso del Policlinico di Modena – è un’erba velenosa altamente tossica che, come dice il nome, è diffusa in questa stagione. Non bisogna toccare né il fiore né la pianta perché il solo contatto può causare danni alla pelle. Se viene ingerita provoca bruciore alle mucose, nausea, vomito, coliche, diarrea sanguinolenta fino al delirio e alla morte. L’avvelenamento colpisce l’apparato digerente, biliare, respiratorio, cardiovascolare, renale, il sistema nervoso e le ghiandole endocrine. In seguito a un’intossicazione acuta la morte avviene tra le 7 e le 48 ore”.
Per la colchicina non esistono antidoti specifici e, a differenza di altri veleni non è possibile eliminarla con la dialisi. “In un caso come questo – ha aggiunto Luciani – decisivo è stato l’intervento terapeutico precoce che abbiamo effettuato assieme ai colleghi della terapia intensiva. In particolare abbiamo effettuato gastrolusi, cioè la lavanda gastrica, abbiamo somministrato il carbone vegetale, che consente di assorbire la tossina dal tratto gastro enterico e forzato la diuresi per smaltire la tossina. Un’azione di forza, immediata, che ha consentito di invertire una prognosi che, purtroppo, è frequentemente infausta”.
Ma come riconoscere il vero zafferano da quello falso? E’ facile sbagliare?
La risposta, secondo gli esperti, è affermativa perché i due fiori sono molto simili, ma la differenza è che il colchico autunnale della famiglia delle Liliacee è velenoso.
In foglia, la colchicina può essere scambiata per Aglio ursino.
Il colore violetto di entrambi può far confondere ma i modi per distinguerli ci sono. “Innanzitutto è molto difficile trovare lo zafferano in alta montagna – ha detto all’Adnkronos il professor Mauro Serafini, ordinario di Botanica Farmaceutica alla Sapienza di Roma – nel Nord Italia non cresce quasi mai”. Il fiore dello zafferano presenta tre stami, o stimmi, mentre il colchico autunnale ne ha 6. La fioritura di quest’ultimo è da agosto a settembre, mentre lo zafferano fiorisce verso la fine di ottobre-prima metà di novembre.
La differenza fondamentale è che il colchico d’autunno contiene la colchicina, “un veleno mitotico – ha spiegato il professore – che in pratica blocca la divisione delle cellule. A piccole dosi e sempre solo sotto controllo medico, viene usato nell’omeopatia e, rallentando i processi metabolici che portano alla formazione dell’acido urico, rappresenta un buon rimedio contro la gotta. Gli effetti avversi, provocati dall’ingestione di parti di questa pianta sono quelli tipici dell’avvelenamento con dolori acuti non controllabili”.
Quindi nausea, diarrea, vomito e dolori addominali. Se l’intossicazione è acuta si può anche morire. Generalmente il decesso sopraggiunge in seconda o terza giornata per collasso cardiocircolatorio o choc settico.
“Il consiglio – ha suggerito Luciani – è evitare di raccogliere piante, se non si conoscono alla perfezione. Anche se si sopravvive alla fase acuta dell’avvelenamento, gli effetti tossici della colchicina possono durare nel tempo e portare anche complicanze neurologiche o al sangue, causando forti anemie o calo di piastrine. Si tratta, insomma, di un rischio davvero eccessivo da correre. Non improvvisatevi esperti di piante, il rischio è enorme”.
Per non rischiare quindi il consiglio è quello di evitare il fai da te.
Per ogni dubbio, comunque, sull’uso alimentare delle piante l’Azienda Usl di Modena ha attivo il Servizio igiene degli alimenti e della nutrizione (Sian) che si occupa della sicurezza degli alimenti di origine non animale, comprese le funzioni di Ispettorato micologico. Ha sedi in tutta la Provincia (Modena, Carpi, Mirandola, Pavullo, Sassuolo e Vignola).